Per Luca Di Giovanni, il 2017 rappresenta un anno ricco di sogni che si concretizzano. Attore e regista di grande talento, Di Giovanni ha trascorso anni a rincorrere una popolarità più che meritata, visto il suo curriculum ricco di progetti che negli anni lo hanno visto impegnato in radio, teatro, televisione. Dal 2004 al 2016 ha lavorato a ben 32 cortometraggi, alcuni diretti da lui e altri semplicemente interpretati. Formatosi da autodidatta tra le altre cose ha preso parte al programma “The Show must Go off” su La7 nel 2012, e nella trasmissione radiofonica “Stai serena” con Serena Dandini su Radio2 nelle stagioni 2014/2015. Fino al 26 febbraio sarà impegnato al Teatro Quirino di Roma, come protagonista al fianco di Giuseppe Zeno dello spettacolo “Il Sorpasso” tratto dal film di Dino Risi, con la regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano. Di Giovanni sarà inoltre impegnato ad aprile in due progetti molto attesi. Il primo è il film per la tv “In arte Nino” dedicato alla vita di Nino Manfredi. Il secondo riguarda “The Start Up”, il film di Alessandro D’Alatri, dal 6 aprile al cinema.
Fino al 26 febbraio sarai impegnato al Teatro Quirino di Roma con “Il Sorpasso”, spettacolo tratto dal film di Dino Risi. Parliamo del tuo ruolo, della tua partecipazione e di come questo film vivrà a teatro?
«Ho avuto la fortuna di essere scelto per il ruolo di Roberto, nel film di Risi interpretato dall’attore francese Trintignant. Quando venni a sapere del provino ero già felice e mi sembrava già un’eccellente occasione, perché “Il Sorpasso” è sempre stato uno dei miei film preferiti. Quando mi hanno detto di avermi scelto, mi è preso un mezzo infarto dalla felicità. Interpretare questo personaggio è stato bellissimo, perché è abbastanza complesso. La timidezza e la sensibilità che ha Roberto è stato per me liberatorio, perché sono sempre stato uno piuttosto timido da ragazzino, quindi ho ritrovato molte cose di me in lui. Interpretarlo è stato gratificante sia a livello personale, sia a livello attoriale».
In che modo il film è stato riadattato per il teatro?
«Portare questo film a teatro è una grande sfida. La cosa bella e allo stesso tempo interessante è quella di aver lavorato ad un progetto del genere proprio in un contesto come il teatro. A distanza di cinquantacinque anni dall’ uscita del film, abbiamo fatto un omaggio letterale e sentito a quell’epoca e all’Italia, con le canzonette e con i sogni e le speranze, bruciati e consumati nel corso dei decenni fino a oggi. Ci sono anche delle cose che oggi noi rivediamo e ritroviamo in quei personaggi che ci sembrano così ingenui nella loro vitalità disperata, dove anche un timido come Roberto è completamente diverso da una ragazzo timido di oggi. Le differenze vere stanno nelle soluzioni che abbiamo trovato nel metterlo in scena, ma anche quello di fare interpretare a un cast di otto attori, un numero di personaggi molto più grande. Tutti gli altri attori dello spettacolo, a parte me e Giuseppe, recitano dai due ai 5 ruoli. Abbiamo cercato di lavorare molto sul ritmo, sui dialoghi e sui rapporti fisici. Il regista Guglielmo Ferro ci ha chiaramente chiesto di non imitare, di non sentirci limitati e schiacciati dal confronto con i due mostri che erano i due protagonisti del film. Ha lasciato molta libertà sia a me che Giuseppe Zeno, ma anche agli atri attori, di trovare il nostro modo di raccontare la storia».
Ad aprile ti vedremo nel film per la tv “In arte Nino” dedicato alla vita di Nino Manfredi. Qual è il tuo personaggio?
«Il mio personaggio si chiama Lampadina. Prima di arrivare sul set ho dovuto fare molti provini, forse ci ho messo molto a convincerli, probabilmente per una questione di look. In quel periodo, infatti, stavo girando “The Star Up” di D’Alatri e portavo per l’occasione i capelli lunghi e la barba. Mentre Lampadina doveva essere completamente calvo. Nonostante il mio look totalmente opposto al personaggio che avrei dovuto interpretare, dopo una serie di provini, alla fine sono stato scelto. Il film è ambientato nel 1940, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, un periodo in cui c’era molta povertà. Questo film è un omaggio biografico a Nino Manfredi, che non si bassa sulla sua figura dell’attore che noi tutti conosciamo, bensì sulla sua vita privata, prima ancora che diventasse un personaggio pubblico. Io sono un amico di gioventù di Nino, con cui ho condiviso un periodo molto difficile della sua vita. È stato un bel lavoro, una bella esperienza, in cui mi sono divertito molto a lavorare con Elio Germano, Leo Gullotta e gli altri attori del cast».
Sempre ad aprile sarai sul grande schermo nel cast del film di Alessandro D’Alatri “The Start Up”.
«Sono particolarmente affezionato al ruolo che ho nel film di D’Alatri, ed è un po’ quello che succede con tutti i personaggi che interpreto. È come se fossero tutti miei figli, quindi per me è difficile se dovessi dire qual è il ruolo più significativo o quello che mi ha dato di più. A questo personaggio in “The Start Up” sono legato particolarmente perché rappresenta il mio primo lavoro importante sul grande schermo, dopo tanti anni di duro lavoro. Si chiama Giuseppe ed è un programmatore informatico, un nerd, se vogliamo un po’ genialoide, un ragazzo che viene da una famiglia povera, si è laureato, sta studiando per una seconda laurea, ma nonostante ciò fatica ad arrivare a fine mese, costretto a lavorare a nero in un sottoscala. Un giorno arriva Matteo, il protagonista del film interpretato da Andrea Arcangeli, con un’idea innovativa, quella di programmare un sito, una start up. Giuseppe viene coinvolto in una sfida, quella di realizzare in poco tempo un sito prima che qualcun altro possa rubare l’idea. Questo diventa per lui una motivazione di vita, uno slancio, una sfida, ma anche un canale dove mettere tutta la rabbia e la passione. Il film racconta la storia di due ragazzi che dal nulla creano un progetto che riscuote un successo enorme, tra l’altro è tratto da una storia vera».
Attore ma anche regista di diversi corti e spettacoli teatrali…
«Ho iniziato da autodidatta anche in veste di videomaker. Ho realizzato diversi cortometraggi, per alcuni ho curato la regia, per altri ho lavorato come attore, insomma ho fatto una bella gavetta che oggi mi sta dando tantissimi risultati. Quindici anni fa quando non c’era Facebook e neanche YouTube si realizzavano i cortometraggi, si presentavano ai vari festival per farsi conoscere. Gradualmente, tra le diverse esperienze lavorative, tra cui anche la radio e la televisione, finalmente è arrivato anche il cinema, che da sempre è stato il mio grande sogno».