È uscito Overseas il nuovo album del talentuoso e brillante sassofonista jazz e compositore Claudio Giambruno, disponibile su tutte le piattaforme di streaming e in copia fisica. Nella realizzazione del progetto Giambruno è stato affiancato da tre eccezionali jazzisti: Andrea Rea (pianoforte), Dario Rosciglione (contrabbasso) e Amedeo Ariano (batteria). Overseas è un disco composto da nove brani, di cui quattro sono composizioni originali concepiti dalla creatività di Claudio Giambruno (First Time I Heard Jobim, Gouvy, Sea Muse, Thinkin’ Before Swingin’), mentre gli altri cinque rappresentano un omaggio ad alcuni autori e compositori del calibro di Dan Nimmer (Lu’s Bounce), Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi (‘Na Voce ‘na Chitarra e ‘o Poco ‘e Luna), Linda Creed e Thom Bell (You Make Me Feel Brand New), Vince Guaraldi (Ginza Samba), Leslie Bricusse e Anthony Newley (Pure Imagination). Overseas è un disco di matrice hard-bop, che prende vita dai suoni, dalle tradizioni, dai profumi della terra d’origine di Giambruno, la Sicilia e rappresenta l’album della sua maturità artistica. Il sassofonista palermitano, insieme al suo eccezionale trio, ha dato vita ad un disco hard-bop raffinato ed elegante, che enfatizza le sonorità mediterranee, rispettando le caratteristiche e la tradizione del jazz italiano.
È uscito il suo nuovo album Overseas. Un disco jazz raffinato frutto della sua esperienza come compositore e sassofonista. Quanto è stato gratificante realizzare questo progetto?
Aver registrato questo lavoro è stato appagante e nello stesso tempo divertente. Appagante perché sono riuscito a fotografare con grande lucidità lo stato attuale della mia musica e della mia creatività. Divertente perché con Andrea, Dario ed Amedeo sembra di suonare insieme da una vita intera. Valorizzano la mia musica in una maniera unica e straordinaria.
Overseas contiene quattro brani inediti. Da quali suggestioni ed idee sono state concepite queste composizioni?
Quasi tutte le mie composizioni sono nate casualmente e nei momenti più imprevedibili. Molto spesso in qualsiasi momento della giornata, anche mentre sto praticando con il mio sassofono, mi viene su un’idea, un pensiero ridondante e decido di fissarlo prima al pianoforte e poi su carta. Capita anche che inizio a scrivere una composizione e ci ritorno molto dopo per completarla o cambiarle completamente veste, questa è la consuetudine. Ma nel caso di Overseas ho avuto le idee molto chiare sin dall’inizio.
Quale dei brani inediti ha un significato speciale per lei?
Sicuramente Sea Muse. È un titolo dal duplice significato, da un lato “dea del mare”, essendo attaccato visceralmente al mare da buon isolano. L’altro significato (la parola suona allo stesso modo foneticamente) è il nome di uno dei sassofonisti di jazz più importanti al mondo, Seamus Blake, mio mentore e grande amico, che ha anche scritto le note di copertina di questo album.
Per la realizzazione del progetto è stato affiancato da tre straordinari jazzisti.
Sì, ognuno nel proprio ruolo, non potevo desiderare di meglio. Andrea è un pianista molto raffinato, Dario un contrabbassista con un grande senso dello swing e Amedeo un batterista sopraffino che suona la musica come pochi.. ed a tratti è proprio unico.
I cinque brani editi presenti nel disco rappresentano un omaggio ad autori e compositori. ‘Na Voce ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna, perla della canzone classica napoletana, di Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi è stata rivisitata in modo sublime ricreando un’atmosfera raccolta e sentimentale. Cosa rappresentano per lei questi cinque brani?
Sono brani che adoro suonare in giro. Ognuno di loro ha un comune denominatore molto marcato, il senso profondo della melodia. La melodia per me è tutto, viene prima di ogni cosa, credo sia la cosa più indelebile che un musicista possa impressionare sull’ascoltatore.
Nel corso della sua brillante carriera ha collaborato con musicisti di fama internazionale. Quanto hanno influito a livello artistico queste collaborazioni?
Oltre che con i miei gruppi, ho avuto il privilegio di suonare con musicisti del gotha del jazz mondiale grazie all’Orchestra Jazz Siciliana, di cui molto orgogliosamente faccio parte. Grazie a questa realtà unica negli ultimi dodici anni ho avuto l’onore di calcare il palco con gente come Ron Carter, Ivan Lins, Christian McBride, Dave Holland, Gregory Porter solo per citarne alcuni. A livello artistico custodisco in maniera preziosa ogni singolo secondo. Ognuno di loro ha contribuito a farmi capire e realizzare con coscienza che di fronte alla musica siamo tutti piccoli, come delle minuscole formiche. Loro hanno un grande, un enorme rispetto della musica e questo deve farci riflettere ogni giorno.
Ha preso parte a diversi festival jazz in vari paesi come Olanda, Germania, Belgio, Francia. Che ricordi custodisce di queste esperienze?
Suonare all’estero è sempre una sana opportunità per prendere la tua musica e veicolarla in posti e luoghi che non conosci. C’è molta scoperta, c’è molta curiosità e c’è molto interesse. I musicisti italiani sono molto rispettati all’estero e questa è una cosa che mi ha sorpreso sin da quando ero molto giovane. È brutto da dire, ma è come se all’estero, indipendentemente dal luogo, ci sia l’impressione che la figura del musicista sia molto più rispettata che in casa propria. Non so definire con esattezza in quali aspetti ma è una sensazione comune che ho riscontrato spesso… magari è soltanto un’impressione. Di sicuro c’è il valore aggiunto che la musica in quel caso ti permette di conoscere luoghi che non conosci e questi vengono fissati dentro di noi come delle diapositive custodite per sempre, con i loro odori, con i loro sapori, con la loro gente e con il loro suono.