È andato in scena al Teatro Il Pozzo e il Pendolo di Napoli, lo spettacolo “Uno, Nessuno e Centomila” di Luigi Pirandello, sul palco Paolo Cresta che ne ha curato anche l’adattamento e la regia. L’attento e appassionato lavoro di Annamaria Russo, vera anima del Pozzo e il Pendolo, ha dato visibilità a giovani e talentuosi artisti emergenti e ad affermati protagonisti del panorama teatrale nazionale. Il protagonista Vitangelo Moscarda (Paolo Cresta), detto Gegè, un uomo benestante che vive di rendita grazie alla banca ereditata dal padre, che praticava anche l’usura. Dal momento che una mattina la moglie, inaspettatamente, gli fa notare che il suo naso pendeva verso destra, Vitangelo Moscarda non riconosce più il suo corpo, preso dal pensiero che non era per gli altri quel che finora, dentro di sé, si era figurato di essere.
«Mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che mi avevano data – riflette Vitangelo Moscarda – cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io, non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscardi quanti essi erano».
Ognuno di noi nella società indossa una maschera che è diversa da quella che adoperiamo in famiglia, nel lavoro: ma quale di queste è la più vera? Chi siamo davvero? Secondo l’autore non esiste una verità oggettiva, perché la realtà è fluida, interpretabile in svariati modi e il nostro Io è sempre mutevole. Con un “Io “ frantumato, annullato, svilito, il nostro antieroe sarà considerato pazzo, abbandonato dalla moglie, costretto a vivere in un ospizio, dove finalmente si sentirà uomo libero e felice lontano dalle costrizioni sociali. Luigi Pirandello con “Uno, Nessuno e Centomila” impone una profonda riflessione sulla disgregazione e sul disfacimento dell’uomo moderno, costretto a vivere secondo rigidi schemi precostituiti che la società gli impone, esortandolo a riappropriarsi del salvifico rapporto con Madre Natura. Paolo Cresta dona al pubblico una prova attoriale intensa e vibrante, facendo sua l’alienazione e lo straniamento del protagonista, esaltandone magistralmente gli stati d’animo,che passano dallo stupore-orrore per lo sconvolgimento iniziale, alla rabbia e stralunata follia, fino alla catarsi della sofferta scelta finale. Volutamente minimalista la scena dove troneggia una sedia come unico elemento d’arredo.
Cerca
-
Articoli recenti
- Recensione film: Oppenheimer di Christopher Nolan
- Intervista a Igina Di Napoli, direttore artistico di Casa del contemporanea
- Intervista a Gennaro Duello, giornalista e scrittore molto apprezzato
- Caserta infinita, il titolo della 51esima edizione di Settembre al Borgo
- Vincenzo Pirozzi si racconta dagli esordi agli impegni contemporanei
Find us on Facebook
-