Paolo Caiazzo è Gaetano Giuffrida in “No, grazie, il caffè mi rende ancora nervoso”, spettacolo scritto con la collaborazione di Lello Arena – che ne cura anche la regia – e Francesco Velonà. Lo spettacolo sarà in scena, fino a domenica 11 marzo, al Teatro Augusteo, mentre dal 5 all’8 aprile al Teatro Cilea. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Paolo Caiazzo.
In scena al Teatro Augusteo e prossimamente al Cilea, lo spettacolo “No, grazie, il caffè mi rende ancora nervoso”. Come sta rispondendo il pubblico?
«Lo spettacolo sta andando molto bene, anche al di là delle nostre aspettative. Abbiamo riscontrato una grande partecipazione del pubblico, che come me ha amato quel film del 1982, oggi divenuto un cult. Questo spettacolo non è un remake ma un sequel. Nell’ottica del crime, questa voglia che abbiamo sempre di più in Europa di assistere a fiction, serie televisive thriller, noi portiamo in scena un crime alla napoletana, proprio come lo era il film “No, grazie, il caffè mi rende nervoso”.
Parliamo del tuo personaggio…
«Il mio personaggio è quello di Gaetano, un tassista poco volenteroso, perché è sempre più preso dalla sua passione di fare teatro. Gaetano vive in una casa ereditata dal nonno, con la moglie Stella (Susy De Giudice), il figlio Michele (Nicola Pavese), che ha una malsana passione per le storie dei serial killer, Oho (Maria Chiara Centorami), badante ucraina dalle innumerevoli pretese e il padre Aristide (Salvatore Misticone), vecchio attore di teatro classico, mi accusa sempre di non aver scelto di fare la sua professione. Nella voglia di rivalsa, cerca di mettere in scena dei lavori, di portare avanti la tradizione, tanto è vero che lui è un innamorato di Felice Sciosciammocca e vive come lui».
Un lavoro scritto insieme a Lello Arena e Francesco Velonà.
«Nel 1982 Massimo Troisi scrisse un film che parlava di un serial killer, detto Funniculì Funniculà, che sequestrava e ammazzava gli attori che riteneva non rispettassero la tradizione napoletana. Abbiamo così ipotizzato ad un suo ritorno e a chi farebbe fuori adesso. E così insieme a Lello Arena e Francesco Velonà abbiamo scritto questo spettacolo. Un emulatore va in carcere per contattare Michele Giuffrida, interpretato da (Lello Arena) che sta scontando l’ergastolo per aver confessato nel 1982 di essere “Funniculì Funniculà”. L’intento dell’uomo è quello di continuare la missione criminale, eliminando artisti napoletani che a suo avviso sono troppo innovatori. Tra questi sceglie Enzo Avitabile, Vincenzo Salemme e Paolo Sorrentino, che sequestra nella sua soffitta. La differenza tra il film e lo spettacolo, sta nel fatto che in “No, grazie, il caffè mi rende ancora nervoso” non muore nessuno. Gli artisti vengono solo sequestrati. Il tutto è divertente perché questo nuovo serial killer, non lo è fino in fondo, non è in grado di uccidere neanche un capitone che cresce da tre anni nella vasca da bagno».
Come è nata l’idea?
«L’idea è venuta a Mario Esposito (Produttore Tunnel) e di conseguenza io e Lello Arena, una sera a cena, abbiamo poi approfondito l’idea e dopo qualche mese abbiamo iniziato a mettere giù una sceneggiatura. Ovviamente la collaborazione di Lello, tra gli sceneggiatori del film, è stata veramente preziosa per tutti. Ci siamo sentiti coccolati».
Questo spettacolo possiamo dire che è anche un omaggio a Massimo Troisi?
«Sicuramente. Questo è stato un anno particolare per me da sangiorgese, comico e da attore, poiché ho avuto l’onere e l’onore di organizzare il Premio Massimo Troisi e in seguito di scrivere insieme a Lello Arena, il continuo di un film che li ha visti protagonisti. Diciamo che per me è un anno impegnativo, ma molto fortunato».
Oltre all’Augusteo e al Cilea, lo spettacolo sarà portato anche in altri teatri e fuori Campania?
«Per questa stagione toccheremo solo questi due teatri. Ci saranno delle date estive, perché lo spettacolo ha riscosso un grande interesse soprattutto dagli addetti al settore, che sono molto interessati a distribuirlo in altri teatri. Questo mi fa ben sperare che lo spettacolo possa vivere nella prossima stagione teatrale, anche soprattutto fuori regione, perché abbiamo costruito uno spettacolo teatrale, di palato napoletano, assolutamente nazionale».
Avete pensato anche ad un progetto cinematografico?
«Questo sarebbe il sogno, però prima di parlare di film, almeno personalmente, ritengo che sia fondamentale testare la storia. Se la storia è convincete sia come parte comica che come narrazione, allora può passare al cinema, perché nei film bisogna raccontare qualcosa. Quindi adesso pensiamo alla storia, a collaudarla di sera in sera, poiché la bellezza del teatro rispetto al cinema è che tu puoi modificare il tuo progetto, cambiando quello che non funziona, cosa che il cinema non ti consente».
In primavera torna in tv Made in Sud, ti vedremo di nuovo nei panni di Tonino Cardamone?
«Si, sarò impegnato ancora con Tonino Cardamone, il mio alter ego, un folle, proprio come in questo spettacolo. Diciamo la pazzia mi ha sempre ispirato, forse perché è un po’ alla base della persona Paolo Caizzo. Alla luce di quello che sta succedendo in questo periodo post elezioni, Cardamone avrà molto da dire.»