Artista poliedrico, Antonio Veneziano, nel corso degli anni si è fatto strada nello spettacolo, partendo dalla musica per poi approdare nel mondo del cinema e del teatro. La passione per per queste forme d’arte ha fatto sì che Antonio potesse arricchire notevolmente, attraverso studi e opportunità lavorative, il suo curriculum artistico. Di recente l’artista ha finito di girare un film distribuito da Rai Cinema, ma i suoi impegni sono veramente tanti. Oltre a far parte del cast di “The mirror” che lo vede protagonista e “Un eretico in Corsia”, entrambi in concorso ai David di Donatello, Antonio Veneziano farà parte anche della serie televisiva “I Bastardi di Pizzo Falcone 3”.
Partiamo dagli esordi. Quando è nata la tua passione per la musica e come si è evoluta?
«Beh… è una storia lunga … Sai, io ho un papà che da quando sono nato mi ha sempre educato al bello ed all’arte. Non lo ha fatto perché covasse qualche desiderio particolare o volesse indirizzare la mia vita e poi carriera professionale in qualcosa di artistico, ma semplicemente perché era il suo modo di essere, di fare e di educare. Immagina un bambino piccolo di 8 o 9 anni a cui viene fatta ascoltare la musica classica e che viene portato nei musei, alle mostre e nelle Chiese. Per esempio la domenica dopo la messa ci fermavamo in chiesa (che ogni volta non era mai la stessa) e mio padre prendendomi per mano mi faceva visitare, ispezionare ed analizzare ogni centimetro dell’edificio, mi parlava dello stile della costruzione mi descriveva i ghirigori, mi parlava degli archi a sesto acuto a volta ecc, mi mostrava l’organo a canne sulla balconata, mi mostrava le tecniche pittoriche dei dipinti e mi traduceva dal latino le iscrizioni sulle pareti. Per un bambino immagina la noia, ma mio padre aveva uno stile tutto suo di raccontare e spiegare ed una passione tale che non potevi dirgli di no. Con quella stessa passione mi portava in giro per le campagne in bicicletta e mi parlava della Natura, sembrava sapesse tutto delle piante, dei frutti, degli insetti, di tutto. E non sai quante volte la mattina veniva a svegliarmi accendendo lo stereo mettendo la quinta sinfonia di Beethoven a tutto volume. Ecco questa sua passione per il bello, per l’arte, per la musica e per la Natura in qualche modo mi è stata trasferita e di lì a poco verso i 12 anni ho cominciato a curiosare da solo scoprendo il mio primo amore che è stata la musica. Ero solito infatti andare in edicola comprare qualche cd di musica classica in uscita con delle riviste, poi correvo a casa, accendevo lo stereo mettevo le cuffie ( per ascoltare bene e non perdermi nulla) e ascoltavo quello stesso cd per un numero illimitato di volte. Anche la notte se mi andava e per giorni, poi quando ne avevo compreso ogni piccolo dettaglio, quando avevo riconosciuto la partitura di ogni singolo strumento allora tornavo in edicola e ne compravo un altro. Ho mantenuto questa forma di studio involontario per qualche anno cambiando generi musicali e stili fino poi a scoprire il canto. Ecco mi ricordo un giorno che guardando la tv e vidi un cantante che presentava il suo nuovo disco, mi pare fosse Zarrillo quella canzone (Cinque giorni che t’ho perso) mi piaceva e mi ricordo che andai a comprare subito il cd. Stessa procedura di sempre, ovvero ascoltarlo fino alla nausea ma questa volta la musica era diversa e potevo canticchiarla assieme a Zarrillo. Ho cominciato così a cantare, canticchiando per emulazione i cantanti che ascoltavo per radio o dei quali avevo comprato un cd. Ecco tutto questo per raccontarti il mio inizio al mondo artistico, perché tutta questa storia poi ha fatto sì che mia madre sotto mia richiesta mi aiutasse a cercare una scuola di canto. All’epoca non’c’era google ma si andava per passaparola e per conoscenze. La prima scuola di canto la trovammo grazie ad un volantino. Era a Casapulla in provincia di Caserta dove la mia prima insegnante di canto fu Jenny Sorrenti la sorella di Alan famosa come cantante di musica Etnica e da lì è cominciato tutto. Da quel momento non ho mai smesso di cantare e sentire buona musica senza esclusione alcuna di genere perché se una cosa è bella è bella indipendentemente dal genere. Infatti non ti nascondo che ho amato molto il rock, il metal per poi passare ai cantautori italiani che hanno fatto la storia e successivamente jazz e swing, non abbandonando mai la madre di tutti i generi ovvero, la musica classica. Per anni della mi giovinezza i Litfiba sono stati il mio idolo che venivano alternati a Guccini, De Andrè, Fossati, Mina, Pino Daniele, Mango, Dalla e Battisti. Col maestro Dalla poi sono stato fortunato perché durante il mio percorso formativo ho avuto la fortuna di conoscerlo e di averlo come insegnante, circa due anni prima della sua dipartita. Devo ammettere che seppur napoletano non avevo mai affrontato le canzoni classiche napoletane che ho riscoperto due anni fa per uno spettacolo ed ho approntato uno studio approfondito sull’origine dei brani e dei suoi autori e me ne sono completamente innamorato perché rimasto folgorato dalla loro bellezza, poesia e ricchezza di immagini e dai colori passionali».
