Ad inaugurare la ventesima stagione del Teatro Mercadante di Napoli – Teatro Nazionale è Isabella Ragonese in Clitennestra, tratto dal romanzo di Colm Toibìn La Casa dei Nomi, adattato e diretto da Roberto Andò, con Ivan Alovisio (Agamennone), Arianna Becheroni (Ifigenia), Denis Fasolo (Achille), Katia Gargano (la donna anziana del popolo), Federico Lima Roque (Egisto), Cristina Parku (Cassandra) e Anita Serafini (Elettra); spettacolo prodotto da Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale e Fondazione Campania Teatro Festival (repliche fino a domenica 29 ottobre).
“La vicenda di Agamennone, Clitennestra e dei loro figli Ifinenia, Elettra e Oreste ci perseguita per il modo in cui dimostra che la violenza genera altra violenza”, scrive lo scrittore irlandese Colm Tóibín. “Una volta che ho iniziato a immaginare di nuovo la storia di come Clitennestra fu ingannata dal marito Agamennone, che le disse che la loro figlia Ifigenia avrebbe dovuto sposarsi con Achille, quando in realtà era destinata ad essere sacrificata, non è risultato difficile immaginare la rabbia della donna”. “Clitennestra è una figura che nell’Odissea è presentata come l’anti-Penelope – spiega Andò – il prototipo della donna infedele e assassina. La sua vicenda è giunta a noi soprattutto grazie all’Orestea, la trilogia in cui Eschilo, nel 458 a.C., celebrò la fine del mondo della vendetta e la nascita del diritto. Nel romanzo di Tóibín, la tragica storia di rancore e solitudine, di sangue e vendetta dà luogo a una drammaturgia del dolore e della perdita che si concentra sul silenzio che si crea attorno al dolore, sulla vita di donne sole che portano con sé il peso di un trauma. Voci che parlano col timbro speciale conferitole della violenza subita”.
In quest’ottica, il mito greco cede il passo ad una rilettura moderna e quanto mai tragicamente attuale (quel “sangue chiama sangue” di cui la vendetta si nutre in tutti i teatri di guerra). Ma qui Andò va oltre, nella ricerca non di una giustificazione ma di una comprensione dell’animo umano, attraverso la trovata del soliloquio/confessione nella parte bassa della scena e l’atto di sangue che si svolge al di sopra (bellissima l’immagine di Agamennone ucciso nella vasca da bagno che rimanda immediatamente all’Assassinio di Marat di David). E, in effetti, il luogo-non luogo delle scene di Gianni Carluccio rimanda a un vecchio mattatoio, così come nei bianchi costumi di Daniela Cernigliaro i personaggi si muovono come anime in pena. Il nutrito cast di attori cede il passo ad una grande Isabella Ragonese, perfetta nell’alternare toni declamatori – tipici della tragedia classica – a momenti più introspettivi. Questa alternanza di registri – tutt’altro facile da rendere – assicura movimento e dinamismo all’azione. Tra gli altri attori ricordiamo il tronfio e vile Agamennone di Ivan Alovisio e le due giovani e brave Arianna Becheroni (Ifigenia) e Anita Serafini (Elettra).