L’attore e regista Luca Pizzurro, di recente ha portato in scena, nell’ambito del Campania Teatro Festival il suo ultimo spettacolo dal titolo Alluccamm, da lui scritto e diretto. Lo spettacolo, tratto dal suo omonimo libero, vede in scena gli attori Andrea Fiorillo, Mauro Collina. Le musiche originali sono di Enzo Gragnaniello, i costumi di Graziella Pera, le coreografie di Luana Iaquaniello e le scenografie di Fabrizio Piergiovanni. Abbiamo intervistato Luca Pizzurro, il quale ci ha raccontato alcuni particolari del suo spettacolo e i prossimi progetti in cui sarà impegnato.
È andato in scena nell’ambito del Campania Teatro Festival, lo spettacolo Alluccamm, scritto e diretto da te. Com’è nata l’dea di mettere in scena uno spettacolo su Napoli?
Il Teatro appartiene alla mia vita da vari punti di vista, sotto diversi aspetti. Ho fatto l’attore per moltissimi anni, mi sono dedicato alla regia molto presto, ed ho cominciato a scrivere quasi per gioco. Ma per ogni aspetto di questo variegato mestiere ho sempre cercato l’autenticità di ciò che facevo. Oggi all’età di 44 anni raramente mi capita di fare l’attore e le mie attività primarie sono diventate la regia e la scrittura. L’incontro con la città di Napoli, avvenuto quattro anni fa, mi ha spalancato le porte verso una realtà sfacciatamente autentica. Ho cominciato a vivere a Napoli, ho imparato a destreggiarmi nelle tante contradditorietà della città, ho preso le misure con lo spazio e con il tempo e circa un anno fa ho deciso di rendere omaggio a questa straordinaria città scrivendo ALLUCCAMM.
Lo spettacolo è tratto dall’omonimo libro dito da Gremese. In cosa si differenzia lo spettacolo dal libro?
«ALLUCCAMM ha una storia molto articolata, che parte dalla seconda guerra mondiale, concentrandosi sulle quattro giornate di Napoli e sprofondando nelle vicende intime e personali di due femminelli che hanno vissuto quel periodo e contribuito alla liberazione del popolo napoletano dalla occupazione nazista. Fin da subito ho sentito l’esigenza di scrivere una storia grande attraverso gli occhi di uomini piccoli. Quando l’Editore Gremese ha dimostrato l’interesse per la storia, che allora era poco più che un soggetto, ho capito che tutto quello che avevo dentro, tutti gli avvenimenti storici, i dettagli, per me sostanziali, le variegate sfumature degli animi delle protagoniste, potevano trovare, in forma di libro, una loro collocazione ideale, che, per questione di tempi, non poteva essere così dettagliata nella forma teatrale. Pertanto il libro potrebbe essere definito una forma più completa del racconto».
Protagoniste della storia Dolores e Jolanda, due personaggi molto diversi tra loro, ma con una propria identità e una propria personalità. Come sono nati? Hai preso ispirazione da persone che hai realmente conosciuto?
«ALLUCCAMM ha richiesto un periodo di gestazione piuttosto impegnativo. Oltre allo studio analitico del momento storico, ho ritenuto necessario immergermi nei luoghi, come la Masseria Pagliarone, o i quartieri spagnoli, che sono stati luoghi cardine della rivolta, per cercare di capire cosa di allora era ancora oggi sopravvissuto. I luoghi sono profondamente cambiati, ma non l’atmosfera che li anima. Camminando per Vico Lungo Gelso, ho provato a sentire il rumore degli scarponi dei tedeschi, ho visto sul muro di fronte ai bassi, l’intonaco annerito dai carboni, dalla brace che si accendeva per cucinare quel poco che c’era da mangiare. E lì ho incontrato persone, mi sono immerso nelle storie di transessuali che ancora abitano il Vico, prima fra tutte la straordinaria Tarantina, che con grande disponibilità ed affetto mi ha condotto alla scoperta di un mondo straordinariamente autentico. Jolanda e Dolores sono due personaggi di fantasia che hanno avuto la forza di nascere grazie alle strette di mano, agli sguardi, ai sospiri, i sorrisi della Tarantina e di chi, come lei, ha trovato nella parola “femminello”, una casa, un posto sicuro dove sentirsi liberi di esprimere la propria identità».