Qualche anno dopo ti sei avvicinato al teatro e nel 2004 sei entrato all’accademia d’Arte drammatica dello Stabile di Trieste. Come è nata questa passione per la recitazione?
«Adesso ti racconto un’altra storia, cercherò di essere breve ma d’altra parte a domanda segue risposta. Se mi avessi chiesto cosa ho mangiato a pranzo ieri avremmo fatto prima. Allora torniamo alla vocazione per il teatro e la recitazione in genere. Siamo rimasti al mio studio del canto, infatti in quel periodo tra i 15 ed i 17 anni cantavo in giro avevo un paio di band con cui facevamo serate, insomma non mi mancava nulla. Un giorno però al liceo una mia compagna di classe su suggerimento della professoressa di Filosofia scrive in qualche modo un testo brillante “una commedia” che parlava in modo ironico, in una sorta di Vaudeville, di tutta la filosofia greca. La prof entusiasta del manoscritto ci propone di metterlo in scena e di presentarlo al preside. Ebbene ecco il mio primo personaggio ero Protagora il sofista. Questa, chiamiamola interpretazione, piacque molto alla prof che mi disse: “Sai Antonio saresti un bravo attore”. Io non sapevo nemmeno cosa fosse un attore e come si facesse a diventarlo. Quello stesso spettacolo piacque davvero tanto al nostro preside che decise di partecipare ad un concorso scolastico di teatro che si teneva in Sicila. Quella è stata la mia consacrazione al teatro in quell’occasione mi venne riconosciuto anche un premio come migliore attore. Però da lì al professionismo c’è un’altra storia che ti devo raccontare. Ti prometto che questa volta è l’ultima. Come ti dicevo, non sapevo che l’attore fosse una professione e non sapevo come si poteva diventare un attore, mi sono buttato quindi dopo quell’esperienza scolastica nell’amatoriale girando compagnie e teatrini di quartiere. Il tempo passa io sto crescendo e devo cominciare a capire cosa voler fare da grande. Ebbene dopo aver studiato canto per qualche anno, dopo aver fatto teatro seppur amatoriale decido che devo arruolarmi. Non intelligente come mossa ma avevo intuito che se fossi entrato in un’accademia militare, mi sarei laureato e avrei trovato un lavoro il tutto contemporaneamente. Arrivando al dunque, studio per entrare nell’Accademia della marina a Livorno dove nell’ultima parte delle prove che si svolgeva lì conobbi una ragazza che non passò le selezioni, ma prima di lasciare l’accademia mi lasciò il suo numero e disse: “io vivo a Udine se passi dalle mie parti chiamami”. Ecco in effetti io non sapevo dove fosse Udine però una volta tornato a casa anche perché ero risultato idoneo ma non vincitore, l’ho chiamata e le ho detto “se vuoi ti vengo a trovare” Ho preso un aereo e mi sono ritrovato in Friuli Venezia Giulia. Salto la parte dove ci siamo innamorati e siamo andati a vivere assieme a Trieste perché lei voleva studiare Biologia marina che a Udine non c’era. Lho assecondata e mi sono ritrovato in questa nuova città. Allora mi dico “ se lei studia io che faccio ? Cerco un lavoro? Vado anche io all’università? Ma che cosa studio?”