«Ho fin da subito respinto l’idea di rinchiudere gli allievi in un contenitore rassicurante in cui mostrare le proprie abilità tecniche. Al contrario, ho ritenuto necessario affrontare la fatica e il rischio di una creazione originale che in qualche modo li riguardasse come attori e come individui. Ho voluto che portassero in scena loro stessi, e non un personaggio altro, in un continuo cortocircuito tra realtà e finzione». Gabriele Russo
Il Teatro Bellini di Napoli ospita fino al 1° maggio Ritratto di uno di noi di Francesco Ferrara per la regia di Gabriele Russo e vede come protagonisti i giovani attori della Bellini Teatro Factory, l’Accademia del Teatro Bellini che forma attori, registi e drammaturghi diretta da Mimmo Borrelli.
È doveroso menzionarli tutti perché bravi e talentuosi: Luigi Alessio Adimari, Chiara Celotto, Rosita Chiodero, Salvatore Cutrì, Claudia D’Avanzo, Maria Francesca Duilio, Michele Ferrantino, Francesco Ferrara, Luigi Leone, Andreina Liotti, Eleonora Longobardi, Simone Mazzella, Salvatore Nicolella, Manuel Severino, Arianna Sorrentino.
Lo spettacolo racconta l’attentato compiuto il 22 luglio 2011 da Anders Behering Breivik che piazzò un’autobomba nel centro della città di Oslo uccidendo 8 persone e poi, non ancora soddisfatto, sparò a 69 giovani, ferendone 110 sull’isola di Utoya.
La cronaca dice che il responsabile di tale strage, simpatizzante dell’estrema destra e appartenente ad un fantomatico Ordine militare, era capace di intendere e di volere al momento degli attentati. In tribunale disse di averlo fatto per fermare i danni del partito laburista e impedire la decostruzione della cultura norvegese a causa dell’immigrazione musulmana. Riconosciuto unico responsabile della strage, il 24 agosto del 2011, è stato condannato a 21 anni di carcere( pena massima prevista dall’ordinamento giudiziario norvegese). Una violenza folle, insensata, che i giovani attori, per poter rappresentare nella maniera più vera possibile, devono innanzitutto provare a capire.
A sipario aperto il pubblico in sala, li coglie proprio nel momento in cui i giovani attori cercano di comprendere le ragioni della strage. C’è chi percorre la scena a passi concitati, c’è chi ha in mano un copione e lo legge nello sforzo evidente di ripetere una battuta dandole la giusta intonazione, c’è chi nervosamente si copre il volto con le mani tremanti, c’è chi guarda nel buio della sala con occhi spiritati. Ma ecco che giunge la prima difficoltà del testo: l’abbraccio dell’attentatore con la propria madre qualche giorno prima del processo. Che tipo di abbraccio ci potrà mai essere tra un freddo criminale e la donna che lo ha partorito? I giovani attori si interrogano. La ragazza che interpreta la madre dice: “Mia madre mi abbraccia così” e con sincero trasporto si lancia verso il giovane compagno che ha l’ingrato compito di impersonare l’attentatore. No, non va bene. L’abbraccio risulta troppo caloroso. Si ripete la scena due, tre, quattro, cinque volte…invocando:
La madre potrà mai perdonare il figlio assassino? Il pubblico è immerso nelle prove di una rappresentazione difficilissima che mette in contrapposizione il loro essere giovani ragazzi uguali alle vittime per età, passioni, sogni e desideri ed il loro essere attori. Come si può rappresentare in teatro tanta lucida ferocia? Come si può comprendere appieno la paura e le sofferenze delle vittime e dei loro parenti? Come accettare una sentenza che riduce a soli “tre mesi” il valore della vita umana?
I giovani attori ne discutono apertamente coinvolgendo gli spettatori alla ricerca di risposte che forse non arriveranno mai perché l’evento è inspiegabile, misterioso, osceno nella sua ferocia. Essi discutono, provano scene, entrano a poco a poco nelle pieghe più intime dei personaggi e ne reinventano gesti, parole senza mai prenderne le distanze in modo vero, partecipe, accorato.
Per una volta gli spettatori sono ammessi a vedere lo sforzo creativo nella preparazione accurata di un personaggio e i numerosi passaggi tra realtà e finzione. Quanto di personale i giovani mettono nella loro arte attoriale? Tanto è lo sforzo, visibilissimo per il sudore e le lacrime profuse , per l’irrequietezza e i rari momenti di spensieratezza che la loro età comporta. La sfida è stata accettata e vinta. I giovani attori hanno tenuto banco per tutta la durata dello spettacolo. Rileggete i loro nomi: saranno famosi!