È un album che ammalia fin dal primo ascolto “Passing through emotions”, ultimo lavoro discografico del produttore e musicista Italo-svizzero Loris Al Raimondi, un disco strumentale che intreccia jazz, hip-hop e soul. Alla realizzazione del disco, composto, registrato e mixato dallo stesso Raimondi, hanno partecipato il leggendario Mike Stern e musicisti del calibro di Fabrizio Sotti, Alfredo Paixao, Gary Willis, Nir Felder, Tom Kennedy, Kevin Field, Tony Grey, Ettore Carucci, Massimo Biolcati, Michel Cusson, Giuseppe Milici.
Il tuo nuovo album “Passing Through Emotions” è nato dall’esigenza di concepire composizioni che rispecchiassero la tua vita.
«Sì, ho voluto esprimere le mie emozioni vissute fin ora. Il “passare attraverso le emozioni” è un cammino che inizia con la nascita. Il primo passaggio, “The First Emotion 273”: non so come siamo arrivati sulla terra ma è comunque un passaggio collegato ad una fortissima emozione. La nostra vita è un percorso, siamo di passaggio dalla nascita alla morte (No One Dies Forever) e anche la morte, con l’abbandono della terra, è un passaggio. L’album si apre con la nascita e si chiude con la morte. Durante il nostro percorso ci sono delle emozioni che viviamo: momenti belli, momenti magici, tanto amore, ma anche molte delusioni, paure, momenti di sconforto e lacrime. “Passing Through Emotions” è tutto questo. La mia esigenza era di creare un album che potesse essere un amico per chi si sente solo o per chi ha bisogno di conforto perché sta soffrendo. Ma anche per chi sente tanto amore e vuole condividere quel sentimento, perché ha un emozione che cresce sempre di più dentro di se: “U R The Melody Of My Life”».
Nei brani hai riversato le emozioni che ti hanno segnato nel profondo. È il disco della tua maturità artistica?
«Ogni titolo ha un suo significato ben preciso e ha un collegamento ad una forte emozione da me vissuta. Tutti i musicisti hanno suonato sapendo quale doveva essere l’emozione che andava trasmessa in ogni singolo brano ed è proprio questo a rendere l’album così speciale. Sicuramente “Passing Through Emotions” è il disco più importante e personale che abbia mai fatto ed è quello della maturità artistica, perché mi ha fatto capire che posso proporre la mia musica con gli artisti più rinomati della scena internazionale Jazz-Contemporary».
La musica per te rappresenta una cura, il tuo rifugio sicuro?
«La musica per me è un grandissimo dono! L’emozionarsi ascoltando musica, sentire i brividi, avere la pelle d’oca, capire e rendersi conto che mentre ascolti musica in te accade qualcosa di magico… è puro amore! È stata sempre una cura per me, una migliore amica, l’aiuto per superare i tanti momenti difficili».
L’album intreccia jazz, hip- hop e soul. È il risultato di intensa sperimentazione musicale.
«È il risultato attuale di quello che ho dentro di me. Faccio musica senza programmare il genere musicale. Per esempio, se mi viene richiesta una produzione Trap, Pop o Reggaeton, la produco cercando di adeguarmi al genere musicale richiesto ma mantenendo il mio stile. L’album invece è nato senza pensare al genere musicale. “Passing Through Emotions” è al 100% real, ovvero il musicista che sono ora senza filtri».
Alla realizzazione del disco ha partecipato il chitarrista Mike Stern. Come è iniziata questa collaborazione artistica?
