Mike 3rd, multiforme artista del suono, ha sperimentato i più disparati generi musicali, e, dopo varie ultime collaborazioni con band della scena underground italiana, esce con In the Woods, uno dei dischi più interessanti di questo periodo, coprodotto con Ronan Chris Murphy, contiene brani scritti negli ultimi anni da Mike 3rd, alcuni quando suonava con gli Hypnoise, altri ripresi da un cassetto chiuso, brani registrati in analogico riscoprendo il vero soul, blues, folk, jazz e soprattutto rock progressive di cui è impregnato il disco.
In The Woods è un disco molto internazionale, ascoltandolo non si direbbe di un musicista italiano, finalmente un approccio diverso alla musica tradizionale italiana, quanto può essere penalizzante in termini di fruizione?
«In The Woods è un disco dal sound e dall’approccio internazionale, io lo definirei anglosassone perché il mio background musicale lo è sin dagli inizi. Negli anni poi ho sempre collaborato con professionisti d’oltralpe e d’oltreoceano, un siffatto approccio e sound risultano per questo del tutto naturali. Non vedo sinceramente alcun tipo di penalizzazione, da sempre presto molta attenzione e cura nel dettaglio delle mie produzioni musicali ed artistiche. Se la musica trasmette emozione ed è prodotta con cura è sempre fruibile e piacevole.»
Negli ultimi tempi c’è un ritorno analogico, come pure il tuo album, In The Woods, stanchi dell’elettronica senz’anima?
«Nel comporre musica lo strumento è reale e il suono è per sua natura reale e analogico. Vi può essere una conversione digitale del suono nel caso di utilizzo di computer o campioni ma alla fine si rimane nel mondo dei suoni reali non dei bit. L’elettronica, se usata secondo una certa filosofia, trasmette anch’essa l’anima del musicista e quando non lo fa è perché ad utilizzarla non è un musicista, io lo vedo molto difficile sinceramente.»
Il passaggio alla strumentazione analogica ha comportato un diverso approccio nel comporre i pezzi?
«Personalmente ho composto “In The Woods” esclusivamente con chitarra acustica tranne il pezzo “Just Because” per il quale sedevo al piano.
Se poi si parla della registrazione della musica allora sì negli ultimi anni si sta verificando una riscoperta della registrazione analogica, come ho fatto per “In The Woods” e per i miei precedenti lavori e produzioni dove i suoni sono stati preservati ed immortalati su profumato nastro.
Analogico suona meglio, c’è poco da fare, e l’approccio del musicista alla musica la sua tensione emotiva ne guadagna in modo evidente.»
Collaborare con più band, non disperde un po’ il tuo modo di voler far musica? O quanto, invece, musicalmente e culturalmente, è stato fertile?
«Suonando con altri musicisti e altre band ci si arricchisce, si diventa musicisti migliori, è una cosa che tutti dovrebbero cercare senza sosta. Anche il produrre dischi di vari generi aiuta perché aumenta la fantasia, la ricettività, la facilità e predisposizione alla contaminazione tra vari generi musicali. Da Gennaio al Prosdocimi Recording Studio daremo il via a delle Jam Session di improvvisazione totale proprio per favorire lo scambio culturale e la crescita dei musicisti.»
L’album inizia con un grande brano da fare invidia alle opere rock anni 70, Shining light, con una straordinaria Roberta Canzian. Com’è nata questa canzone?
«Grazie! Quando la musica riceve apprezzamenti così belli, quando vedo che comunica forti emozioni è sempre una grande gioia. “In The Woods” è un lavoro molto personale, esplora varie tematiche ma è anche testimonianza di esperienze personali. “Shining Light” è un brano che omaggia la madre di uno dei miei migliori amici scomparsa un po’ di anni fa. Un brano che parte dalla morte per dire che la vita continua dopo la morte stessa…
Ad intuito ho sempre sentito la necessità della voce di un soprano come parte degli arrangiamenti, così il mio art director Michele Gervasuti ha pensato di farmi conoscere Roberta Canzian.
Roberta ha una voce meravigliosa, è una professionista pazzesca interessata alle contaminazioni tra la lirica e la musica leggera, e, io recentemente ho iniziato a prendere lezioni di canto lirico con lei!
Il canto lirico ed il suo studio sono un universo meraviglioso che deve essere riscoperto in tutta la sua profondità.»
C’è un legame tra i diversi pezzi, e a quali riferimenti ti attieni durante la composizione dei testi?
«Il legame sono le mie esperienze di vita, quello che ho sperimentato in questi anni, quello che non ha mai trovato collocazione in precedenti dischi che ho realizzato con altre band con le quali ho suonato o suono tutt’ora.
Sono composizioni che come dicevo esplorano varie tematiche come l’amicizia vera e disinteressata per me essenziale, come la mia personale visione del mondo che oggi sperimentiamo, un mondo governato da pazzi furiosi privi di empatia e giustificato da masse che non si pongono domande bevendo quello che passano i media di massa. Leggete e meditate sul testo di “Immagine” di John Lennon per fare un esempio. Lui aveva capito molte cose, una è che a livello globale il male di questa realtà trova fondamento nell’antico concetto del “divide et impera”.»
Mike 3rd, c’è una storia particolare legata a questo nome?
«Mike è il soprannome che mi porto dalle scuole superiori, come tanti di noi. “3rd”, come terzo in inglese, deriva dal fatto che mio bisnonno in linea materna era tenore e mio nonno, sempre il linea materna, era musicista. Io sono il terzo maschio in linea retta. Da piccolo mi piaceva Lupin Terzo, il ladro gentiluomo, ma non ha relazione con il mio nome artistico.»
Pratichi degli hobby? Collezioni?
«Nel poco tempo libero mi piace dedicarmi allo sport, correre, fare nuoto e praticare la Capoeira. Sono appassionato del restauro di mobili antichi e di radio d’epoca con i materiali e le tecniche che erano comuni all’inizio del XX secolo. Questo porta a dire che possiedo una piccola collezione di radio d’epoca tutte rigorosamente originali e funzionanti. Mi piacciono anche le auto e le moto d’epoca ma per queste mi fermo alla mia Land Rover Defender 110 del 1986 ed alla mia Lambretta del 1960. Mi piace molto anche la fotografia, rigorosamente su pellicola!»
Musica che ascolti, leggi libri o fumetti…
«L’ascolto della musica è per me un piacere essenziale ma è anche parte del mio lavoro.
Ascolto dalla classica, alla lirica, dal pop, al rock, jazz, metal, colone sonore… per me è abbastanza naturale passare da una sinfonia di Beethoven ad un disco dei Tool ad uno di Miles Davis. Sono sempre stato una spugna musicalmente parlando.
Leggo anche libri, ma a causa del poco tempo sono estremamente lento nel portarli a termine.
Tra i più interessanti negli ultimi due anni ho letto quelli di David Icke, Vaticano s.p.a. di G. Nuzzi, il manoscritto di un amico, ex soldato impiegato in missioni di pace all’estero la cui pubblicazione è stata vietata, i libri del Dott. Filippo Ongaro sull’alimentazione… direi che ultimamente sono più rivolto a trattati e meno alla narrativa. Questo quello di cui mi nutro oltre la musica.»