Numerose le domande rivolte all’autrice.
Come sei arrivata a scrivere questo libro e perché parlare di quelli che ti hanno rovinato?
«I libri sono stati una presenza familiare nella mia vita. Ne ho letti e continuo a leggerne tantissimi. Per me sono amici, parenti, confidenti preziosi. Quando si vive così, immersi nella lettura, i libri amati sono troppi e la lista infinita. Qualche anno fa un mio carissimo amico editore mi ha invogliato a concentrarmi solo su quelli che mi hanno fatti soffrire. Un po’ come quando vedi un film che questo lo ami e non lo dimentichi. E il libro è anche un pretesto per parlare di me, come ero da ragazza e di come sono oggi e dei miei incontri con gli altri. Ecco perché ho raccontato quelli che mi hanno fatto soffrire. Li ho ripresi tra le mani, ho riletto alcune frasi che avevo sottolineato da adolescente e che allora non avevo capito. Penso che tutti i libri siano degli incontri».
Il libro e’ ricco di racconti e poesie. A pagina 24 citi Davvero cari di Giorgio Bassani (Non saprei dirvelo/attraverso strade così di lontano/io sia riuscito dopo talmente tanto tempo a tornare./Vi dirò” soltanto che mi lasciai pilotare nel buio/da qualcheduno che mi aveva preso in silenzio/per la mano). Chi pensi che ti abbia aiutato nella tua vita?
«Il libro doveva avere proprio questo titolo: Davverio cari. Ma il mio editore non è stato d’accordo. Bassani, ferrarese è famoso per Il giardino dei Finzi Contini e altri romanzi ma poco apprezzato purtroppo come poeta. La prima volta che lessi questa lirica stavo scrivendo L’amore che ti meriti. Allora pensavo che ci fosse bisogno di qualcuno che mi aiutasse. In questo momento della mia vita questo qualcuno che mi salva sono io stessa. Bisogna ritornare agli antichi, al conosci te stesso. A distanza di anni oggi comprendo perché quella poesia fosse così importante per me.»
Durante l’adolescenza molti vengono attirati dal “male” e dagli scrittori che se ne occupano. É stato così anche per te? Le condizioni socio-politiche italiane di quel periodo hanno influenzato questa scelta?
«Si, lo è stato anche per me. Durante l’adolescenza mi piacevano i poeti maledetti e decadenti. Venivo attratta da questo lato oscuro della letteratura. Gli anni ’80 con il fenomeno del punk e quello degli yuppies, la circolazione di droghe pesanti, i momenti familiari difficili quali la malattia di mio padre, mi hanno profondamente segnata ed hanno orientato anche i miei gusti di lettrice. Poi negli anni mi sono informata di più facendomi coinvolgere meno».
Cosa diresti ad una persona per invogliarla a leggere?
Di uno scrittore tu leggi le opere e anche la sua biografia. É questa una possibile chiave di lettura per accostarsi a un libro?
«Gli studiosi di letteratura, gli accademici direbbero che non bisogna confondere la biografia con le opere. La scrittura è una creazione a sé che spesso non riflette la vita di un artista. Eppure come fai a leggere Virginia Wolfe e a non pensare al suo suicidio? Certo bisognerebbe partire dall’opera per poi arrivare alla vita».
Quale personaggio letterario avresti voluto come amica?
«Da ragazzina Jo di Piccole donne. Oggi l’autrice di Ricordi del futuro ovvero non un personaggio ma Siri Hustvedt».
Quale libro consiglieresti ad un adolescente?
«I classici e la loro impagabile grandezza. E poi Il giovane Holden. Lo so, è scontato ma e’ un romanzo di formazione. E poi i libri di Sally Rooney che scrive con un linguaggio dei ragazzi di oggi».
Qual è il tuo rapporto con i librai e come scegli i tuoi libri?
«Da ragazza andavo in una libreria a Ferrara che si chiamava Spazio libero e che ora non c’è più. Ho rubato anche io un paio di libri tra cui Il gioco delle perle di vetro di Hermann Hesse ma me ne pentii subito. Oggi a Milano leggo sui social i suggerimenti dei librai oppure segui quelli di amici che mi conoscono. Il libraio deve conoscerti bene per poterti consigliare la lettura di un libro e c’è bisogno di tempo per stabilire questa relazione, questo incontro. E noi non abbiamo più tempo».
Quanti e quali libri da leggere ha sul comodino Daria Bignardi?