Al Nuovo Cinema Aquila di Roma incontro tra il regista Matteo Rovere e il pubblico, al termine della proiezione del film Il primo re, uscito nelle sale il 31 gennaio, che racconta la storia di Romolo e Remo, i due gemelli che nel 753 a.C. diedero origine a quella che diverrà una delle più grandi città del mondo conosciuto: Roma.
La sceneggiatura è dello stesso Rovere, insieme a Filippo Gravino e Francesca Manieri, mentre i protagonisti di questo film, che ha alimentato il mito della nascita di Roma, sono Antonio Borghi nei panni di Remo e Alessio Lapice in quelli di Romolo.
Una pellicola che si appresta a far parlare di se non solo per l’interpretazione dei due protagonisti, ma per le scelte registiche che avvicinano questo film ai colossal internazionali. Cominciando dalla lingua. Né italiano, né inglese, ma un latino arcaico ricavato da uno studio di tre università italiane e basato sui pochi indizi e incisioni che hanno immedesimato gli studiosi, portandoli alla ricerca di una lingua ormai morta. I sottotitoli sono d’obbligo e la fruibilità del film perde un po’ della sua efficacia. Resta infatti, alquanto difficile riuscire a seguire la scena sullo schermo e viceversa.
Importante il sentimento della fratellanza, evidenziato dallo stesso regista, che racconta anche di una parte essenzialmente spirituale, che accompagna l’intera storia della nascita di Roma. Non solo questo nel film di Rovere, ma anche libero arbitrio, dubbio, dolore, sacrificio, affrontati con un’attenzione particolare, tutte rivolte a mettere in evidenza un amore incredibile, quello dei due fratelli, pronti all’estremo sacrificio, l’uno per l’altro.
Bella anche la fotografia di Daniele Ciprì, che rende l’interpretazione dei due protagonisti, coinvolgenti e attenta. Alla richiesta espressa direttamente a Matteo Rovere su quale scena fosse la sua preferita, il regista non ha esitato a citarne una, definendola non eclatante, ma per lui molto significativa: quella relativa alla sacerdotessa legata ad un ramo che dialoga con Romolo.
Una scelta azzardata da parte del regista che ha dedicato due anni di lavoro alla realizzazione de Il primo re, riuscendo a realizzare un film ruvido, interpretando una versione realistica del mito della nascita di Roma. Infatti le sue fonti sono da ricercare nella storia latina: Tito Livio e Plutarco.
Particolari sono le location del film, girato tra i comuni di Viterbo, Manziana e Nettuno, oltre che nell’oasi di Farfa.
Anche la digitalizzazione del film è una sorpresa, per un film del genere, sempre secondo Rovere, questa è ridotta al minimalismo, come risulta dalla visione del film, dove si predilige una ripresa classica.
Certo, 121 minuti di latino arcaico, sequenze di lotta, di scene violente, seguite da lunghi cammini e ansie, restano una vera sfida per gli addetti ai lavori e i fruitori degli stessi.