Giorgio Lupano è in tournée teatrale con lo spettacolo Viktor und Viktoria, che vede come protagonista Veronica Pivetti. Si tratta di una commedia, in scena al Teatro Augusteo di Napoli dal 20 al 29 aprile, con musiche liberamente ispirate all’omonimo film di Reinhold Schunzel, nella versione originale di Giovanna Gra, per la regia di Emanuele Gamba.
Parliamo dello spettacolo Viktor und Viktoria e del suo personaggio…
«Di teatro ne ho fatto tanto e raramente mi capita di farlo con un autore italiano vivente. Per quanto mi riguarda sono state poche le occasioni come in questo caso di lavorare su un testo inedito che ha scritto Giovanna Gra appositamente per Veronica Pivetti. Lo spettacolo è ispirato all’omonimo film tedesco del 1933 diretto da Reinhold Schünzel e non a quello che tutti conosciamo del 1964, diretto da Robert Stevenson con Julie Andrews. L’ambientazione è quella di una Berlino degli anni ’30 con la descrizione di un mondo molto aperto, dove ci sono artisti di varietà. È stata fatta una ricerca proprio su quegli anni, sul teatro e sui diversi artisti che si esibivano in quel periodo e tra questi c’è la protagonista della nostra storia che è Susanne Weber (Veronica Pivetti), un’attrice che cerca disperatamente una scrittura e la troverà soltanto travestendosi da uomo. Quindi si esibisce cantando e indossando abiti femminili, e alla fine del suo spettacolo rivela di essere un uomo, che però non è. Una serie di situazioni molto buffe e divertenti, fino a quando Susanne incontrerà il conte Frederich Von Stein, interpretato da me. Von Stein è un libertino abituato a vederne di tutti i tipi, proprio per questo resta affascinato dal personaggio Viktor und Viktoria. Tra i due nasce qualcosa, anche se lei non può dichiarare apertamente la sua vera identità, poiché rischierebbe di perdere il successo raggiunto fino a quel momento, ma andando avanti lui capirà che dietro quel personaggio si cela una donna e inizia una parte di seduzione con lui che gioca con lei, come fa il gatto con il topo, cercando di farle dire la verità. È un testo che affronta con una forma da commedia delle tematiche anche attuali, come l’identità sessuale, cercando di non appesantire il pubblico»
E in che modo si è avvicinato a questo personaggio?
Frederich Von Stein è un personaggio che viene descritto come un uomo molto affascinante. In scena indosso un frac, quindi è uno di quei casi in cui l’abito fa il monaco. È come quando da piccoli ci si travestiva da Zorro, una volta indossato la maschera e il cappello facevano gran parte del personaggio. Ho guardato un po’ di film con Cary Grant, Gary Cooper, perché sono quelle figure iconiche che rappresentano l’eleganza senza tempo. Quindi mi sono ispirato a queste figure del passato, poi le battute, l’ambiguità, l’ironia è tutto scritto nel testo di Giovanna Gra.
Il pubblico in sala si diverte?
«È una commedia dove si ride tantissimo fin dall’inizio, quando Susanne incontra la complicità con un altro attore, un italiano che vive a Berlino, che si chiama Vito, interpretato da Yari Gugliucci. Tra i due ci saranno una serie di situazioni divertenti, buffe, tenere, perché la complicità tra questi due attori cresce sempre di più e passano dal condividere l’esperienza di vivere ai margini della società, fino a raggiungere il successo e a diventare dei personaggi al centro della vita sociale».
Cosa ti piace particolarmente di questa commedia?
Intanto la compagnia degli attori con cui lavoro, in primis Veronica che non conoscevo se non per le cose che ha fatto, ma non avevo mai lavorato con lei. È una grande professionista, una stacanovista, proverebbe 25 ore al giorno. È una bellissima compagnia e insieme ci divertiamo, e questo è un bene perché dovendo portare in scena una commedia se non ci trovassimo neanche nel divertimento dentro, immediatamente si trasformerebbe in una tragedia, invece è divertente anche per noi attori. Poi è bello dare una nuova vita ad un testo e ad una storia che molti conoscono. È una sfida che mi è piaciuto affrontare insieme ai miei compagni di viaggio.
Cosa ti trasmette il teatro a differenza del cinema e della televisione?
«Il lavoro dell’attore è quello di raccontare una storia che qualcun altro ha scritto, ma che noi la narriamo a persone che hanno la voglia di ascoltare. Poi che questo racconto avvenga attraverso il palcoscenico o la macchina da presa, cambia un pochino la calligrafia con cui noi scriviamo questo racconto, perché recitare davanti a una macchina da presa è diverso dello stare su un palco. Io però vengo dal teatro, quindi la mia formazione è questa, non ho mai smesso di fare teatro, nonostante le vari esperienze nelle fiction televisive che ho girato in questi anni e nel cinema. Non ho mai smesso di fare teatro, ma non perché come pensano in molti che il teatro sia la vera recitazione, ma semplicemente perché mi piace molto».
Altri progetti?
«Tra aprile e maggio ci sarà il continuo della serie televisiva “Sacrificio d’amore”. Per quanto riguarda il cinema uscirà nelle sale “Un cuore tranquillo”, un film che ho girato in Israele, dove è uscito l’anno scorso e nell’ultimo periodo è stato presentato in diversi festival d’Europa. È una storia molto bella che mi è piaciuta girare soprattutto perché vivere delle esperienze cinematografiche all’estero, lavorare con persone che hanno metodi lavorativi diversi dai nostri, con attori che parlano un’altra lingua è sempre una cosa stimolante, arricchente e interessante».
Quali sono i tuoi sogni?
«Mi piacerebbe fare quello che sto facendo adesso. Mi ritengo una persona fortunata poiché sto facendo il lavoro che ho scelto, per il quale ho studiato ed è quello che vorrei continuare a fare il più a lungo possibile».