«I premi indicano che anche gli addetti ai lavori riconoscono il valore e l’impegno professionale di un artista, ma è l’affetto, la stima del pubblico che ormai mi segue da tanti anni il premio più bello»
Proseguono gli impegni per Roberto Chevalier, uno dei migliori doppiatori e direttori del doppiaggio italiano, che di recente ha diretto due film Netflix Players e Your Christmas or Mine, e prossimamente doppierà ancora Andy Garcia. E in veste di doppiatore ufficiale di Tom Cruise è tornato a prestargli la voce in Top Gun: Maverick. Per la sua brillante carriera ha ricevuto 35 premi, tra cui il Leggio d’Oro e due Nastri d’Argento.
Come attore cinematografico ha recitato per la prima volta a 6 anni, nel 1958, nel film Giovani mariti del regista Mauro Bolognini, interpretando il piccolo Checchino. Quali aneddoti le riaffiorano ripensando a quel film?
«In realtà il film l’ho girato nel 1957 ed è uscito nel 1958. Mi ricordo la grande signorilità e gentilezza di Bolognini, Antonella Lualdi che mi avvolgeva nella sua pelliccia prima di girare (era inverno e doveva sembrare estate e avevamo abiti leggeri), era anche il debutto della Guarnieri che mi fece una bella dedica su una foto di scena: “A Checchino senza denti, sperando che questo film ci porti fortuna”. Checchino era il nome del mio personaggio e a me erano caduti i dentoni davanti! Questo film ha portato fortuna ad entrambi!»
Tra il 1974 e 1976 è stato diretto dal regista Vittorio Sindoni nelle tre commedie Amore mio non farmi male, Son tornate a fiorire le rose, Per amore di Cesarina. In Amore mio non farmi male era il protagonista. Cosa ha rappresentato per lei interpretare Marcello Foschini?
«É stata una bellissima esperienza, Sindoni aveva scritto il soggetto pensando a me ed è stato un ottimo regista. Io ero un po’ spaesato nelle scene d’amore, non ne avevo mai girate a letto e all’epoca era tutto più imbarazzante anche se molto soft. Oggi si fanno ben altre scene sui set, molto spinte».
Tra i protagonisti di queste tre pellicole di Sindoni c’era Walter Chiari. Quali ricordi conserva di lui?
«Non ne ho un bel ricordo. Era in apparenza molto affabile, ma quando dovevamo girare il terzo film insieme disse: “Non posso girare sempre con gli stessi attori” e sperava che Sindoni mi sostituisse, dato che non era un ruolo obbligato. Ma Sindoni non mollò. Però quando dovevamo girare il seguito di “Amore mio non farmi male” Walter convinse Salce e la Cortese a chiedere a Sindoni di spostare l’ottica del soggetto: prima doveva essere sempre coi due giovani nel ruolo di protagonisti alle prese col diventare genitori, poi invece fu incentrato sui Nonni ancora giovani e vogliosi. Lì Sindoni dovette cedere, voleva fare il seguito del primo film e non aveva molta scelta».
Come attore televisivo ha interpretato uno dei personaggi de Il giornalino di Gian Burrasca, con Rita Pavone, diretto da Lina Wertmüller. La commedia musicale è stata uno degli sceneggiati di successo della RAI negli anni sessanta. Quanto è stato entusiasmante il suo ruolo?
«Il mitico Gigino Balestra! Mi sono divertito molto a recitare, cantare e ballare con la Pavone. Poi c’era un cast formidabile e una regista coi fiocchi».
A 13 anni diventa il protagonista dello sceneggiato televisivo David Copperfield, interpretando David da ragazzo. Era giovanissimo, come ha vissuto la notorietà?
«Sono sempre stato timido e riservato e tutta quella notorietà mi fece piacere dal punto di vista professionale, ma mi imbarazzò nella vita di tutti i giorni. Ricevevo centinaia di lettere, avevo rubriche di posta sui giornali per ragazzi e una coetanea scappò di casa per conoscere me, il suo eroe. Aveva una brutta situazione familiare e cercava conforto. Coi mie genitori la affidammo alla polizia e le feci una bella dedica su una foto».
È uno dei migliori doppiatori italiani. E dal 1986 presta la sua voce a Tom Cruise. Nelle diverse prime cinematografiche vi siete incontrati e Cruise l’ha ringraziata. In occasione di Top Gun: Maverick vi siete rivisti?
«Purtroppo non è venuto alla presentazione in Italia, cosa insolita per lui. Spero di incontrarlo se verrà l’anno prossimo alla prima di Mission impossible 7».
Ha ricevuto nel 2006 il premio Leggio d’oro per la miglior interpretazione maschile dell’anno per il doppiaggio di Tom Hanks ne Il codice da Vinci. I premi rappresentano il giusto riconoscimento per il lavoro svolto in maniera eccelsa?
«A tutt’oggi ho ricevuto più di 35 premi. Oltre al Leggio d’oro, 2 nastri d’argento (1 per aver doppiato Eric Bogosian in “Talk Radio – 1 per aver doppiato Tom Cruise in “Magnolia”). A “Voci nell’Ombra” sono stato premiato per aver doppiato Philip Seymour Hofmann in “Truman Capote – A sangue freddo” e ne ho ricevuti molti altri anche per le direzioni di doppiaggio in vari eventi. I premi indicano che anche gli addetti ai lavori riconoscono il valore e l’impegno professionale di un artista, ma è l’affetto, la stima del pubblico che ormai mi segue da tanti anni il premio più bello».
È stato direttore del doppiaggio di circa 400 film. Quale le ha dato maggiori gratificazioni a livello professionale?
«Senza dubbio “Moulin Rouge”. Baz Lurmann chiese tre provini per ogni ruolo principale e scelse tutti quelli per i quali, come direttore, io avevo espresso la preferenza. Quando venne al Teatro Sistina per controllare che tutto fosse ok per la prima, ascoltando il doppiaggio disse: “É fantastico, l’edizione migliore di tutte”».
Anche i suoi figli David e Fiore sono doppiatori. È felice per la loro scelta?
«Sì, certo. Doppiava anche Arlena e con risultati lusinghieri, poi ha deciso di smettere. Vedremo Fiore cosa deciderà di fare in futuro, per ora l’unico professionista di successo è David. Sono molto orgoglioso dei miei figli».