Sergio Castellitto, a quarant’anni dalla strage di Via Carini (3 settembre 1982), interpreta Carlo Alberto dalla Chiesa nella serie di Lucio Pellegrini “Il Nostro Generale” – in onda da lunedì 9 gennaio in prima serata su Rai1 per quattro serate. La serie tv racconta la storia del Nucleo speciale antiterrorismo creato dal Generale dalla Chiesa nel Nord Italia degli anni ’70 per combattere l’attacco delle Brigate Rosse allo Stato italiano, in quella che fu una vera e propria guerra per la difesa della democrazia.
«Carlo Alberto dalla Chiesa è stato un uomo che ha vissuto tutta la vita con un uniforme addosso -sostiene Sergio Castellitto- ed era un militare, un carabiniere, un uomo di pace, lo contraddistinguevano la sua onestà, abnegazione e senso del dovere. C’è una battuta che rappresenta un faro intimo, nel recitare questo personaggio, quando afferma “certe cose si fanno per guardare in faccia ai nostri figli e non per guardare in faccia a se stessi, come in una specie di specchio narcisistico, per guardare in faccia al futuro”. Per interpretare il Generale dalla Chiesa ho trascorso delle ore con Rita, che mi ha raccontato aneddoti preziosi, intimi e familiari. Un attore di fronte ad un ruolo come quello del Generale dalla Chiesa ha il compito di narrare il personaggio attraverso la sua recitazione e il suo talento. Di quest’esperienza mi ha colpito la parte intima e personale con la famiglia, la relazione con la seconda moglie, ma anche il rapporto con questo gruppo di ragazzi, dei quali lui diventa padre e tutore. E sono davvero felice del rispetto con cui si parla di questo grande uomo».
Una coproduzione Rai Fiction-Stand By Me, prodotta da Simona Ercolani per la regia di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin, scritta da Monica Zapelli e Peppe Fiore, con la consulenza storica di Giovanni Bianconi e con il coinvolgimento della famiglia dalla Chiesa, dei veri membri del Nucleo e di alcuni magistrati che hanno partecipato alle indagini e istituito i processi, per portare sullo schermo non solo la ricostruzione accurata di una vicenda storica ancora poco conosciuta, ma anche il racconto più intimo e personale della vita dei protagonisti: i ragazzi del Nucleo antiterrorismo – interpretati da Antonio Folletto (Nicola, voce narrante della serie), Flavio Furno (Capitano Gian Paolo Sechi), Andrea Di Maria (Trucido), Viola Sartoretto (Minnie), Romano Reggiani (Funzionario), Alessio Praticò (Umberto Bonaventura), Stefano Rossi Giordani (Tedesco) – ma anche i famigliari di dalla Chiesa, con le interpretazioni di Teresa Saponangelo, nel ruolo della moglie Dora Fabbo, scomparsa prematuramente, Cecilia Bertozzi, Camilla Semino Favro e Luigi Imola nei panni dei tre figli Simona, Rita e Nando dalla Chiesa, e Claudia Marchiori in quelli della seconda moglie Emanuela Setti Carraro.
«Sono stati raccontati dieci anni di storia – commenta il regista Lucio Pellegrini- di guerra civile. Mi piaceva l’idea di restituire quella sensazione di tensione, di paura. Abitavo nel triangolo industriale, quindi, li ho respirati quegli anni ed ho parlato con gli ex ragazzi del Nucleo, ho percepito una grande umanità. Ho cercato di dare calore alle scene familiari, ricreando quella normalità e tra i ragazzi del Nucleo ho privilegiato l’aspetto umano. Spero che al pubblico possa arrivare questo modo di vivere con intensità anche in un periodo complicato e difficile. Ho girato nei posti reali dove sono accaduti i fatti. C’è stato un approccio emozionale intenso. Spero che possa essere condiviso dal pubblico».
La narrazione prende il via nel 1973, quando il Generale dalla Chiesa viene trasferito da Palermo – dove era impegnato nella lotta alla mafia – a Torino dove le Brigate Rosse stanno iniziando a rivendicare le loro prime azioni di propaganda armata: il Generale è il primo a capire l’entità del pericolo per la già fragile democrazia italiana e la necessità di contrastarlo con nuovi mezzi investigativi. Nonostante le resistenze dei vertici dell’Arma, dalla Chiesa non si arrende e, grazie alla sua ostinazione, nasce il Nucleo speciale antiterrorismo, un gruppo scelto di uomini, tutti giovanissimi, fortemente specializzato e capace di muoversi negli ambienti vicini ai brigatisti. Per i “ragazzi del generale” la lotta al terrorismo diventa un impegno totalizzante, non ci sono vacanze, pause e vita privata. Da una parte vi sono quindi il Generale e un gruppo scelto di giovani carabinieri sotto copertura, dall’altra ragazzi altrettanto giovani, i brigatisti, che coltivavano il sogno rivoluzionario di sovvertire lo Stato democratico attraverso sequestri, omicidi e attentati.
