È uscito “Imagineration”, l’album di debutto della band romana Absent Feet. Con la loro musica si differenziano nel panorama della musica rock lasciandosi ispirare dalle grandi band del passato come i Beatles, i Pink Floyd, gli U2, gli Oasis o da cantautori indimenticabili come il grande Lucio Battisti. I componenti degli Absent Feet sono: i fratelli De Ritis, Daniele (voce e chitarra) e Andrea (voce e tastiere), Francesco Rinaldi (bassista) e Giacomo Pedrini (batterista).
Siete nati artisticamente 5 anni fa. Perché avete scelto proprio “Absent Feet” come nome per la vostra band?
«È un soprannome che diedero a Daniele(voce/chitarra), per via della sua maldestria in sala, dove era solito staccare i cavi con i piedi, da li la traduzione sbagliata di “piedi distratti” in Absent Feet. Ma il nome ci piacque comunque, per quanto ci riguarda, evoca un pò quella sensazione di camminare senza sapere bene dove andare quando sei assorto dai pensieri e ti lasci trasportare da i tuoi piedi».
È uscito il vostro nuovo lavoro discografico. Il titolo “Imagineration” è un omaggio alla canzone “Imagine” di John Lennon?
«Sì anche. Abbiamo sempre avuto un debole per John Lennon, e crediamo che le generazioni di adesso, o per lo meno quelle a cui vogliamo comunicare, facciano molto riferimento a lui. Il nome e la copertina dell’album fa una premessa su cosa ci si deve aspettare dai brani contenuti in esso, musica raccontata per immagini, per una generazione di immaginatori che va oltre lo stato delle cose e dei preconcetti».
L’album è stato anticipato dai singoli Chickens e Carillon, due brani musicalmente diversi, il primo decisamente rock, il secondo invece pop. Da quali sensazioni nascono? E quale messaggi attraverso queste due canzoni volete comunicare?
«Sì. Il primo è stato scritto da Daniele, è un brano per certi versi ironico, con un ritmo sempre sostenuto, e con una chitarra che ricorda appunto il verso di una gallina. Descrive semplicemente una serata brava tra amici, al limite della frenesia, dalla quale ci si aspettano grandi cose ma che finisce, come il più delle volte, in amnesie e cibo spazzatura. E’ un riferimento velato anche alla musica di adesso, fast, usa e getta, immediata, senza impegno. Il secondo, Carillon, è scritta da Andrea, una ballata malinconica che invita ad accontentarsi dell’aspetto visivo delle cose e a vivere la bellezza senza possessione. In entrambi i casi c’è il tentativo di raccontare l’italianità in chiave internazionale attraverso i suoi diversi aspetti, ironici tradizionali e poetici».
Quali band del passato hanno determinato il vostro modo di fare musica, il vostro stile musicale?
«Se parliamo del passato, sicuramente Beatles, Pink Floyd, U2, Oasis, Battisti».