Nino Velotti poeta, scrittore, musicista e songwriter, appartenente al duo campano retro-avant-garde Hueco, ha pubblicato un album da solista, Incanti e Disincanti (Videoradio).
Quattordici composizioni di strepitosa eleganza armonica, pennellate di grazia delicata e di leggera ironia, creando atmosfere oniriche di stimolante fantasia, rimandandoci nei nostri luoghi di memoria assopita, risvegliandone desideri e aspirazioni, scuotendo pensieri limitanti.
L’album contiene i singoli Contro Natura, Ombra di donna e Tempo pazzo, i cui videoclip sono visibili online.
Insieme a Vittorio Esposto è gli Hueco, un duo pop-sperimentale con due album all’attivo, che hanno riscosso un grande successo di critica e di pubblico sulla scena indipendente italiana: Living in a bathroom/Pensando all’amore (CVT Records 2008) e Canzoni dall’armadio verde (Compagnia Nuove Indye, 2011).
Perché Incanti e Disincanti, a cosa si riferisce?
«Fa riferimento al contenuto del disco, in cui si alternano tracce più melodiche e romantiche ad altre più caustiche e “disincantate”, ed è anche un omaggio, l’ennesimo personale omaggio al poeta dei Canti, Giacomo Leopardi, alla cui infanzia prodigiosa ho dedicato la mia tesi di laurea in Filosofia e, il referente e un po’ il fondamento di tutta la mia produzione artistica. Funziona come Oscar Wilde per Morrissey, certo Giacomo il Gobbo è un personaggio meno glamour. Incanti e Disincanti, si riferisce anche al mio carattere sognatore e al contempo ironico. Se difettassi di “sentimento del contrario” vedrei tutto come una tragedia senza catarsi, altro che “solido nulla” e pessimismo cosmico. Le Operette morali sono comunque anche un’opera umoristica, amaramente divertente. »
Che valore dà ai titoli degli album?
«Penso che siano fondamentali. Mi piacciono i vecchi concept album del progressive e pure Incanti e Disincanti a suo modo lo è, come del resto lo sono entrambi gli album degli Hueco. Ho sempre concepito e strutturato sistemi, dalle raccolte di versi a quelle di racconti con introduzione che funge da cornice. Mi piace organizzare il caos, generi e argomenti diversi, creare degli organismi artistici e nominarli, come se fossero delle persone da identificare e riconoscere facilmente. Sai, mi hai fatto venire un’ottima idea, un prossimo titolo eventuale, “senza titolo”…»
Come e perché è nato questo progetto parallelo alla band Hueco?
«Avevo bisogno di fare pezzi come Contro Natura e Tempo pazzo, non propriamente nelle corde di Vittorio Esposto, l’altra metà degli Hueco, che è comunque alle doppie voci e, mi ha dato una mano negli arrangiamenti. Siamo molto diversi, Vittorio è più modaiolo, diciamo superficiale, gli piacciono i crooner, anche se in fondo è più punk di me e controcorrente. Se ci rifletti, abbiamo fatto dei dischi pieni di particolari, strumenti e strumentini, quando oggi, soprattutto nella musica alternativa, categoria in cui dovremmo rientrare, va la sottrazione e l’essenziale minimale con voci enfatiche per sottolineare spesso inutilità. Ma chi ce l’ha fatto fare, spesso mi chiedo, a perdere tanto tempo a comporre, registrare, eccetera? Però suonano bene.»
Il suo è un lirismo per immagini, ma anche di introspezione analitica…
«Per immagini, perché sono un appassionato di arti figurative e insieme agli idilli di Leopardi mi piace Eliot, Montale e il “correlativo oggettivo”, analitico perché non mi accontento della superficie. Spero di riuscire comunicare cose profonde e non banali anche utilizzando termini e immagini semplici.»