Tra i ragazzi del Nucleo spicca il pugliese Nicola, il prediletto di dalla Chiesa: la sua voce narrante guida i telespettatori dentro la complessità del periodo storico di un Paese lacerato da tensioni sociali e oscure trame politiche.
«Abbiamo trascorso quattro mesi meravigliosi insieme – ammette Antonio Folletto – e sono molti i momenti belli che ricordo, il più importante è stato quando abbiamo conosciuto i veri ragazzi del Nucleo. Loro ci tengono ad essere nominati perché in questi anni sono stati dimenticati. Quindi i Colonnelli dei Carabinieri Domenico Di Petrillo e Luciano Seno ci hanno fatto da guida e ci hanno dato la possibilità di entrare nella loro psicologia. Ricordo gli occhi di Domenico Di Petrillo quando parlava del Generale, gli brillavano, perché per loro è stato un padre. Oppure l’entusiasmo di Luciano Seno quando ci raccontava l’arresto dei due brigatisti Curcio e Franceschini. Questi ragazzi del Nucleo sono stati degli eroi, poco più che ventenni, che hanno difeso la democrazia».
Quello tra dalla Chiesa e i suoi uomini non è solo un rapporto professionale: il Generale è per loro un padre esigente, spesso duro, ma che sa guidarli, proteggerli e farli crescere. La grande abilità strategica di dalla Chiesa non riguarderà solo la “lotta sul campo” ma anche l’intuizione dell’importanza dei pentiti e, insieme al coraggio dei suoi ragazzi, riusciranno a vincere la guerra contro le Brigate Rosse. Le vicende del Paese – raccontate anche attraverso immagini e filmati di repertorio originali – si intrecciano al racconto delle vicende private e delle relazioni familiari di dalla Chiesa: Dora Fabbo, l’amatissima prima moglie, i figli Nando, Rita e Simona, i nipotini, e la giovane seconda moglie Emanuela Setti Carraro, che morirà insieme a lui a Palermo.
«Nando, Simona ed io abbiamo avuto un papà molto presente – racconta Rita dalla Chiesa- mia madre ha avuto vicino un marito, che purtroppo per motivi di lavoro si assentava, ma le era sempre accanto. Ed era innamoratissimo. Mia madre e mio padre hanno vissuto questo grande amore da quando si sono conosciuti, lei aveva quindici anni e papà diciotto. Di mio padre si è parlato soprattutto dell’ultimo periodo trascorso a Palermo, di quei famosi 100 giorni, quando c’era con lui la seconda moglie. Mia mamma interpretata magistralmente da Teresa Saponangelo è stata il fulcro della vita di papà, era la cassaforte di mio padre. A lei mio padre raccontava qualunque cosa gli stesse capitando, qualunque fragilità, dubbio o certezza. Mamma incamerava tutto, ma con noi non ne faceva parola, e papà sapeva di potersi fidare di lei ciecamente. Mamma è stata una donna che si è costruita intorno a sé un mondo di sicurezza e affetto, un mondo composto da suo marito e i suoi tre figli. Di papà ricordo la grande lealtà e il rispetto, al quale ci ha abituati, nei confronti di chiunque, la trasparenza delle sue azioni e l’amore che aveva per i suoi ragazzi, i carabinieri del Nucleo antiterrorismo, che per lui erano come dei figli. E sembrerà paradossale anche con il brigatista Patrizio Peci, collaboratore di giustizia, aveva un rapporto di padre e figlio, perché Peci chiedeva di parlare solo con mio padre, solo con lui riusciva a tirare fuori i motivi per cui era arrivato alla lotta armata. E c’è una cosa che mi sono ripromessa di fare nella vita, ed è quella di volerlo incontrare per capire e ringraziare un ragazzo che si è fidato di mio padre, in un momento di guerra, di paura, di tensione sociale. Peci era tra coloro che avevano scelto in modo sbagliato di sovvertire le regole, di cercare di affossare la democrazia. Ringrazio gli attori che hanno interpretato con passione i ragazzi del Nucleo, quegli uomini che avevano dovuto abbandonare le loro famiglie, le loro fidanzate e non potevano dire che lavoravano con il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa».
Realizzata con la collaborazione del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con il sostegno del Mic – Ministero della Cultura e di Film Commission Torino Piemonte, la serie è stata girata tra Roma, Palermo e Torino e in alcuni dei luoghi reali delle vicende narrate, tra cui la Caserma dei Carabinieri Pietro Micca di Torino e il cortile dove le Brigate Rosse uccisero Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati di Torino.
“Il Nostro Generale” che andrà in onda lunedì 9 e martedì 10, lunedì 16 e martedì 17 gennaio, in prima serata su Rai1, è una co-produzione Rai Fiction-Stand By Me con Sergio Castellitto. Una serie di Lucio Pellegrini prodotta da Simona Ercolani, con la regia di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin, scritta da Monica Zapelli e Peppe Fiore. Consulenza di Giovanni Bianconi. Produttore esecutivo Stand By Me Teresa Carducci. Produttore RAI Erica Pellegrini.