. Nell’indecisione più totale, cercando dentro di me ritrovo quell’amore per il bello e per l’arte che mi aveva infuso mio padre, decido quindi di iscrivermi a Lettere, dove poi al momento dell’iscrizione mi offrono la possibilità di seguire l’indirizzo “spettacolo” (quello che poi dopo chiamarono Dams). Ero felicissimo perché avrei studiato le materie che amavo da sempre. Fin qui tutto normale. Il giorno di presentazione del corso di studi in facoltà, una volta varcata la soglia dell’aula, mi rendo conto che i banchi sono tappezzati di volanti, mi siedo e ne prendo uno e leggo “Accademia Teatrale del teatro Stabile privato di Trieste, formazione professionale per attori”. Non sapevo cosa o chi cercassero, sta di fatto che sono corso fuori dall’aula ed ho subito chiamato, e loro mi hanno detto che di lì a poco avrebbero fatto delle audizioni per ammettere al corso di studi 15 giovani aspiranti attori.. Inutile dirti che mi sono preparato e che l’esito dell’audizione è stato positivo. Quindi per fartela breve la propensione al teatro come quella della musica le ho coltivate da bambino in modo passivo, ossia non ho scelto io di dedicar mici ma la mia educazione, la mia indole e predisposizione hanno fato si che fossi preparato e portato a questa professione…poi tu ci credi nel destino? Io ho cominciato a farlo perché tutto quello che ho fatto e quello a cui ho rinunciato mi hanno condotto a quello che sono oggi. Quindi io da credente ti dico Dio è grande e vuole che faccia questo. La mia non è una passione ma una vocazione o se vogliamo essere più diretti una necessità».
Oltre allo studio, ci sono degli spettacoli a cui ha preso parte?
«Certamente. Non ti nascondo che ho cominciato a lavorare già mentre frequentavo i corsi accademici. Ero un attore giovane e bravo, almeno così dicevano e da subito dopo circa un anno di formazione ho cominciato a prendere parte a piccoli produzioni dello Stabile e di alcuni teatri regionali. Chiaramente ho fatto di questa formazione la mia formazione e quindi l’unica forma di sostentamento e dall’uscita dall’Accademia ho sempre lavorato. È chiaro che ci sono state produzioni e collaborazioni importanti che mi hanno gratificato e segnato, come quella con Gabriele Lavia, successivamente ho avuto il piacere ed onore di lavorare per il Maestro Luca Ronconi dal quale ho appreso davvero molto e poi come dimenticare la tournée internazionale con Agelica Liddell che mi ha fatto calcare i più grandi palcoscenici di tutta Europa.Ma il mio cuore l’ho lasciato a Parigi all’Odeon dove per 20 repliche più di mille spettatori a sera erano lì pronti ad applaudire o criticare il lavoro di Angelica regista performer visionaria. Non ti dico poi come venivi trattato. In Francia gli attori sono definiti artisti e gli viene concesso ogni tipo di coccola e confort, mancava solo il tappeto rosso all’ingresso del teatro e poi i cachet da capogiro, nemmeno voglio ricordare che mi viene la malinconia. Insomma dal 2004 ad oggi ho collaborato e mi sono prestato in innumerevoli spettacoli con grandi produzioni e non ti nascondo che nei momenti bui della carriera, che sempre arrivano per chi fa questo mestiere, pur di lavorare ho fatto qualunque cosa, come lavorare in radio, ho fatto l’animatore e sempre apprezzato».
Pochi mesi fa sei stato a Venezia, all’Accademia teatrale Veneta, per un master sulla Commedia dell’arte con l’Arlecchino nazionale del Maestro Bonavera. Ci parli di questa esperienza?
