Jacob Whitesides a novembre compirà 19 anni ma il suo nome riecheggia in ogni parte del pianeta come se fosse sulla scena pop da anni. Uscito dall’X Factor americano nel 2012, due anni dopo è entrato in classifica in Billboard con un EP di cover di John Legend e Sam Smith. Il cantante di Nashville nel Tennessee (precisamente nato a Knoxville, nel 1997) è stato dichiarato da Spotify come l’artista che esploderà quest’anno. E i talent-scout del servizio di streaming più affermato del mondo ci avevano visto giusto: il disco Why? appena uscito anche in Italia contiene la hit Focus che sta trascinando milioni di seguaci sul web e folle ai concerti. In attesa dell’unica data italiana di Jacob (il 9 febbraio 2017 al Fabrique di Milano) lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.
Cosa volevi fare da bambino?
«Non ho mai pensato a cantare, ero attratto dalla musica ma facevo football. Solo che non ero abbastanza competitivo per sfondare. Poi con mio padre sono andato a vedere un country festival e da lì ho iniziato ad ammirare i chitarristi e mi sono avvicinato alla chitarra».
Quali sono le tue influenze musicali?
«John Mayer prima di tutto, poi i Maroon 5 e gli Script. Sono tutti quelli che fanno pop di qualità che sentivo assieme ai miei genitori. Poi da solo ho scoperto Ed Sheeran e Damien Rice e mi è piaciuta la musica più dolce e rallentata».
Li hai mai incontrati ora che sei famoso?
«Sono rimasto di stucco a vedere Ed Sheeran nel backstage di un concerto a Nashville. Mi ha fatto dei complimenti, non potevo crederci. E poi vederlo suonare in acustico da solo con la chitarra è stato davvero impressionante. Mi ha fatto pensare al potere del pop ridotto alla sua forma essenziale».
Come tratti i tuoi fans? Sono davvero molto affettuosi con te.
«Ho avuto la fortuna di avere una fan-base molto prima di avere un contratto discografico e quindi sono riuscito ad avere controllo sul contatto col mio pubblico. Decido io il merchandising, quello che voglio dire a loro, che cifra serve per i biglietti dello spettacolo. Loro fanno molto per me e senza nessun ritorno economico, condividono la mia musica che è la cosa più importante. Quindi per me la priorità è suonare, parlare con loro, farli felici».
Che musica hai preparato per il primo album?
«È molto basic e ci sono molti elementi nuovi rispetto ai miei EP precedenti. Questo grazie a un team di produttori di Nashville che mi hanno seguito e mi hanno spinto verso l’originalità».
Perché ti chiedi Why?
«È un atteggiamento che ho fin da piccolo, sembra essere l’essenza del disco che è un viaggio introspettivo. Ero in tour e alla fine di ogni giorno euforico pensavo con nostalgia alla mia ragazza e alla mia famiglia e avevo dentro una specie di lotta. Perché faccio tutto questo se poi mi crea dolore?»
E come l’hai risolto?
«Ho analizzato me stesso e ho imparato molto dal fare musica. In definitiva è una cura, quando hai un giorno pesante poi la musica ti addolcisce tutto».
Hai duettato su Focus con una star italiana, Luca Chikovani. Come è andata?
«Mi è dispiaciuto che il giorno del nostro incontro io non stessi bene. Ma Luca è stato di grande spirito e ha grande talento e mi ha aiutato. Ho fatto un’operazione simile in Spagna, ma con Luca è stato magnifico, non ho mai sentito competizione. Mi piace collaborare».