Francesco Sacco, poliedrico artista milanese, classe 1992, ha pubblicato di recente il suo primo album di inediti dal titolo La voce umana con un chiaro riferimento all’opera teatrale di Jean Cocteau.
Gli otto brani che lo compongono (Intro-La voce umana-L’invenzione del blues-Berlino Est-Piove a Nagasaki-Maria Maddalena-A te-Il lido di Venezia), affrontano temi quali: la ricerca di contatto, l’introspezione e la relazione. Le sonorità fondono elementi classici del cantautorato con quelli elettronici, proponendo un mix sfaccettato, originale, intimo, elegante.
Prodotto dallo stesso Sacco, con la collaborazione per la registrazione di Davide Andreoni e Giacomo Zambelloni e il master di Maurizio Giannotti, sabato 26 settembre è stato presentato alla Triennale di Milano e il 2 novembre sarà presentato a Le Mura di Roma.
Francesco Sacco nasce a Milano il 24 giugno 1992 ma trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Novara dove inizia a studiare musica. Da bambino studia quella classica e successivamente si appassiona al blues, al rock anni ’70, al cantautorato italiano e straniero. Negli anni dell’università, a Milano, inizia a collaborare come redattore con varie riviste di critica musicale e con vari brand di moda e design tra cui Marni e Marco Rambaldi. Il fascino del mondo dell’arte lo porta a fondare insieme alla sua compagna Giada Vailati e Samira Cogliandro, il collettivo Cult of Magic.
Noi di Mydreams lo abbiamo intervistato certi che ne sentiremo parlare a lungo.
Nonostante la tua giovane età hai maturato, prima di accostarti alla musica, esperienze in campo teatrale e nella danza. Quanto hanno influenzato questi due mondi la tua produzione musicale?
«La mia produzione musicale e per il teatro e la danza contemporanea si intersecano e influenzano a vicenda: il teatro mi ha aiutato ad avere una visione drammaturgica della canzone, riponendo significati anche nei più piccoli dettagli mentre il pop mi ha insegnato la semplicità, caratteristica che a volte manca nell’arte contemporanea. Non sempre l’incontro fra questi due mondi è stato pacifico ma anche questo è il bello: molte cose interessanti vengono generate dal conflitto».
Oltre a Battiato e ai Bluvertigo, come spesso hai sostenuto in precedenti interviste, quale musica e quali interpreti ispirano il tuo percorso creativo?
«Moltissimi. Sono molto legato al cantautorato italiano, a nomi come Sergio Endrigo, Umberto Bindi, Luigi Tenco, gli anni ’70 o anche certa musica elettronica contemporanea. Poi c’è il blues che mi ha insegnato che anche un vocabolario musicale molto limitato può fare magie. Sono un ascoltatore piuttosto onnivoro, ecco».
Come procedi alla composizione di un brano: parti dal testo o dalla musica?
«In questo caso sono arrivati prima i testi ma non c’è una vera e propria regola. In generale sono uno che prima di mettersi a scrivere pensa tanto, quindi a volte ho già le cose abbastanza strutturate nella mia testa e ho già idea su quale parola mettere su quel determinato accordo. Ma quando scrivo sono sempre pronto a distruggere tutto per trovare altre strade».
Il 29 maggio scorso è uscito il tuo primo album di inediti intitolato “La voce umana” con un chiaro riferimento all’omonimo testo teatrale del 1930 di Jean Cocteau più volte adattato per il cinema da registi del calibro di Rossellini ed Almodovar con interpreti eccellenti quali Anna Magnani e Tilda Swinton per non parlare della versione in napoletano di Erri De Luca, per la regia di Edoardo Ponti con Sophia Loren. In altre tue interviste hai affermato che il disco è nato al Lido di Venezia , città del cinema per antonomasia. Trovi che ci sia una semplice coincidenza?
