Ha varcato la soglia della sala reale della Stazione Centrale di Milano come una vera diva d’altri tempi e si è concessa con garbo alle domande (molto buone, c’è da dire) della stampa italiana. Signori, questa è Conchita Wurst oggi, la vincitrice dell’Eurovision Song Contest 2014 con la celebre Heroes, la figura che ha scosso l’opinione pubblica e i media in un anno di apparizioni e interviste che poco hanno a che fare con la trasgressione. «Ho imparato a cantare mettendo una compilation di Shirley Bassey a 7 anni – dice della sua passione per la musica, presentando il nuovo album, il suo primo disco che si intitola Conchita – e pensavo sempre che prima o poi potesse chiedermi dei soldi, perché è stata lei a insegnarmi il canto».
Bassey è un’icona del camp ma anche una voce mitica dell’immaginario macho di 007. Conchita cita proprio Goldfinger per introdurci nell’universo del suo primo disco, che contiene canzoni, per così dire, normali, a volte orchestrate con grandeur, altre più dance, che però rivelano l’assoluta normalità della musicalità dell’artista austriaca.
Diverso è il suo impatto sociale, la sua forza comunicativa, il suo dirompente diluvio di glamour e polemiche che si porta sempre dietro. La barba su un corpo modellato da ragazza filiforme ha poco a che fare con la sua vena artistica, ma è per questo che tutti ne parlano, no? «Sono molto a mio agio con la fama che sto avendo perché basta togliermi la parrucca e prendere un metrò per sentirmi come gli altri. Ma sono felice di essere come sono e della celebrità, è tutto quello che ho sempre sognato», dice in barba (è il caso di dire!) a quanti narrano le nefandezze più intollerabili dell’essere riconosciuti per strada e perdere l’anonimato. «Quando mi hanno invitato all’Onu per cantare pensavo si fossero sbagliati. Ma per me è stato emozionante, ora voglio arrivare ai Grammy, perché sono una cantante ed è quello il mio obiettivo».
E se avesse la possibilità di parlare con i potenti della terra, che direbbe loro? «Non mi hanno fatto fare uno speech alle Nazioni Unite ma io sono una persona molto curiosa e vorrei tanto capire cosa hanno in mente i potenti, le persone che hanno tanta influenza sui destini degli altri. Cosa spinge Vladimir Putin ad avere posizioni così sbagliate sui temi che mi stanno a cuore? Vorrei capirlo».
E sul libro che esce in questi giorni anche da noi (“Io, Conchita” – Mondadori Elekta) dice candidamente: «Ho passato 4 giorni col mio ghostwriter a raccontargli la mia vita. Dovrebbero pagarlo perché mi ha fatto una specie di terapia ascoltandomi. Ho capito molte cose di me che avevo tralasciato nel tempo ed è venuto fuori proprio come lo volevo, con tante storie che partono dalle immagini»