JFK & la sua bella bionda, pluripremiata band campana, è uno dei tesori indie-rock degli ultimi tempi, tra sonorità folk e chanson française. Sono bastati tre mesi a Lelio Morra, frontman della band JFK, lontano dalle luci della ribalta, per comprendere esattamente ciò che cercava, solo un bellissimo viaggio in Francia gli ha dato la necessità di cambiare alcune cose, reinventarne altre, e tornare a casa con una prospettiva fresca e una manciata di canzoni, con un alto livello di spontaneità, che non si occupano di storie fittizie, di personaggi lontani tanto quanto il cantautore stesso, brani che combinati al pop malinconico, suoni esotici e melodie orchestrali, danno la giusta dose di successo ai JFK.
Il loro primo album, Le conseguenze dell’umore, prodotto da Polosud records, è andato subito in ristampa, dopo 1500 copie vendute, oggi è un buon risultato, la produzione artistica è di Ernesto Nobili, e «tratta di vita, dice Lelio, di storie che rispecchiano quello che ho vissuto e quello che ho ricavato sulla realtà. Sono un cantautore, continua, e mi piace scrivere quello che succede, ma il disco parla anche di musica, di suggestioni».
Lelio, infatti, ha iniziato a scrivere brani per altri artisti, dopo il successo di Danzeremo a Luci Spente, scritta per Deborah Iurato, contenuta nell’EP disco d’oro della vincitrice di Amici.
I JFK sono Lelio Morra, voce, chitarra e ukulele, Federica Morra, voce, Gian Marco Libeccio, chitarra, Fabio Caliento, batteria e Pierluigi Patitucci, basso.
Il loro sound probabilmente continuerà a evolversi, forse Lelio intraprenderà un nuovo viaggio che innescherà nuovi stati d’animo e le indicazioni musicali per i brani futuri.
JFK & la sua bella bionda, un nome curioso e famoso che richiama politica e sesso…
«Semplicemente perché leggevo su di un libro la sfera privata e politica della vita di Kennedy, e mi affascinai del gossip che fece il giro degli Stati Uniti e del Mondo negli anni ’60 su Kennedy e Marilyn Monroe, per cui ho fatto rinascere, in quella notte in cui leggevo, il mito nel nostro nome.»
Quando sono nati i JFK?
«Sono nati subito dopo il mio viaggio in Francia durato tre mesi nell’estate del 2009, poi a ottobre abbiamo iniziato a provare e la band ha avuto un nucleo finale a gennaio 2010.
Avevo un’altra band nel passato, Eutimìa, dal 2005 al 2007, con cui abbiamo anche autoprodotto un album, Signorsì Signora Tango, vincemmo il Premio De Andrè come migliore interprete nel 2005 e arrivammo in semifinale in Musicultura, era una gran bella band anche quella.»
Cos’è successo poi?
«Le vite di ogni singolo componente non andavano nella stessa direzione.»
Parlami di questo viaggio in Francia che ha cambiato un po’ la tua vita…
«Intrapresi quel viaggio, perché un amico americano mi fece ascoltare i Beirut e fu tipo una benedizione, perché non respiravo granché bene a Napoli, e, nelle loro canzoni ho letto la strada da intraprendere, infatti, puntai verso Nantes. E sono successe varie cose, in una camera d’ostello ho scritto Gente Comune, diventata la nostra canzone manifesto, ho comprato il mio primo ukulele, a 30 euro, con i soldi guadagnati suonando in strada, lo pagai in monete.
Il disco si apre con Tremo, perché è la prima canzone scritta durante quel viaggio, quindi ho scelto lei come apertura del disco, per coerenza e sincerità.»
