Probabilmente in forte ritardi rispetto al resto dell’Europa, in Italia è vivissima la questione sulle coppie di fatto, e neanche fosse fatto di proposito, al Teatro Sistina da questa sera fino al 2 novembre torna in scena “Il Vizietto – La Cage aux Folles”, mitica commedia portata al grande successo nel 1983 con le straordinarie interpretazioni di Ugo Tognazzi e Michel Serrault, reinterpretata magistralmente da Marco Columbro e Enzo Iacchetti, insieme ad una squadra collaudata di attori, ballerini e vere drag queen per una serata di assoluto divertimento e un minimo di riflessione, se pur tardiva, il tutto diretto da Massimo Romeo Piparo che riporta al Sistina lo spettacolo che già aveva calcato il palcoscenico capitolino sempre con la sua firma.
Ed è proprio il regist, Massimo Romeo Piparo, che parlando dello spettacolo “Il Vizietto” lo racconta come: «una commedia intramontabile, con un canovaccio che non tramonta mai, e un meccanismo perfetto della risata e della commedia. E’ l’amore trionfante senza distinzione di sesso o di appartenenza, è una storia che vede teneramente questi due uomini adulti che condividono da sempre la vita insieme, litigano esattamente come farebbero Iacchetti e Columbro nella vita, si punzecchiano poi si vogliono bene, ballano cantano e alla fine fanno venire fuori il grande amore per un figlio nato dal vizietto di Renato (quello di andare con le donne) che oggi per Zaza diventa il figlio vero, si sente madre e con un rocambolesco meccanismo di commedia alla fine l’amore trionferà.»
Non certo facile il confronto a cui sono chiamati i due attori italiani nel riportare in scena personaggi così fortemente caratterizzati dai loro interpreti originali. Enzo Iacchetti rivela della sua esperienza: «Ho visto il film nel 1980 e poi non ho più visto altre interpretazioni, quindi non ho confronti che io trovo sempre pericolosissimi. Ho fatto per 3 anni una Zazà iacchettiana perché non mi andava ne di avvicinarmi alla bravura straordinaria di Michel Serrault, perché non ne sarei stato capace, ne di banalizzare il personaggio, perché vestirsi da donna e andare dalla De filippi è un discorso tutt’altro è vestirsi da donna e cantare I am what i am sul palco del sistina, sono diversi i comportamenti nelle mie discipline d’attore. Ho cercato di fare una Zaza divertente, impegnata solo nei momenti della sua verità, non ho voluto intellettualizzare nulla, credo di aver fatto una buona Zazà. Quando Massimo mi ha chiesto di interpretare il ruolo ho preso il copione e non ho visto altre interpretazioni, le ragazze mi hanno aiutato molto, sopratutto le ragazze con qualcosa in più, nelle movenze e nei gesti, mi hanno fatto fare bene e non mi hanno fatto varcare la sottile linea rossa oltre la quale si cade nella macchietta. Canto 5 canzoni nonostante l’età e pare che le canti anche benino e questa è una cosa di cui onestamente mi vanto. I tacchi sono stati la cosa più terrificante per un uomo che non li ha mai messi, li metto di sera e a volte esco per abituarmi e mi trovo in difficoltà con delle macchine che si fermano il che vuol dire che non sono neanche così male vestito da donna.» E ancora sullo spettacolo Iacchetti continua – «Trovo assurdo che questo spettacolo debba essere portatore di una lezione. Il messaggio è stato recepito ed è inaccettabile che nel nostro paese la questione coppie di fatto rimanga ancora una viva lotta intellettuale.»
Senza nulla togliere al resto del cast, sembrerebbe che il compito più difficile sia toccato a Marco Columbro chiamato a riportare in scena Renato, personaggio che fu del mitico Ugo Tognazzi. Columbro ha colto l’essenza stessa di questo uomo che lui stesso descrive come «un imprenditore che deve mandare avanti l’azienda, deve tenere testa a tutti gli artisti che ballano e si esibiscono nel locale, ognuno dei quali ha le sue fisime; deve tenere testa alla diva Zaza che ogni giorno 100 ne pensa e 1000 ne fa e deve tener testa al figlio, ha proprio una serie di problemi quotidiani per mandare avanti questa azienda alla grande.» Sempre Columbro sottolinea il grande divertimento che questo spettacolo regala non solo a chi lo guarda ma anche a chi lo fa. «Devo dire che ci divertiamo molto in scena. Iacchetti fa delle facce da pirla eccezionali, poi immaginatelo in guepiere, uno o vomita o ride. Devo dire che questo è uno spettacolo trascinante che porta veramente all’allegria al divertimento oltre al tema che è l’amore che vince tutto al di là delle distinzione di sesso e di qualunque altro genere. Abbiamo cercato di realizzare uno spettacolo in linea con il messaggio che deve lanciare e allo stesso tempo di farlo con grande divertimento e con grande piacevolezza.»
A portare in scena Laurent, figlio di Renato nato da una eterosessuale relazione con una ballerina (da cui il titolo il vizietto), è il figlio di Enzo Iacchetti, Martino, che il regista racconta si sia presentato al provino con un altro cognome e solo una volta avuta la parte sia sia rivelato come il figlio di uno dei due protagonisti(da notare dunque che Martino in scena chiamerà il suo vero padre, mamma). Laurent è un po’ il motore che innesca la storia quando annuncia il suo fidanzamento con la figlia di un noto politico bigotto che nella versione firmata Piparpo assume il nome di On. Sant’Ann de Que (il direttore del Sistina giura non ci siano riferimenti a persone reali e ovviamente tutti scoppiano a ridere) interpretato da Edoardo Sala.
“Il Vizietto – La Cage aux Folles”, è una commedia che ha più di 20 anni, ma che ha i tempi, le tematiche e la vivacità di un musical assolutamente contemporaneo, una esperienza da non perdere sopratutto per chi il messaggio dell’amore senza distinzioni deve ancora capirlo.