Il claim Il futuro non fa paura scelto per la nona edizione del tour motivazionale #NonCiFermaNessuno di Luca Abete, diventa anche un jingle. Pubblicato per la label Ondesonore Records, distribuito da Artist First, scritto e interpretato assieme al cantautore Francesco Altobelli, vuole essere, nella musica e nel testo, un invito alla vita e all’ottimismo.
Per i pochi che non lo sapessero #NonCiFermaNessuno è una campagna sociale nata nel 2014, ideata e animata da Luca Abete, noto inviato della trasmissione Striscia la Notizia. Il format che vanta il patrocinio del Ministero dell’Università e della Ricerca e che ha avuto riconoscimenti da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mira ad incrementare il confronto individuale e valorizzare storie di resilienza, coraggio e determinazione, per offrire ai ragazzi prospettive di studio e di impegno nuove, valorizzanti e costruttive.
Noi di Mydreams abbiamo avuto il piacere di intervistare Luca Abete.
Come si svolge la vita quotidiana di un inviato di Striscia la Notizia?
«Un inviato di Striscia è un punto di riferimento per molti cittadini che vorrebbero la soluzione di un problema che li priva di un diritto. Dedichiamo molte ore alle segnalazioni che riceviamo. Il lavoro di verifica, di approfondimento , la fase creativa, richiedono davvero tanto tempo. L’attimo più bello poi è la chiusura del servizio , dove non mancano mai imprevisti e sorprese. Poi c’è il monitoraggio. Io vivo un’esperienza totale. Anche il mio tempo libero lo trascorro spesso a seguire situazioni, evoluzioni, accadimenti utili a migliorare la qualità dei miei servizi».
É noto che hai subito diverse aggressioni. Tu stesso hai sottolineato che hai il record di giorni di prognosi, ben 90! Cosa ti spinge a continuare le tue battaglie?
«La paura è un sentimento che può scoraggiare. Per me è diverso. Vengo da esperienze nel volontariato. Ho fatto per anni l’artista di strada. Nei panni di un clown ho capito quanto sia bello donare sorrisi. Oggi lo faccio con una telecamera, un microfono e la magia di un programma televisivo che tra una risata e una denuncia ha il potere di cambiare le cose. Il valore di tutto ciò è immenso. La consapevolezza di quanto possa essere utile il mio impegno mi guida oltre ogni indugio verso l’affermazione della giustizia e della verità».
Ti vediamo sempre in TV con la tua divisa iconica: giacca di velluto verde, camicia verde scuro, pantaloni marroni e l’immancabile pigna. Questo look ti è stato imposto dalla produzione di Striscia o è frutto della tua fantasia come anche l’altro vezzo di chiudere i servizi con la telecamera che ti riprende dai piedi?
«Il mio esordio è stato in borghese. L’abito di scena è arrivato dopo 2 anni da apprendista inviato. Fu Antonio Ricci a dirmi che il mio cognome poteva ispirare il mio look. Col tempo abbiamo affinato lo stile e sono verde e marrone dal 2008. Fu Lorenzo Beccati, autore storico di Striscia , invece, a suggerirmi il su e giù della telecamera. Quando chiudevo i servizi era solito indicarmi con la mano dalla testa ai piedi. Lui mi disse però che i piedi non si vedevano. Da allora il mio saluto finale è caratterizzato dal saliscendi della telecamera».
Parlando di cose più serie ci interessa sapere come è nata la campagna #NonCiFermeràNessuno, da te ideata e animata dal 2014.
«Per caso, come tante cose belle della vita. Incontravo i ragazzi e la loro curiosità era sempre concentrata sui miei esordi e su come avessi trovato la strada per realizzare il mio sogno. Pensai di fare un esperimento: parlare agli studenti degli ostacoli della vita e come superarli, di sconfitte che aiutano a crescere più che un successo da raggiungere ad ogni costo. L’idea è piaciuta: è stata un successo».
Ti va di fare per noi un bilancio di questi primi 9 anni?
«Abbiamo esplorato il mondo giovanile su numerosi fronti. Il punto di partenza è l’ascolto: la conoscenza della loro realtà è fondamentale per provare a formulare insieme un confronto davvero proficuo. Ogni stagione quindi è stata diversa. Nei primi anni il focus era puntato principalmente sulle dinamiche lavorative. Abbiamo attraversato gli anni della pandemia in cui ogni cosa è stata stravolta. Oggi emerge una fragilità più esplicita, la maturità di non nasconderla e la necessità di parlarne che alimenta l’importanza di ogni talk».
La nona edizione ha come claim Il futuro non fa paura: Puoi spiegare il perché di questa scelta?
«#NonCiFermaNessuno è un esperimento di comunicazione sociale. Ogni anno rinnoviamo il dibattito partendo da un claim. Quest’anno ho pensato ad una provocazione, ad una frase capace di colpire e al tempo stesso di avviare il confronto. E’ un modo per esorcizzare il problema principale della nostra community. Parlarne aiuta a demolire l’ingombro di un mostro che talvolta è meno pericoloso di quel che sembra. Invito gli studenti a superare le paure ma anche ad imparare a conviverci, a vivere il futuro senza pensarci troppo, magari concentrandosi sulla realizzazione del migliore presente possibile».
Il futuro non fa paura è diventato anche un jingle pop rap dance. Come e perché quest’apertura alla musica?
«Da nove anni il nostro è anche un laboratorio di linguaggi della comunicazione. Per raggiungere l’interesse del target occorre conoscere le sensibilità, le preferenze, le linee più gradite dei nostri interlocutori. Per questo sperimentiamo le forme più svariate spaziando dalla comunicazione istituzionale a quella di tendenza. La musica aggrega i giovani. Abbiamo pensato così di creare la colonna sonora della riscossa giovanile, un brano con un ritmo godibile e un testo coerente con i valori della nostra campagna sociale. Gli studenti hanno apprezzato. Il pezzo è diventato virale sui social».
Come vedi, in poche battute, il futuro dei giovani e della scuola italiana dal tuo osservatorio privilegiato?
«Credo ci sia davvero tanto da fare. E’ un momento delicatissimo, non soltanto per i giovani. Noi abbiamo sperimentato una formula vincente che ha dato risultati confortanti. Accorciare le distanze è un modo per combattere la solitudine percepita che talvolta scoraggia, abbatte, miete vittime. Lo scambio tra coetanei, ma anche quello tra generazioni differenti, può davvero rappresentare un prezioso punto di partenza per costruire un clima di serenità indispensabile per rendere ogni soluzione efficace».