«Ho la fortuna di avere un grande amico che vive a Venezia, uno dei fondatori dell’Accademia teatrale Veneta, uno dei più grandi esponenti della Commedia dell’Arte in Italia, che quando ha saputo che ero stato selezionato per il master mi ha invitato a casa sua e sorpresa delle sorprese aveva deciso di ospitare un altro suo caro amico, il maestro Enrico Bonavera. Alla fine quindi io mi sono trovato a vivere pranzare e cenare col maestro per più di una settimana e la formazione più interessante era il dopo cena dove raccontava esperienze professionali di inestimabile valore. Perché questo mestiere è fatto non solo di formazione ma si apprende attraverso l’esperienza di vita dei maestri e spesso si impara più che da una lezione, da un racconto. Io ed Enrico Bonavera abbiamo legato molto e ti posso garantire che il bagaglio trasmesso è enorme. Inoltre ci ha fatto lavorare non soltanto sulle maschere e sulla costruzione delle stesse, che posso assicurare essere un lavoro estenuante sia dal punto di vista fisico che psicologico, ma ci ha regalato delle perle che a me sono servite e servono per la costruzione dei personaggi che porto al cinema. Un’esperienza da rifare! Lui tra l’altro segue il mio cammino da attore cinematografico, fa il tifo per me e spesso mi dice: “Dai…diventa famoso così potrò dire di essere stato il maestro di Antonio Veneziano” e dicendo questa frase bonariamente se la ride».
Come stai vivendo questo periodo particolarmente difficile?
«Guarda tocchiamo un tasto dolente e in questa risposta perdonami se sarò breve, ma la situazione per i lavoratori dello spettacolo è critica davvero tanto. I teatri sono chiusi e Dio solo sa quando riapriranno idem dicesi per i cinema. Se non avessi cominciato a fare cinema e televisione ed avessi continuato col teatro adesso sarei a casa a disperarmi. Il cinema offre una possibilità di lavoro ma non è tutto oro quello che luccica. Le produzioni sono in numero inferiore e la concorrenza è tantissima e spietata per ottenere un lavoro ti fanno fare anche 3/4 provini. È una situazione estenuante ma ringraziamo sempre che in qualche modo si riesce ad andare avanti».
Qual è stato il film che ha visto il tuo esordio e quale era il tuo personaggio?
«Adesso non ricordo bene l’anno ma nel 2007/2008 mi contatta un amico Umberto Del Prete che mi propone di fare un film con lui. Sai io ero scettico ero a Bologna a fare uno spettacolo, ma mi chiede di tornare quanto prima per girare. Appena mi libero corro a Napoli ed Umberto mi propone come lo chiamava lui un “cinecasatiello” e non un cinepanettone…io sorrido e dico Umberto ma sei sicuro di fare questo film? non ti sembra di andare oltre le tue possibilità e competenze? Ebbene lui ha voluto farlo ed io ero nel cast, ovviamente mi ha chiesto di collaborare amichevolmente perché non aveva un grande budget… ed ecco che nasce “Dov’è L’amore?” qui in un ambientazione improbabile il film parla di un liceale che non riesce a trovare la fidanzata…io sono uno dei suoi compagni di classe che lo supporta/sopporta e che lo prende in giro. Ti dirò che ci siamo divertiti e che il film poi è piaciuto ed andato al cinema, certo in Campania, ma tutti lo avevano visto. Mi ha fatto piacere lavorare con Umberto ci siamo divertiti ed poi per me era la prima esperienza cinematografica e quindi per me è stata una sfida, anche perché il personaggio era un ruolo comico brillante, mentre io avevo solo affrontato ruoli impegnati e drammatici, quindi doppia sfida, ma bella esperienza. Dopo quel film sono tornato a dedicarmi al teatro snobbando il cinema che poi è ritornato nella mia vita due anni fa».
Sarai presente anche nel cast de I Bastardi di Pizzo Falcone 3. Ci parli di questa esperienza? Sarai presente in tutti gli episodi? Qual è il tuo ruolo?
«i hanno chiamato per girare e finalmente arriva il giorno di riprese. Ecco qui comincia la magia di questo lavoro. Vado sul set ed incontro Alessandro Gassmann che viene da me per presentarsi con grande umiltà. Io rimango allibito perché diciamocelo lui è Gassmann ed io uno qualunque… vabbè poi ci prendiamo un caffè assieme e mi dice:“ti andrebbe di ripassare la scena? Sai preferisco studiare prima di girare almeno così abbiamo il modo di conoscerci professionalmente”. Ed io chiaramente ho accettato, ma detto tra noi è normale farlo, non era normale se te lo chiede uno come Gassmann. Quindi dicevo ho accettato ed abbiamo provato un paio di volte, poi ci siamo preparati una stretta di mano e ciak ci si gira. Dopo le riprese grandi complimenti, ci siamo scambiati i numeri e ci siamo promessi che si saremmo visti presto a qualche festival del cinema. Non so cosa dire di più ero l’uomo più felice del mondo. Non posso dirvi però quale personaggio ho interpretato ma posso dirvi che ho dato l’indizio chiave per risolvere il caso».
