Pino Quartullo, attore, regista, sceneggiatore è presente a San Vito Romano, provincia di Roma, per ritirare il Premio Caesar alla carriera, assegnatogli dall’Associazione Ribalta e dal Consiglio Regionale del Lazio al Teatro Caesar, sotto la direzione artistica di Ulisse Marco Patrignani.
Dalla Laurea in architettura alla recitazione, alla regia, com’è avvenuto questo cambiamento? Perché?
«Io dovevo laurearmi perché altrimenti venivo cacciato di casa! Mio padre era ingegnere e ho fatto architettura che è un po’ un ponte fra quello che avrebbe voluto lui e quello che avrei voluto fare io che era teatro. Ero pazzo del mondo dello spettacolo e quindi ho fatto un piano di studi dettagliato che comprendeva scenografia, storia del teatro e ho fatto la tesi di laurea sul progetto di un teatro. Poi quando stavo quasi per laurearmi ho provato a fare l’esame sia all’Accademia che al Laboratorio di Gigi Proietti e fui preso in entrambe le scuole. In Accademia feci regia perché avevo ventidue anni e avevo superato il limite d’età e da Proietti, invece, facevo l’attore. In parallelo mi sono Diplomato alla Scuola di Proietti e laureato all’Accademia d’Arte Drammatica. Tripla Laurea!».
Cosa le hanno lasciato queste esperienze da giovane, con maestri del mondo dello spettacolo?
«Bhe per esempio con maestri completamenti diversi come Gigi Proietti e Aldo Trionfo, che era un maestro all’avanguardia, scoprire che, in qualche modo, certi concetti di teatro, certe libertà, certe ricchezze che l’attore porta in scena a teatro ce li insegnavano quasi nello stesso modo, pur venendo da mondi completamente diversi. Per cui una sedia in teatro può diventava un trono, un cavallo, un giocattolo. E questa fantasia dell’attore deve essere sollecitata, naturalmente, da un pubblico che poi risponde. Ma soprattutto è l’attore che porta per mano il pubblico a immaginare, a pensare, a fargli vedere mondi che non esistono sul palco».
Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera?
«Intanto che bisogna studiare molto. Non si pensi che fare l’attore sia una cosa facile. Anche se molti personaggi famosi lo sono diventati senza aver fatto scuole, hanno poi comunque studiato. Per esempio Gigi Proietti è cresciuto ascoltando i dischi di poesie di Vittorio Gassman. Quello che consiglio è di non rimanere soli come artisti, di non aspettare che il proprio agente o qualche regista ti chiami, rimanendo appesi nell’attesa, ma mettersi insieme. Formare dei gruppi, delle compagnie, trovare bravi autori, registi e altri attori con cui si lavora volentieri insieme, facendo dei progetti. Avere una propria progettualità è importante, altrimenti si viene schiacciato da questo mondo che è sempre più in crisi, sempre più attento a persone che hanno degli aiuti, raccomandazioni e altri amori privati. Quindi per poter sopravvivere bisogna avere una propria progettualità».
Stasera il Premio Caesar alla carriera a chi lo vuole dedicare?
«Eh, tante persone. Forse ai miei genitori perché se io sono quello che sono è anche grazie a tutto quello che mi hanno insegnato. Anche se all’inizio non erano proprio pazzi di questa mia scelta, poi si sono rassegnati e hanno condiviso con entusiasmo quello che ho fatto».
Prossimi progetti?
«Sto verificando delle cose che ancora non posso annunciare, però sicuramente al Teatro Roma, di Roma, tornerà in scena “Quando eravamo repressi” che è la mia prima commedia con quattro giovani molto bravi. È molto divertente, sul calo del desiderio tra giovani e come risolverlo».