Il rapper e cantautore milanese Andrea Mietta, in arte Peligro, torna con un nuovo singolo, dal titolo Alibi (Maqueta Records, distribuito Artist First), disponibile in radio e in digitale. Il brano sarà inserito nel prossimo EP The Ikigai Series Vol. 1, in uscita, prodotto da Marco Zangirolami.
Alibi (scritto da Peligro e composto da Marco Zangirolami) è un brano dalle sonorità elettroniche, in cui il rap si intreccia al pop. Il testo parla delle complicazioni che spesso siamo chiamati ad affrontare, per raggiungere un determinato obiettivo. Alibi è un incoraggiamento a non usare pretesti, per giustificare l’insuccesso dei nostri progetti.
Alibi il tuo nuovo singolo è un invito a superare gli ostacoli, evitando di nasconderci dietro a delle scuse, per giustificare i nostri fallimenti. La vita spesso ci chiama a fare dei sacrifici.
«Sì, certo. Dipende sempre cosa c’è dall’altra parte della bilancia, ossia se vale la pena fare quei sacrifici, valutando tra quello che si è disposti a perdere e ciò che si vuole ottenere».
In quale momento hai avvertito il bisogno di esprimere questi pensieri in musica?
«Alibi nasce da una necessità artistica che porto avanti da parecchio tempo, ossia una continua ricerca dell’equilibrio dei suoni. È il primo brano nel quale ho cercato di dare una nuova forma di creazioni, il frutto di una ricerca sonora, per trovare la giusta armonia, e cercare di raggiungere l’equilibrio perfetto tra il rap e il pop. Per quanto riguarda il testo, scrivo sempre ciò che penso, man mano che le idee si sviluppano».
Il video è stato girato in un cinema abbandonato. La struttura fatiscente è il simbolo di un progetto incompiuto?
«Mi piace pensare che questa atmosfera singolare sia la proiezione di come il mondo apparirebbe, qualora continuassimo a nasconderci dietro ai nostri alibi. Un mondo distrutto e abbandonato, dove nessuno si prende le proprie responsabilità».
Alibi farà parte del nuovo EP The Ikigai series Vol. I. Il termine giapponese Ikigai vuol dire ragione di vita. Perché hai scelto questo titolo?
«Ikigai è l’intersezione tra professione, vocazione, passione e missione, il punto in cui queste quattro parole si intersecano rappresenta l’Ikigai. Però al contempo, per me l’Ikigai è anche l’equilibrio, basti pensare al simbolo dell’Ikigai raffigurato da quattro cerchi che si intersecano, creando una simmetria meravigliosa. Quindi, da un lato l’Ikigai rappresenta la ragione di vivere, nel mio caso intendo naturalmente la musica, dall’altra parte l’Ikigai è l’equilibrio che si crea nel cercare sempre l’armonia tra i vari elementi che compongono e accomunano le mie creazioni».
Il brano Quanto ti costa, inserito nel precedente EP Respiro, consiglia di non arrendersi di fronte alle difficoltà.
«Il brano, prodotto dal mio precedente produttore Hernan Brando, fa parte di uno step precedente al percorso che sto affrontando adesso. Il pezzo, anche se pop, mantiene quella radice urban, con le percussioni del classic rap. Un brano positivo che trasmette positività ed energia».
Quando ti sei avvicinato al rap?
Nel 2005, avevo appena iniziato le scuole superiori, erano gli anni del ritorno nel mainstream, del rap italiano, gli anni di Mondo Marcio, Fabri Fibra. Era una rivoluzione dal punto di vista musicale. Le nuove generazioni scoprono, da sempre, musiche che sono in controtendenza rispetto alla musica che ascoltano i propri genitori. Lo scontro generazionale tra suoni c’è sempre stato, sin dai tempi di Elvis. Il rap è arrivato nel momento giusto, nell’età giusta, il genere di musica che mi avrebbe accompagnato negli anni».
Quindi Mondo Marcio e Fabri Fibra sono gli artisti che ti hanno ispirato ed influenzato?
«Sì, da loro sono partito per poi iniziare un viaggio di ricerca nel mondo del rap, tra sonorità e stili. Agli inizi ho trovato ispirazione ascoltando anche Bassi Maestro, Ghemon, il gruppo hip hop Huga Flame e i Gemelli DiVersi, cominciando, così, ad accumulare un bagaglio musicale che mi è servito».
Hai partecipato a tanti eventi. Quale ha lasciato un’impronta nel tuo percorso artistico?
«Due rassegne importanti, il Festival Show e il Deejay On Stage, perché sono state le cornici nelle quali per la prima volta, mi sono ritrovato ad esibirmi di fronte a migliaia di persone. Ricordo ancora l’emozione che ho provato quando ho cantato, accompagnato da un’orchestra, al Festival Show».
Come stai vivendo questo periodo in cui non può esibirti ed esprimerti su un palco?
«Sento la mancanza del live come tutti, c’è un senso di vuoto. Nonostante mi senta coinvolto dal lavoro in studio, mi manca il contatto con il pubblico e le prove prima di una serata. Non vedo l’ora di ritornare su un palco».