Sei tra i protagonisti di “The Mirror” in concorso nella sezione dedicata ai film italiani dei David di Donatello 2021. Cosa hai provato quando ti hanno dato la notizia?
«rande gioia ovviamente ma anche paura perché grandi sono i riconoscimenti e grandi sono i sacrifici e le responsabilità. Mi hanno detto che siamo in concorso e non candidati questo cambia tutto, ma cerco di essere positivo e spero in una candidatura come miglior attore…non voglio altro».
The Mirror è un film tratto da una storia vera. Ci parli del tuo personaggio?
«Quando ti affidano ruoli di un certo peso, come quello del protagonista maschile, inevitabilmente percepisci grande soddisfazione ma al contempo subisci il colpo, perché sai che è una grande responsabilità. Sono sincero se dico che è la prima volta al cinema che mi viene chiesto di espormi con un ruolo del genere, ma soprattutto con un personaggio come quello di Marco che è lontano anni luce da me. Nel film Marco è il marito di Manuela e se all’inizio del loro rapporto tutto va bene in questa fase della loro vita si allontanano. Marco persegue una vita lussuosa che lo assorbe a tal punto da rischiare un collasso della sua vita familiare. Diventa egocentrico e narcisista e dimentica i valori che erano i capisaldi del suo rapporto. E sebbene io abbia avuto una vita a tratti infelice, per restare ottimista. È stato difficile lavorare e cercare dentro di me un lato che fino ad oggi non avevo mai visto. Sicuramente questa è stata la difficoltà più grande, ma con qualche notte insonne ed i saggi consigli della regista abbiamo forse raggiunto l’obiettivo. È stata un’emozione continua ed una sfida quotidiana. Avevo una carica energetica infinita. L’adrenalina non mi faceva dormire ed ero perennemente eccitato. Adesso sta al pubblico giudicare. Io ad essere sincero non mi sono ancora visto».
In concorso sempre ai David di Donatello un altro film che ti vede nel cast, “Un eretico in Corsia”, dove interpreti il medico chirurgo che opera e salva la vita del protagonista. Ce ne parli?
«Un film davvero interessante. Sono stato chiamato per questo ruolo davvero importante ma all’inizio volevano una persona più adulta di me, un attore sui 40/45 anni ed io ne ho giusto 10 in meno, ma il regista dopo avermi fatto il provino ha voluto me e soltanto me. Il ruolo è quello di un chirurgo che opera per più volte il prete Alberto Maggi. Questo medico poi si affeziona a tal punto al prete che subisce una sorta di conversione in Cristo.
In un primo momento il medico è duro e distaccato ma pian piano si avvicina al prete che lo accoglie come padre e lo porta alla conversione. Le scene sono molto commoventi e di impatto spero piaccia a gli spettatori. Per adesso mi godo i complimenti degli spettatori che lo hanno visto in esclusiva e di Alberto Maggi in persona che mi chiama ogni qualvolta vede il film perché nelle mie scene si emoziona e commuove. Spero che la critica sia positiva e che venga riconosciuto al film il valore umano e sociologico che detiene».
Ci sono anche altri progetti a cui stai lavorando?
«Certo. Adesso sto lavorando ad uno spettacolo prodotto da più teatri in Friuli Venezia Giulia con la regia di Massimo Navone su Dante Alighieri dato che quest’anno si ricorda il sete centenario dalla scomparsa del padre della lingua italiana. Poi sono stato contattato per alcuni progetti che si dovranno girare nei prossimi mesi e sono due film come protagonista, uno di cui prodotto da Bollywood. E mi godo da spettatore il risultato dei David. Non dimentichiamo che TheMmirror presto sarà su Amazon Prime e che Un eretico in corsia è su Chili- Poi aspetto anche l’uscita del Legionario distribuito da Rai Cinema che quest’anno dovrebbe andare a Venezia. Cosa dire di più? Come direbbe Paolo Villaggio “ io speriamo che me la cavo”.