C’è nelle sue canzoni una caratteristica filosofica e ideologica, ma quanto c’è di politica subliminale…
«Bella domanda. Chi mi conosce sa che evito accuratamente argomenti di politica, sarò anche “disimpegnato” ma detesto profondamente la “politica spettacolo” di oggi, peggio del calcio. Non solo nell’arte, nella musica e nella letteratura ma soprattutto nella politica oggi va avanti chi è più buffone o esercita il mestiere più antico del mondo, per dirla con un noto collega italiano. Sono sostanzialmente anarchico individualista, non violento, favorevole all’uguaglianza tra gli individui ma anche alla differenza per merito non economico, moderato anche perché propenso all’ascolto delle ragioni dell’altro, animalista convintissimo favorevole agli immigrati soprattutto se non provenienti da qualche parte orientale dove si è soliti mangiare e scuoiare di tutto, sarei felicissimo se non ci fosse “il doppio gioco” – tra l’altro titolo di una canzone contenuta nel disco – del potere, purtroppo discendiamo dalle scimmie e, oltre a conoscere sentimenti duplici come l’invidia e la solidarietà, abbiamo bisogno di leader che ci governino.»
Substrati di malinconia attraversano queste canzoni…
«Da un amante di Leopardi non puoi di certo aspettarti solare ottimismo incondizionato e pensiero tutto positivo. La malinconia della “rimembranza” soprattutto, non la depressione che paralizza. Aggiungi che sono stato pure un po’ dark, anche se al nero totale ho sempre accostato il verde grigiato e qualche tocco psichedelico e finanche kitsch, molto colorato.»
Un animale ricorrente è il gatto, si sente affine ad esso?
«Si parlava di politica, di buon governo e di omologazione. Come Marilena Imparato, autrice del disegno di copertina e amica ‘supergattarissima’, anche io adoro i gatti, come silhouette, come odore – profumano di bambini -, come occhi “misti di metallo e d’agata”, citando Baudelaire, come estrema pigrizia e agilità, come carattere fiero e un po’ dispettoso, e li stimo anche socialmente parlando. Una società matriarcale, certo con qualche gatto maschio dominante un po’ boss, ma tutti meravigliosamente individualisti mossi solo da amore materno e da puro indecifrabile istinto felino. Mi piacciono anche i cani, ma, mentre questi si somigliano di più tra di loro e ci somigliano di più per vizi e virtù, non ho mai conosciuto un gatto simile all’altro, ognuno con il suo miagolio tipico e con le sue caratteristiche di comportamento anche comico. Altro che animale diabolico, ringrazio la divinità che sovrasta o è immanente nel mondo per queste piccole tigri che ci fanno fusa e danze del latte, per ringraziarci come se fossimo le loro madri e non i loro padroni, e che ci rendono partecipi quotidianamente del mistero dell’esistenza e dell’irripetibilità di ognuno di noi. »
Mi parli della duplicità di Ombra di donna, una delle canzoni più intimistiche e suggestive dell’album…
«Mi è stata ispirata da un passo del romanzo Colori proibiti di Yukio Mishima. Mishima come Pasolini, grandi artisti un po’ estremi ancora attuali simili ma antitetici, l’uno di destra l’altro di sinistra, entrambi lungimiranti difensori di antichi valori contro il capitalismo, la società di massa e il consumismo dilagante. Sottintende il mito platonico dell’androgino, dell’unità primigenia perduta tra il maschile e femminile. Ultimamente ho scoperto che piace molto alle amiche lesbiche. Al di là del sesso anatomico, tra due donne, tra due uomini, tra un uomo e una donna, penso che in una relazione d’amore bisogni tendere a ricreare quell’armonia scissa. Altrimenti sussiste l’amicizia, sentimento che preferisco.»
