“Gattocane” è il nuovo album del cantautore UAH. L’album è distribuito da Disordine Dischi. Artista misterioso e intrigante. si distingue per la sua volontà di rimanere nell’ombra evitando l’esposizione mediatica. In un’epoca in cui l’immagine e l’ossessione per l’apparire dominano la scena musicale, UAH ha scelto di mettere al centro la sua musica e i testi senza alcun desiderio di protagonismo superficiale. UAH crea le sue canzoni durante lunghi viaggi in auto, soste in autogrill e trascorrendo ore in solitudine nel suo garage. È in questi momenti, circondato da un’atmosfera intima e privata, che trova l’ispirazione per i suoi testi profondi ed emozionanti. In questa intervista emerge la sensibilità e l’amore che ha per la musica, e che riesce a comporre e donare al suo pubblico, senza palco e senza riflettori. A lui abbiamo chiesto del perché tanto mistero dietro al suo personaggio, per poi parlare della sua ultima fatica discografica: “Gattocane”.
UAH (UnleashAnemaHit), perché tanto mistero? Vorrei che ci raccontassi il motivo del non voler apparire. Parlaci di te, non esponendoti troppo, a questo punto.
La musica non ha bisogno di una faccia, ha bisogno di cuore, di un’anima ben collegata alle orecchie, e questo vale per chi la fa e per chi l’ascolta. Le persone possono arrivare a conoscere la parte migliore di me ascoltando i miei brani piuttosto che frequentandomi, conversando con me per intere settimane. Del resto, in vita mia, non ho mai avvertito la sensazione di dare il mio massimo attraverso le comuni forme di socialità, anche per questo ho cercato una nuova via per aprirmi agli altri, per mostrare quello che ho dentro, quello che nascondo sotto un’apparente normalità.
Ci sono degli artisti che, come te, hanno deciso di non apparire, non ti manca il contatto diretto con il pubblico?
Se mi manca il contatto “diretto” col pubblico, nel senso di contatto “fisico” non lo so, non conosco l’effetto, però ti voglio dire che il contatto che avviene tra me e il pubblico, nella musica, non lo definirei indiretto: in fondo siamo come compagni di viaggio, sentiamo qualcosa di noi che si riflette in una canzone e questo ci unisce profondamente.
Lo scorso 19 maggio è uscito “Gattocane”, il tuo primo Full-lenght composto da nove brani. Quale è il metodo compositivo dei tuoi brani? A cosa ti ispiri?
Le mie canzoni, non so perché, nascono tutte quando sono in movimento dentro la mia automobile. A volte non sono nemmeno solo, e quindi faccio il possibile per favorire una più rapida fuoriuscita degli altri occupanti, perché le idee vanno registrate, anche con mezzi di fortuna, quando sono fresche; nel mio caso, è necessario trovarmi in perfetta solitudine, allora mi fermo in un parcheggio, a provare, a riprovare. Questa è la fase di approvvigionamento di idee, poi si esce dalla macchina e si passa dietro una scrivania, per lavorare le idee grezze. Alla fine c’è il trattamento più importante, che avviene in sala, con il mio amico-producer Dino Barretta, con il quale fino a notte fonda ci soffermiamo sui dettagli, alla ricerca delle emozioni da catturare, per noi e per chi ascolterà i brani. Ci sono anche altre collaborazioni consolidate che vorrei menzionare come quella con il chitarrista, Vince Carpentieri, con Vincenzo Notaro e Valeria Nazzaro di Officina Mirabilis, che cura l’aspetto comunicazione. Per quanto riguarda l’ispirazione, è qualcosa di molto personale, intimo, che devi seguire, scoprire dove ti porta, le vie, i sentieri che ti offre, e poi sta a te decidere quali seguire: i più battuti, i meno battuti, i meno sicuri o addirittura quelli interdetti.
Perché “Gattocane”? Quale significato hai inteso dare al titolo?
Ci sono mille motivi, mi viene difficile restringere il campo a quelli più importanti, sono tutti importanti. Gattocane è una parola che ti fa pensare a un mondo fiabesco, o almeno al protagonista di una fiaba, che non conosci, non hai mai sentito. È in parte gatto e in parte cane, questo è già un grosso conflitto: in lui convivono aspetti e caratteristiche di due specie che tradizionalmente non si amano, e che si trovano a vivere in un solo essere, il Gattocane, che è appunto l’espressione dell’equilibrio raggiunto tra due nature così distanti e apparentemente inconciliabili. Con questi elementi, con l’ascolto dell’album si potrebbe arrivare a dare un’interpretazione di tutto il lavoro, ma, alla fine, le opinioni, le interpretazioni che contano sono quelle dell’ascoltatore, non le mie. Il lavoro dell’artista secondo me finisce una volta consegnato il materiale…
Ogni artista ha una fonte ispirativa, dove nascono le tue?
Ho speso molto tempo, e ancora ne spendo tantissimo, ad osservare ciò che mi circonda, i vari tipi umani, le persone singole, come sono fatte dentro, quando sono sole, quando sono in gruppo. Potrebbe essere proprio l’osservazione la mia principale fonte di ispirazione.
La tua musica è un intrigante mix di sonorità, un cantautorato contemporaneo con influenze di vari generi: sonorità indie, Pop con incursioni Elettro e Rock, in che modo riesci a coniugare stili così diversi?
Tutti abbiamo una sensibilità musicale che scaturisce in buona parte dalla musica che abbiamo ascoltato. Io ne ho ascoltata tantissima. Le ‘influenze’non hanno nulla di calcolato, vengono fuori in modo naturale, non sono ‘fissato’ con un genere musicale, né come autore né come ascoltatore. Una canzone può essere intesa come un piccolo viaggio, e a volte, quando si viaggia, è anche bello sentirsi scaraventati indietro nel tempo…
Quali tematiche riscontreremo nei tuoi testi, e a quale tipo di pubblico è rivolto il disco?
Quello che cerco di fare è osservare le cose da vicino, da un punto di vista anonimo, quasi cercare di fotografarle, ma da vicino, senza allargare l’obiettivo. Il pubblico a cui mi rivolgo? Su questo aspetto non ho mai avuto dubbi, sin dall’inizio: mi rivolgo a persone simili a me da un punto di vista emotivo; cerco di attirare ‘tipi umani’ di quella specie cui sento di appartenere anch’io. Più che rivolgermi principalmente a queste persone sarebbe corretto dire che le sto cercando.
Il tuo lavoro discografico è una ricerca di sogni perduti? Cosa significa?
Mi piace questa definizione, molto bella! Se i sogni perduti si possono andare a cercare, vuol dire che non erano veramente perduti… Forse è questo il significato, ma non lo so: la frase non l’ho detta io…
C’è un filo conduttore tra i nove brani che compongono l’album? Quale, se c’è?
Un filo conduttore c’è sempre, ma non è che si spiega… O si percepisce oppure no. In questi casi le istruzioni dell’autore non portano a niente di buono; il pubblico deve ascoltare in purezza, senza condizionamenti, soprattutto dall’autore.
Progetti per il futuro?
Continuare a scrivere canzoni. Domani chi lo sa…