La Rua torna sulle scene con “Nessuno segna da solo” (Universal Music) il nuovo lavoro discografico che racchiude i brani dell’EP uscito il 6 luglio 2018 e nuovi inediti che portano la firma di Daniele Incicco, frontman del gruppo, che per l’occasione abbiamo intervistato. La formazione de La Rua è composta da Daniele Incicco (voce e chitarre), William D’Angelo (chitarre), Davide Fioravanti (pianoforte, fisarmonica, glockenspiel), Nacor Fischetti (batteria, fx), Alessandro Mariani (chitarre, banjo) e Matteo Grandoni (contrabbasso, basso).
Il 26 aprile è uscito “Nessuno segna da solo”, album che racchiude i brani dell’EP uscito il 6 luglio 2018 e nuovi inediti…
«“Nessuno segna da solo” è un lavoro collettivo, un percorso cominciato due anni fa. Volevamo dare una nuova veste, un sound più nuovo e allo stesso tempo delle canzoni molto più forti a livello testuale. Ci siamo chiusi in sala prove e di registrazione per lunghi periodi, per fare un lavoro che potesse rispettare ogni componente. Dario Dardust Faini che ha prodotto questo disco ha rispettato le idee di tutti noi, quindi ad un certo punto ci siamo trovati con questo album che volevamo fare uscire il prima possibile, ma abbiamo dovuto aspettare dei tempi discografici. Se fosse stato per noi sarebbe uscito lo scorso anno».
In questo progetto ci anche degli inediti. Ce ne vuoi parlare?
«C’è “Stella cometa” un brano che io adoro perché è una mia dichiarazione personale su tutto quello ho sbagliato, anche in maniera abbastanza altezzosa, però bisogna avere il coraggio di dire quello che si pensa se si vuole fare musica. Ho voluto attaccare tutti i luoghi comuni che odio, che non mi piacciono. È un continuo di “Non sono positivo alla normalità”, quindi quel desiderio di non voler appartenere a degli schemi. Poi c’è “Il doppio di tutto”, una canzone che parla del bisogno che si ha dell’altra persona nel momento in cui si lotta molto nella propria vita. Una breve descrizione di tutto quello che possiamo fare, tutto quello che nelle nostre vite chiediamo a noi stessi e a quel punto si va verso l’altro chiedendo il doppio di tutto. Per questo brano abbiamo utilizzato un sound molto fresco, folk, anche acustico, però allo stesso tempo moderno.
Poi c’è “Alta velocità” che è il singolo che abbiamo lanciato adesso, una canzone che trovo divertente perché è un modo di descrivere l’amore in maniera diversa, utilizzando la metafora dell’alta velocità, ovvero quella sensazione che si prova quando si ha di fronte la persona che si ama alla follia, quindi ogni cosa che fa quella persona, ci manda a mille giri al minuto, ci fa andare il cuore a mille, ad alta velocità. Ho voluto inserire nel testo alcune metafore calcistiche, perché appartengono al mio universo maschile, quindi ho voluto guardare molto a quello che sono io».
Vi esibirete live al concerto del Primo Maggio a Roma.
«C’è questa prima uscita del Primo Maggio a Roma, occasione in cui presenteremo “Stella cometa” e “Alta velocità”, perché vogliamo fare ascoltare questa nostra nuova veste. Il nostro intento è quel di far capre al pubblico quello che siamo diventati, quello che stiamo facendo e quello che vogliamo fare. Il concerto del Primo Maggio è una grande occasione perché è un palco fantastico, pazzesco che abbiamo calcato due anni fa e non vedo l’ora di tornarci».
Seguiranno altri live nel corso dell’estate?
«A breve faremo l’annuncio del tour, quindi stiamo solo aspettando il momento giusto per presentare le date. Vogliamo girare l’Italia il più possibile, in qualsiasi posto perché abbiamo proprio bisogno di suonare e avere il contatto con le persone».
In programma solo date in Itali o anche all’estero?
«Al momento solo l’Italia, però allo stesso tempo possiamo dire che il tour mondiale ha lasciato molte vibrazioni positive, quindi c’è la possibilità di tornare in alcuni posti. Stiamo valutando bene, per la fare la cosa più giusta possibile».
Dal 2004 ad oggi ne avete fatta di strada. Qual è il vostro punto di forza che vi tiene uniti e vi porta ad andare avanti in questo settore?
«La musica non la scegli, ti nasce dentro, è una vera e propria vocazione. Il gruppo è composto da sei elementi. Siamo una grande famiglia, con tutte le difficoltà che si possono vivere. Fare andare d’accordo sei persone non è cosa semplice, però allo stesso tempo quando tutto va bene è sempre una grande festa anche sul palco. Il nostro riferimento spesso sono gli Arcade Fire, che sono tantissimi, e fanno dei live strepitosi. Se pur l’Italia è più piccola, a noi piace avere questa grande famiglia e puntare tutto sui live. Amiamo suonare dal vivo, infatti facciamo concerti da tanti anni. Quindi è forse quell’elemento di forza che ci permette di andare avanti e puntare sempre a nuovi obiettivi».
Siete reduci da Sanremo Giovani World Tour. Com’è andata questa esperienza?
«È stata una figata spaziale perché il giorno prima stavamo a Tokyo e il giorno dopo a Sydney, pioi Buenos Aires. Abbiamo toccato tutti gli oceani. È stata un’esperienza formativa, ci siamo trovati di fronte ad un pubblico che non ci conosceva, quindi ci ha fatto tornare ai nostri inizi, a quello che succedeva intorno al 2013 2014, quando stavamo cominciando a farci conoscere in giro e c’era questa bellezza della novità. Il pubblico è stato caloroso. Quello che posso dire è che abbiamo cercato di mangiare anche italiano, anche se in alcune città abbiamo gustato delle vere prelibatezze. Abbiamo dormito pochissimo, con tre o quattro fusi orari, è stato quasi impossibile avere un rapporto con il sonno».
Quanti gironi è durato?
«18 giorni. Abbiamo fatto la prima tappa a Roma, la seconda a Tunisi, terza Tkyio, quarta Sydney, Buenos Aires, Toronto, Barcellona e Bruxelles».
Quali sono i vostri prossimi progetti?
«Siamo già a lavoro per un nuovo album. Quando viene pubblicato un disco solitamente si sta già lavorando a un nuovo. Oltre a quello stiamo lavorando sui live per migliorare lo spettacolo e portarlo ad un livello superiore e allo stesso tempo facciamo delle sperimentazioni per cercare di trovare un sound innovativo che possa staccare su tutto il resto. Lavoriamo moltissimo e questo sia una cosa molto importante per chi fa questo mestiere, indipendentemente dai risultati che in un anno possono arrivare, l’anno dopo no, ma comunque bisogna scrivere, scrivere e lavorare».