Tempo pazzo, è un brano che condanna la mano aggressiva dell’uomo sulla natura…
«Penso ai politici che ci governano nati come me dopo il boom economico ed i suoi ingenti danni ambientali, devono aver letto di sicuro sui libri di scuola del problema ecologico, qualche brava maestra di scienze li avrà pure appassionati per la difesa di qualche albero. Tutto seme sprecato se concedono licenze edilizie senza pudore pensando solo al danaro. Certo, il benessere psico-fisico, lo sviluppo economico il più possibile eco-sostenibile, meglio se eco-chic per citare una pubblicità simpaticissima propensa anche a valori estetici, ma gli uomini sono proprio gli assassini della Natura, parafrasando un altro pessimista famoso, Cioran. Già la Natura è di per sé matrigna per dirla con Giacomo, già i climi temperati come il nostro sono instabili, poi ci si mette pure una nuova era glaciale in arrivo secondo qualche studioso insieme all’inquinamento e al surriscaldamento globale, per cui il tempo meteorologico diventa sempre più pazzo, caldo e freddo peggio che nell’inferno dantesco, insostenibile.»
Mi parli, invece, dei riferimenti simbolici nel video Tempo pazzo…
«In sintesi il videoclip. Io e Vittorio in abiti mimetici in una fitta coltivazione di noci e noccioli, pianta tipica della mia terra tra il Vesuvio e l’Irpinia fin dall’antichità. Insieme a noi il ballerino Vincenzo Cirillo nei panni di Bacco-Dioniso con la folgore di Zeus, stando alla mitologia classica attributo di Zeus, suo padre nonché dio del tempo meteorologico e re degli dei, capitato chissà come nelle sue mani. Quindi, concettualmente il tempo pazzo. Un po’ un omaggio a Pasolini, il soggetto è mio, la regia di mio fratello Nicola, trovo particolarmente suggestiva l’immagine simbolica (ebbi come una visione che illustrai a mio fratello) di una bacinella azzurra piena d’acqua che si colora di gocce scure, sangue sacrificale per il dio dell’ebbrezza, della fertilità e della follia Dioniso, oppure semplicemente mercurocromo che inquina in riferimento all’argomento della canzone.»
Ci sono delle letture che la influenzano o cosa?
«Cosa mi ispira? Di sicuro i libri di Leopardi e qualche altro buon libro più recente che ho letto come Il gatto in noi di Burroughs, ma anche qualcosa che ho scritto personalmente. Ho sempre presente le mie buone vecchie poesie quando stendo un testo di una canzone, e a volte penso di aver sbagliato a voler coniugare la mia passione per la scrittura con la musica, i libri forse oggi hanno un mercato migliore, pur sempre nel surplus e nella settorialità delle proposte. Forse i miei testi da soli sono più efficaci, senza tutti quegli strumentini rendono di più, sul libretto del cd appena uscito nell’edizione d’arte in esemplari numerati per Il Laboratorio di Vittorio Avella fanno proprio una bella figura. Purtroppo sono anche un musicista… Mi ispirano anche la storia dell’arte e la musica che amo, i paesaggi naturali, il mare, tutti gli animali, le stagioni che passano e che forse “trasfigureranno”, citando Indolente, un’altra canzone contenuta in Incanti e Disincanti.»
Quanto è importante la collaborazione con altri artisti?
«Sono sempre felice di poter collaborare con altri artisti, arricchirmi dei mondi degli altri, come spero di arricchirli anche io. Arricchimento spirituale soprattutto, il primato dello spirito sulla materia, ho molte sfumature di pensiero gnostico e neoplatonico, come la grande amica poetessa pompeiana Pina Lamberti Sorrentino, con cui anni fa ho scritto qualche libro. Mentre i poeti, anche quelli più rinomati, partecipano gratis, pur con qualche difficoltà effettiva dovendo scendere dall’alto del Parnaso, i musicisti non si muovono senza una lira. Il loro è un mestiere più che un’arte. Una volta senza specificare il compenso chiesi per una collaborazione con una cantante neomelodica con un bella voce e di una certa fama soprattutto negli opulenti matrimoni del popolo di Napoli, non ho preconcetti e mi piace la musica folk ed etnica. Proposta troncata sul nascere, magari se l’avessi chiesto a Schoenberg si sarebbe messo subito a disposizione risuscitando.»
Ha proposto mai qualche suo demo alle major?
