Arriva al Teatro Nuovo di Napoli, in scena fino al 3 dicembre, lo spettacolo Gerico Innocenza Rosa, scritto e diretto da Luana Rondinelli, con protagonista Valeria Solarino.
Lo spettacolo teatrale, coprodotto da Teatro Stabile d’Abruzzo, Savà Produzioni Creative e Stefano Francioni Produzioni, vede al centro della storia Vincenzo e del suo percorso di “transizione”. Un monologo in cui la magnetica Valeria Solarino porta in scena una molteplicità dei personaggi che costellano il mondo del protagonista, dalla nonna che lo ha sempre sostenuto e protetto alla madre fredda e distaccata, dai cugini ai vicini di casa. Una storia narrata attraverso un dialogo alla ricerca dell’amore e dell’affermazione della propria identità lontano da qualsiasi pregiudizio, per sentirsi finalmente amato e compreso.
Per l’occasione abbiamo intervistato Luana Rondinelli.
Dal 2021 porti in scena Gerico Innocenza Rosa, per il quale hai firmato il testo e la regia. Come nasce questo spettacolo?
Questo spettacolo nasce da un’intuizione di Valeria Solarino. Dopo aver visto un mio spettacolo a Roma, Valeria mi ha chiesto di prendere un caffè insieme ed è nata subito questa empatia tra noi due. Lei mi ha chiesto di scrivere un testo, dandomi carta bianca. Per me è stato un bene, poiché mi sono sentita libera di scrivere una storia nata da una mia emozione. Così durante il lockdown, a seguito di una piccola incomprensione con mia madre, è Gerico Innocenza Rosa. In quel momento ho capito che se non hai all’interno della famiglia qualcuno che ti sostiene, che ti protegge e ti incoraggia, affrontare la società fuori è molto più difficile. Da questa emozione mi si è materializzato Vincenzo. Non immaginavo di poter scrivere di una transizione, però in qualche modo si è manifestato. Ho inviato a Valeria la prima bozza e lei subito ha accolto la tematica a braccia aperte ed iniziato questo nostro viaggio insieme.
Per descrivere la storia di Vincenzo, hai raccolto delle testimonianze?
In realtà no. Chiunque si può rivedere in qualche modo, perché la cosa fondamentale di questo testo è che l’identità di ognuno di noi deve essere espressa al cento per cento e ognuno deve sentirsi libero di essere quello che è. A prescindere dal percorso di transizione e dalla storia di Vincenzo. Consiglio a tutti di vederlo, poiché qualsiasi persona può trovarsi in una diversità, in un proprio cammino, un proprio momento della vita in cui ci si ha subito una discriminazione. La storia di Vincenzo riguarda tutte le storie di discriminazione in generale.
Quali sono i riscontri da parte del pubblico che ti hanno fatto riflettere su quanto hai realizzato?
Il riscontro per fortuna è positivissimo da parte del pubblico e devo dire che resto sempre spiazzata il più delle volte, poiché ci sono persone che mi raccontano quello che hanno subito e vissuto. Molte di queste persone stanno facendo un percorso di transizione, e questa era la mia paura più grande, invece abbiamo avuto un riscontro positivo e per me è una grande vittoria. Parlare di discriminazione attraverso il teatro è diventato un dovere, ma anche una missione, per dare voce a chi non ce l’ha. La chiave vincente per arrivare al pubblico sta proprio nel fatto di affrontare delle tematiche importanti, con una delicatezza e una semplicità.
In questi anni hai apportato delle modifiche al testo oppure è rimasto immutato?
È rimasto immutato. Di questo devo ringraziare Valeria che è stata veramente impeccabile nei miei confronti, rispettando la mia scrittura, il mio dialetto, quindi si adeguata ed ha studiato in modo tale da riprendere il mio dialetto con le sonorità e la musicalità. In realtà questo spettacolo più va vanti assume sempre più forza.
Attrice, drammaturga e regista, quale di queste figure ti rappresenta al meglio?
Ho studiato per essere attrice ed è sicuramente quello che mi rappresenta di più. La scrittura è arrivata dopo. Non mi aspettavo che attraverso i miei testi, il mio diventasse un teatro civile, quindi si è aperta una nuova strada che mi sta dando tante soddisfazioni. Sono diventata regista perché non volevo snaturare i miei spettacoli. Nel profondo mi sento un’attrice, anche se le altre due figure mi completano.
Tu hai dato tanto al teatro e continui a farlo, ma il teatro ha dato tanto anche a te? Come descriveresti il tuo rapporto con il teatro negli anni? Qual è stato il tuo approccio inziale e come lo vivi adesso?
Forse all’inizio c’era un’incoscienza che adesso vivo come responsabilità. Ho iniziato a muovere i primi passi con la scrittura. utto si è materializzato con il mio primo testo Taddrarite, che parla di violenza domestica. Da lì è iniziata la strada che mi ha portata a conoscere al grande pubblico e ad avere delle soddisfazioni anche a livello emotivo, con il confronto con la gente.
Progetti futuri?
A gennaio riprenderò con gli spettacoli Taddrarite con Donatella Finocchiaro e Sciara. Prima c’agghiorna, la storia di Francesco Serio, la prima donna che ha denunciato la mafia.