“the second” (Irma Records) è il titolo del secondo album dei jazzincase: KikiOrsi alla voce, Luca Tomassoni al basso e contrabbasso e Claudio Trinoli alla batteria.
L’album che abbraccia le su radici nello smooth jazz, si compone di cinque inediti e sei cover, con protagonista la bellezza in tutte le sue sfaccettature. Al disco hanno collaborato grandi musicisti come Toti Panzanelli (chitarra), Alessandro Deledda (piano e tastiere e arrangiamenti), Luca Scorziello (percussioni), Eric Daniel (sax), Massimo Guerra (tromba), Emanuele Giunti (piano), Giovanni Sannipoli (sax), Peter de Girolamo (piano, tastiere e arrangiamenti) e in ultimo, ma non ultimo, il grande produttore Nerio Papik Poggi.
Di recente è uscito “the Second”, il vostro secondo album che include cinque inediti e sei cover. Come nasce questo nuovo lavoro e cosa rappresenta per voi?
«È nato per la voglia di fare un secondo disco a poca distanza dal precedente “Bonbon City” (marzo 2018) e perché erano stati raccolti i brani inediti e quelli editi in un lasso di tempo breve e ciò che rappresenta è un chiaro avanzamento del progetto verso aspetti musicali diversificati. In “the Second” non solo la zampata jazz tipica dello smooth jazz ma anche pop, lounge, swing e bossa. Gli inediti hanno una chiave di rappresentazione, diversificata per ognuno protervo nei confronti delle varie sfaccettature che rappresentano la bellezza. E poi oltre al trio che ha dato vita al progetto nel 2016( kiki Orsi alla voce, Luca Tomassoni al basso e contrabbasso, Claudio Trinoli alla batteria) molti/amici musicisti di grande levatura come Toti Panzanelli alla chitarra, Eric Daniel e Giovanni Sannipoli al sax, Massimo Guerra alla tromba, Peter de Girolamo a parte degli arrangiamenti, piano e tastiere, Nerio Papik Poggi per l’arrangiamento di Slave to the Rhythm, Emanuele Giunti al piano di un grande brano riarrangiato da noi come “Every breath you take”, Luca Scorziello alle percussioni».
“the Second” arriva dopo più di un anno dall’uscita dell’album “Bonbon City”. In cosa si differenzia dal precedente lavoro?
«Abbiamo voluto portare temi dedicati al sociale rimanendo in punta di piedi nel trattare tematiche di grande importanza come: le disfunsioni alimentari sempre più diffuse tra i giovanissimi Beautiful like me (a paper doll); l’amore come rinnovamento (The Game); il non guardare in faccia le sostanze stupefacenti come effetto placebo delle difficoltà della nostra vita (Missis Hyde); la bellezza di riuscire a non caricare dei nostri bisogni la persona che ci sta accanto ma rispettarla nel suo modo di essere (Cover me) ed infine la forza e la bellezza delle donne che riescono a trovare sempre una buona ragione per continuare a vivere la propria vita, sempre e comunque (C’est un chat! (Probable). Tre di questi in lingua inglese e due in francese. Lingue scelte per dare forza, ispirazione e la giusta interpretazione ad ogni singolo brano».
L’album abbraccia le sue radici nello smooth jazz, una fusion di generi che vede protagonista in parte il jazz, il pop, la lounge, il drum’nd bass, il rithm’nd blues. Quale è stato il vostro approccio iniziale a questo genere di musica?
«È stato l’inizio, il nostro “cominciare un progetto dedicato”. Veniamo tutti da mondi simili ma diversi come percorso professionale ed un grande amore per quello che non è considerato un vero e proprio genere ma se mai una commistione di generi, una fusion che se abbracciati, interpretati ci danno carica ed emozione ogni volta che troviamo per i nostri brani la giusta chiave di lettura ed interpretazione. Talvolta con un po’ di coraggio quando arrangiamo brani di fama internazionale. Già, anche se un po’ di più in punta di piedi, l’abbiamo fatto nel disco precedente. In “the Second” ancora di più, senza spaventarci delle eventuali critiche».
All’album hanno preso parte diversi musicisti. Come sono nate queste collaborazioni?
«In realtà sono tutti, fortunatamente amici ben contenti di poter collaborare con il loro strumento al nostro album. Scelti, chiaramente, in base alle esigenze interpretative e stilistiche di ogni singolo brano».
I cinque inediti hanno come tema centrale è la bellezza, che viene presa, sviscerata e cantata attraverso un’analisi musicale ed emotiva politematica. Questi brani sono nati nel tempo? Sono ispirati da storie vere?
«I brani, in parte, sono usciti dai cassetti del tempo. Non sempre per chi scrive musica e testi i brani devono avere una collocazione immediata. Talvolta bisogna saper aspettare per dare loro la veste giusta ed il loro giusto momento».
Come avete scelto invece le cover?
«Diciamo che si sono fatte scegliere da sole, provando per gioco, per “fare musica insieme” o raccolte per caso ascoltando all’improvviso un brano in radio nel quale abbiamo trovato la giusta, per noi, soluzione al momento».
Quali sono stati e quali sono ancora oggi i vostri riferimenti musicali?
«Non ce n’è uno in particolare perché tutti ascoltiamo davvero tutto da quando siamo stati piccoli ad oggi. Questo per il mondo internazionale, l’unico che ci mette d’accordo nell’ambito della musica italiana è Fabio Concato che amiamo in tutte le sue sfaccettature, profondamente».
Quando partirà un vostro tour? Quanto è importante per voi la dimensione live e il contatto con il pubblico?
«La dimensione live per noi è importantissima e prima fra tutte fa parte del nostro personale percorso professionale, intendiamo portare uno spettacolo e la nostra energia che ci viene puntualmente riconosciuta. Non abbiamo programmato un vero e proprio tour a seguito dell’uscita di “the Second” ma abbiamo delle date in Italia che scriviamo nelle nostre pagine facebook e instagram, (jazzincase .it) per chi volesse venire ad ascoltarci».