«Nella seconda metà degli anni novanta si era profilata l’opportunità di uscire con una major come Hueco, poi non ci siamo messi d’accordo. Adesso non credo sia fattibile, per pigrizia e perché non ho agganci di partito, per età ed entità di ciò che concepisco, preferisco essere indipendente, libero, dignitoso e solitario come un gatto randagio. Certo, faccio cose che anche un pubblico più grande potrebbe apprezzare, ma non so quale potrebbero essere il tornaconto economico di un’industria discografica ormai con l’acqua alla gola con il mio prodotto autentico e alquanto anomalo, e non credo di poter presenziare a qualche talent-show con la voce e il carattere che mi ritrovo oppure ad una tenzone tra rapper giovanissimi… Interessanti i rapper per l’attenzione alla parola e alle figure di suono, un po’ accantonate dalla poesia alta se non in casi neomanieristici, ma tutto qui… Certo, è anche brutto se ti invitano da qualche parte dover sottostare a qualcuno che non stimi (ed è obiettivamente meno stimabile di te) giusto perché si tratta di una persona più famosa. Maledetti vip e star-system!»
Crede ci siano delle ostilità nei suoi confronti?
«Non penso di essere stato agevolato molto nella vita a partire dalla famiglia. Mio nonno era compositore ed ha diretto tra l’altro la banda di Recanati per un periodo collaborando anche con Beniamino Gigli, ma era anche disilluso dalla propria arte e poco propenso a trasmetterla. Mia madre, da cui penso di aver ereditato tutta l’attitudine per musica e arte e che aveva un rapporto conflittuale con il padre, non credo sia molto felice di avere un figlio artista, per giunta schivo e con qualche ideale romantico. Bene o male ho fatto e faccio tutto da solo, sono una persona testarda e combattiva attenta però a non strumentalizzare il prossimo. Non sono nato nel terzo mondo o in una famiglia povera di mezzi materiali dove non puoi consentirti il lusso di coltivare l’arte e di questo ringrazio la vita ed i miei genitori adorabili. Non penso di essere perseguitato ma nemmeno avvantaggiato, chi è sensibile, creativo e riflessivo se non vuole passare per fesso dà sempre un po’ di fastidio, soprattutto oggi. Comunque, felice e orgoglioso di essere diverso e non-conforme.»
Gli artisti sono sempre e solo peccatori, lei è d’accordo in questo?
«Insieme a Leopardi e felini in genere sono sempre stato affascinato dai grandi poeti maledetti francesi, che si possono interpretare anche come dei santi. Oggi la trasgressione è la norma, magari la castità è un peccato capitale economico e sociale, ci si astiene dal consumare. In ogni caso, dipende da cosa si intende per peccato. Penso che tanti gay arrivisti di oggi che stanno in alto siano peccatori non per il tipo di sesso che praticano e per la parti anatomiche privilegiate – “onore puro dell’Ellade”, direbbe Verlaine -, ma per la smania di successo e di protagonismo, per lo sfrenato individualismo consumistico, per il chiacchiericcio vuoto e per la loro ‘cazzimma’… Attinto dal nostro comune splendido dialetto, non mi sovviene termine più icastico.»
Cosa ama fare nella vita di tutti i giorni, lontano dai suoi impegni lavorativi?
«Amo scavare nei mercatini delle pulci e dell’abbigliamento usato. Tempo fa dedicai anche un libro al vintage, La T-shirt bianca e altri racconti, penso che sia la chiave di volta e di lettura di tutto il mondo contemporaneo. Gli artisti, i musicisti, gli scrittori e gli stilisti riciclano stili e idee, anche tutta l’immondizia dovrebbe essere riciclata. Colleziono camicie, cravatte, oggetti a forma del mio animale preferito, facilmente regalo qualche acquisto agli amici. Mi è stato spesso detto che sono anche un collezionista di affetti, personalmente non ho mai troncato nessuna relazione anche se presumibilmente negativa, se è capitato con mio dispiacere non è mai partito da me, che, sono sempre disposto a fare pace, anche se ogni tanto perdo la pazienza e mi arrabbio.»