Lo spettacolo come anche il libro è scritto in lingua napoletana. Quanto è stato difficile per te che sei romano?
«Il tema del linguaggio scelto è stato un’avventura all’interno del grande viaggio della storia. Da romano ho avuto bisogno di grandi consulenze, a partire dalla mia compagna, agli amici, che, a qualunque ora del giorno e della notte, mi suggerivano un vocabolo, mi traducevano un modo di dire. Il Napoletano non è un dialetto, è una lingua, con delle regole precise, con degli accenti precisi, e allora mi sono reso conto che gli stessi napoletani facevano fatica a mettere in forma scritta la parola parlata. La pubblicazione dell’opera in forma di libro ha richiesto un’analisi attenta e puntuale del linguaggio napoletano degli anni ’40. In questo mi sono state d’aiuto le consulenze ricevute dal noto giornalista Renato Ribaud e da suo figlio Giovanni».
Da quattro anni fai spola tra Roma e Napoli. Quali sono i pro e i contro di lavorare in due grandi città così complesse, ma allo stesso tempo così ricche di cultura?
«Molte volte ho fantasticato sognando che Napoli fosse un quartiere di Roma, o viceversa. Questo per dire che l’unica difficoltà di questo mio vivere a metà, è la distanza. Per il resto, per un carattere come il mio, che ha bisogno continuamente di stimoli nuovi, l’incontro con Napoli è stato quasi salvifico. Dirigo un teatro a Roma da tredici anni, e negli ultimi anni Roma ha perso una grande parte degli stimoli culturali che è sempre stata capace di dare. Sono un romano che ama la propria città, ma sono anche uno che ama ascoltare, sentire, ciò che gli accade intorno. E Roma purtroppo si trova a vivere quello che io definisco un Medioevo culturale, una città incapace di far brillare “la grande bellezza” che la caratterizza, e i numerosi talenti che ancora abitano le sue strade. Napoli è invece una città estremamente viva, in movimento, con una sua identità ben definita, culturalmente stimolante».
Quali saranno le prossime tappe di Alluccamm?
«Lo spettacolo nasce durante il Covid e sta muovendo i suoi passi in un periodo di totale incertezza. Pertanto la distribuzione degli spettacoli in questo momento è più che mai un’incognita. Riguardo al futuro di ALLUCCAMM posso dirti che ci saranno repliche a Napoli, Salerno e Roma, e si sta aprendo proprio in questi giorni un contatto con la Calabria. Nel frattempo stiamo scrivendo la sceneggiatura televisiva, sperando che presto Jolanda e Dolores possano trovare spazio nel piccolo schermo in una mini serie».
In questo periodo stai curando un laboratorio estivo a Roma, incentrato sulla figura di Mia Martini. Ce ne parli?
«Da otto anni a questa parte, in estate, mi dedico alla realizzazione di spettacoli incentrati sulle biografie di personaggi per me significativi. Quest’anno la scelta è ricaduta su Mia Martini, cantante straordinaria, donna complessa, dal passato ancor più difficile di quello che le cronache hanno sempre riportato. Poi l’incontro con Enzo Gragnaniello, autore delle musiche originali di ALLUCCAMM, mi è sembrato davvero un segno del destino, come a dire che questa storia dovesse essere davvero raccontata. Debutteremo a Roma il 25 di settembre, e in questi giorni mi sto occupando della scrittura del testo».
Altri progetti che ti vedranno impegnato per i prossimi mesi?
«Oltre allo spettacolo su Mia Martini, che debutterà presso il Teatro del Torrino, a Roma, che dirigo da tredici anni, a settembre mi occuperò della direzione artistica di un altro teatro romano, il teatro di Mostacciano, una bellissima sala di 400 posti, che richiederà grande impegno e dedizione per costruirgli una propria identità. A Napoli invece, oltre alla tournée di ALLUCCAMM, riprenderò il mio spettacolo “Ad occhi chiusi”, con Andrea Fiorillo. Ricominceremo i corsi della Fonderia del Teatro, scuola di recitazione al suo secondo anno di attività. Infine affiancherò Giuliana Tabacchini nella direzione artistica dello storico Teatro Sancarluccio a Chiaia».