Presentato ieri lo spettacolo che andrà in scena, in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando di Napoli, dal 1° al 6 febbraio, Brevi Interviste Con Uomini Schifosi di David Foster Wallace, con Paolo Mazzarelli e Lino Musella, diretti da Daniel Veronese.
Nato nel 1966 nello Stato di New York e morto suicida nel 2008 a soli 46 anni, David Foster Wallace è considerato uno degli scrittori americani più influenti dell’ultimo cinquantennio. Il suo stile ironico e acuto, rivelatosi soprattutto col suo secondo e più importante romanzo “Infinite Jest”, lo pone a capo della corrente letteraria dell’Avantpop e lo impone all’attenzione della critica e del pubblico. Brevi Interviste Con Uomini Schifosi è una raccolta di racconti del 1985 che rappresentano, in varie declinazioni, il rapporto di prevaricazione dell’uomo sulla donna. «Ho scoperto questo libro sette anni fa – dichiara Daniel Veronese – perché fui sedotto dal titolo e subito, in maniera molto naturale, decisi di metterlo in scena, come fosse un materiale che era lì ad aspettarmi. Foster Wallace è un autore meravigliosamente scomodo per il lettore, e questa raccolta è uno zibaldone di perversioni. Interessante, per me, è il potenziale distruttivo che può esercitare l’uomo sulla donna. I personaggi sembrano innocenti ma il patriarcato prevarica sul femminile. Questa situazione, fino a non molto tempo fa, veniva accettata come normale mentre ora, per fortuna, le cose stanno cambiando. Gli uomini qui rappresentati non maltrattano le loro donne manifestamente, non sono violenti fisicamente ma in maniera molto più sottile».
Classe 1955, Daniel Veronese è uno dei più quotati registi argentini a livello internazionale. Di ascendenze veneto-calabresi, cominciò col Periférico de Objetos, la sua compagnia di Teatro di Figura, negli anni ’80 e ’90, per poi darsi alla scrittura e alla messa in scena di testi suoi e di classici moderni (Cechov, Ibsen…), dando voce al malessere di una società che cercava di lasciarsi alle spalle gli anni della dittatura. Abbandonati gli “oggetti”, dal 2001 indaga sui rapporti tra esseri umani lavorando sull’attore e sulle dinamiche della mente umana. In questo lavoro, andato in scena prima in Argentina e poi in Cile, ha voluto che fossero due uomini a rappresentare sia il lato maschile sia quello femminile, senza nulla concedere al travestitismo. «La mia idea di Teatro – dichiara infatti – è di una zona degli attori. Essi vanno senz’altro diretti, ma sono loro che portano avanti lo spettacolo. Cerco di mettere i personaggi in loro e non loro nei personaggi e mi piace utilizzare sempre attori del posto in cui lavoro, così lo spettacolo risulta sempre diverso». A dare corpo e anima ai quattro uomini e alle quattro donne delle otto storie sono, a Napoli, città che Veronese trova accogliente e calorosa come Madrid, dove ha spesso lavorato, Paolo Mazzarelli e Lino Musella, coppia già collaudata da una ventina d’anni di lavoro nella stessa compagnia da loro fondata. «É un lavoro – dice Musella – pensato prima della pandemia. Veronese ci sta portando a scavare sempre di più nei personaggi e ciò è faticoso e doloroso, perché ci accorgiamo ogni giorno di più di quanto assomigliamo a loro».
«É un viaggio stimolante e impegnativo – gli fa eco Mazzarelli – perché si tratta di uomini che all’inizio ci sembravano grotteschi ma, andando avanti, stiamo scoprendo quanto la loro natura ci appartenga». Uno spettacolo che, viste le premesse, si preannuncia interessante e stimolante anche per il pubblico.