Le conseguenze dell’umore ricorda un altro titolo…
«Un gioco di parole che richiama il film di Sorrentino, senz’altro c’è correlazione tra l’umore e l’amore, cambiando una lettera al titolo si ottiene comunque un gran titolo. Ogni canzone è naturalmente una conseguenza di uno specifico stato d’animo, uno specifico umore. Il disco è uno spaccato che sono riuscito a vivere negli ultimi anni, ho ripreso a suonare dopo un’esperienza in Francia in cui sono stato a girare di città in città, suonando per strada, scrivendo canzoni nuove. In passato suonavo in un’altra band, tornato da quei tre mesi, ho messo su una band e non ci siamo mai fermati, abbiamo fatto più di quattrocento live in giro, abbiamo vinto un po’ di premi importanti, il premio De Andrè, il premio Mogol, Musicultura siamo arrivati in finale e non abbiamo vinto,
Musica Da Bere a Brescia, ho vinto una borsa di studio al Cet, la scuola di Mogol, che ho frequentato, un’esperienza che mi ha aperto gli occhi su quella che è la mia nuova ambizione, e che in realtà sto anche facendo, cioè l’autore.»
Infatti hai scritto un brano per Deborah Iurato vincitrice di Amici, Danzeremo a Luci Spente…
«È stato il primo brano che ho presentato come autore, anzi, sono coautore insieme a Federica Abbate, una mia amica autrice milanese, conosciuta al talent per autori di canzoni, Genova Per Voi e, la Universal che promuove questo talent ha fatto una commissione per una canzone all’ukulele, per cui lei sapeva che lo suonavo e abbiamo scritto questo pezzo, inizialmente era per un altro interprete, poi la Universal lo ha affidato a Deborah. Brano che l’ha lanciata al programma, la prima che ha cantato, ed è subito piaciuta molto, è stato il primo singolo di un album disco d’oro che ha venduto 25mila copie. Come primo tentativo d’autore è andato oltre le mie aspettative, e ciò mi ha spronato su quello che potrebbe essere la mia nuova strada, l’autore.»
Plauso per voi che partecipate a ogni tipo di contest, concorsi o festival, molti per arroganza se ne tengono fuori…
«Oggi giorno, per quelle che sono le problematiche di un artista emergente o più o meno che sia, farsi notare, in qualunque modo, è necessario. Alla fine io mi sono inventato tutto, qualcuno ora mi da una mano, però mi sono sempre occupato di ogni aspetto per fare dei piccoli passi, scrivendo canzoni, promuoverle in tutti i modi, a volte anche esagerando con internet. Oggi bisogna fare così, a meno che non hai la fortuna di trovare qualcuno che lo faccia per te.»
Uno ci si affeziona a qualche propria canzone?
«E ci frega questa cosa secondo me, a secondo del periodo che stai vivendo, hai una canzone che hai scritto in un determinato momento che più hai addosso, e, poi ciò col tempo si modifica, muta.»
Hai già scritto una canzone capolavoro o che ritieni tale?
«Un vero capolavoro non l’ho ancora scritto, però c’è una canzone che credo sia semplicemente molto sincera, è un faccia a faccia con la musica per me, si chiama La musica può solo vincere, un inno alla musica e, anche, una sorta di preghiera in qualche verso, è un mio parlare con la musica, e come mi relaziono a essa.»
In questo disco c’è una particolare collaborazione…
«Con Tommaso Cerasuolo cantante della band Perturbazione, che ho conosciuto al Neapolis Festival nel 2010, e lui molto sinceramente venne a complimentarsi del nostro concerto, e da lì è nata un’amicizia e una stima reciproca, e ha collaborato con me su una stesura di un testo, Ci penso io. Una cosa del genere mi onora, Tommaso ha scritto delle canzoni meravigliose, la sua band è per me un esempio enorme.»
Hai inviato un brano a Mina?
«No, per adesso ho un brano per Luca Carboni, e spero piaccia.»
Ti piacerebbe scrivere per chi?
«Arisa, mi piace molto, la sua voce è pazzesca, che arriva emotivamente, è un’ottima interprete, ma è difficile dire per quale artista, visto che il nostro è un genere che si discosta dalla musica leggera italiana.»
Ti presenteresti mai a un talent?
«La risposta non è no, non so quello che può succedere, perché tutto è imprevedibile per noi che facciamo musica. È vero il mio brano è stato scelto per un talent, Amici, un palinsesto che non ho mai ammirato e mai seguito. La prima volta che ho guardato il programma è stato quando Debora ha presentato la mia canzone.»
Hai qualche hobby?
«Provare a fare musica al meglio.»