«Sicuramente quel luogo ha una vibrazione molto particolare: un centro di provincia a tutti gli effeti, a pochi metri da una delle città più belle del mondo, sul cui suolo si svolge uno dei più importanti Festival del cinema. Il Lido di Venezia ha tanti paradossi. Nel periodo giusto puoi incontrare il direttore della Biennale o qualche attore famoso in coda al supermercato. L’ispirazione del titolo è nata dalla versione con Anna Magnani, la mia preferita e sono curiosissimo di vedere la nuovissima rilettura di Almodovar in lingua inglese con Tilda Swinton,un’altra delle mie attrici preferite. Sicuramente mi ha stupito vedere un’altra versione di quel testo pochi mesi dopo l’uscita del mio disco, ma in fondo tutto torna: quel testo parla di solitudine e di interlocutori invisibili…temi decisamente all’ordine del giorno».
L’album è molto profondo e presenta diverse sonorità che vanno dalla musica classica al blues. Nel primo singolo Berlino Est è presente uno strumento particolare il theremin dal nome del suo inventore Lev Thermen nel 1919. Come lo hai utilizzato nel brano e perché?
«Il theremin è uno strumento che mi appassiona moltissimo. L’ho scoperto grazie all’uso massiccio che ne venne fatto nel rock anni ’70, dai King Crimson ai Led Zeppelin.È nato con l’idea di coprire il range di strumenti solisti come il violino o la voce nella musica classica e questa cosa è estremamente affascinante: una specie di “macchina parlante” che si suona senza toccarla,una vera e propria magia. In Berlino Est l’ho usato per il solo che si sente nel finale. Mi piaceva l’idea di mescolare strumenti classici del cantautorato con cose che si sentono meno di frequente».
In Maria Maddalena e Lido di Venezia ci sono dei riferimenti stilistici alla musica sacra. Quale compositore ti ha ispirato?
«La musica sacra racchiude buona parte dei capolavori della musica occidentale (cosa successa anche in pittura,dove prima dell’Illuminismo, i soggetti profani si contano sulle dita di una mano). Sicuramente in cima alla mia lista ci sono Mozart (un estratto del suo Requiem ce l’ho addirittura tatuato!) e Bach, influenze valide per Maria Maddalena a livello di mood e strumentazione dato che uso un suono antico come quello del clavicembalo. Mentre per Il Lido di Venezia, l’ispirazione è meno lontana da noi e cito l’Alleluia che viene tutt’ora suonato a messa ed è una citazione un po’ più colorata e provocatoria».
Qual è il tuo rapporto con la religione?
«Complesso! Sono fondamentalmente ateo anche se mi considero una persona spirituale. Delle religioni mi affascina l’aspetto umanistico come anche l’esoterismo: se leggiamo i testi sacri o le preghiere ignorando il contesto o lo scopo per il quale sono state scritte, sono prima di tutto un’opera d’arte, poesie. La religione alla fine cerca di rispondere alle stesse domande che si pone l’arte, domande ataviche sull’uomo e sul suo posto nel mondo:io me le pongo attraverso l’arte ma ovviamente rispetto e sono curioso nei confronti di chi trova soluzioni diverse dalle mie».
A chi si rivolge la tua musica e a quale tipologia di ascoltatori?
«Più che a un certo tipo di persona credo che la mia musica sia adatta a un certo contesto:essendo musica che si basa per buona parte del suo senso sul testo sicuramente è più adatta ad un ascolto intimo ed intenso. Ho cercato di sopperire innanzitutto ai bisogni che ho io come ascoltatore: quando ascolto musica cerco una storia, il ritratto di qualcuno di reale,qualcosa di diretto e sincero. Odio la musica di sottofondo o ascoltare musica passivamente, quando ho voglia di silenzio».
Quali sono le tue aspettative ora che ti sei affacciato al mondo discografico?
«Spero che questo sia solo il primo episodio di un percorso più lungo: credo di avere altre cose da dire, altre storie da raccontare».
Quali i tuoi prossimi progetti ed impegni? Avremo modo di ascoltarti dal vivo?
«Spero che la situazione permetta presto di annunciare un tour. Per ora, oltre ad aver suonato live il 26 settembre alla Triennale di Milano, farò una nuova esibizione il 2 novembre a Le Mura di Roma: in tempi del genere è già una grossa soddisfazione!».