«Era un grande sogno pensare di avere Mike Stern nel mio album! Però si sa che a volte i sogni si possono avverare. Dopo averlo contattato (avendo ricevuto la sua mail da Tom Kennedy, il bassista di Mike, anche lui presente nel mio album), ricevetti un messaggio alle 02:00 di notte che recitava così: “Thank you Loris, I’d love to do this!”. Poi la notte Mike mi chiamò e, leggendo il suo nome sul display, le gambe mi iniziarono a tremare… Era proprio Mike Stern che mi stava chiamando da NYC, ma ero così emozionato che non risposi alla chiamata. Gli scrissi che avevo perso la chiamata e lui mi richiamò. Parlammo della mia musica, del processo di nascita… gli spiegai il mio modo di creare musica in studio. A Mike piacque subito l’idea di suonare su questi brani con base HipHop e di partecipare ad un album così particolare assieme a tanti suoi colleghi. Sono rimasto colpito dalla gentilezza, dalla disponibilità e dall’umiltà di Mike Stern. Un grande cuore!».
Sin da bambino ascoltavi musica jazz. Quali artisti pensi ti abbiamo forgiato ed influenzato?
«Da piccolo io e mio fratello andavamo spesso insieme a comprare vinili, almeno quando riuscivamo a ricevere qualche soldino dai genitori o dai nonni. Ascoltavamo la musica di allora, gli anni ‘80 con Sade, Level42, Bronski Beat, Matt Bianco, ma anche Kool & the Gang, Earth Wind & Fire ecc. Poi iniziai a scoprire e a comprendere il Jazz. Toots Thielemans, Jaco Pastorius assieme ai Weather Report, Mike Stern e Pat Metheny sono stati i miei preferiti. Ma potrei nominarne tanti altri come ad esempio Charlie Parker, Dizzy Gillespie, John Coltrane, Bill Evans ma anche nel Jazz-Fusion la lista è lunghissima. Un musicista molto importante (non jazzista) che mi ha influenzato tantissimo in tutti i sensi, è Mark Hollis dei “Talk Talk”. Ci ha lasciato nel 2019, ma la sua musica e il suo modo di interpretarla, rimarrà per sempre una risorsa per tutti i musicisti. E naturalmente non posso non nominare Pino Daniele, a mio parere uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi! Pino è la musica!».
The First Emotions 273 è un brano in cui hai voluto trasmettere la gioia per la nascita di tua figlia. L’harmonica di Giuseppe Milici arricchisce la parte iniziale dalle sfumature soul e R&B. È un brano trascinante che si contraddistingue nel finale da un’esplosione di puro jazz. Quali emozioni hai provato?
«“The First Emotion 273” è dedicata alla nascita in generale, alla creazione di Dio. Un momento straordinario, un vero miracolo! L’atmosfera che ho voluto creare durante la prima parte era proprio la creazione e il lavoro di Dio. Si sente la mia voce che in sottofondo accompagna l’harmonica di Giuseppe Milici creando un atmosfera mistica. La parte finale con il mitico Basso di Gary Willis dei “Tribal Tech” rappresenta il risultato finale di un parto, il miracolo è fatto e viene presentato a tutti! Invece “It’s A Daughter” è dedicata a mia figlia Aliyah, ma anche a tutte le figlie del mondo… che possano essere amate ed essere felici. (L’ispirazione di It’s A Daughter e tratta dal film di Iram Haq – Che cosa dirà la gente)».
After All There’s Star è un brano dalle tinte soul che invita a non arrendersi di fronte alle difficoltà della vita. In quale momento l’hai composto?
«Si è proprio così, non bisogna mai arrendersi anche se a volte non si hanno più le forze per andare avanti. Anni fa ho vissuto un breve periodo di depressione. Non avevo voglia di vivere le giornate e non riuscivo a tirarmi su. È una sensazione difficile da comprendere se non la si prova sulla propria pelle. Non capivo il perché mi stava succedendo tutto questo, sentivo solo tristezza e sconforto. Anche durante quel periodo la musica mi ha aiutato tantissimo. Personalmente penso che in quei momenti sia fondamentale avere accanto una persona che ti ama e che si metta a tua disposizione per aiutarti. La musica è comunque sempre accanto a te e a tua disposizione, basta cercarla. Alla fine uscirà sempre una stella ad illuminarti il cammino!».
No One Dies Forever fonde il jazz al blues, un brano che scaturisce dal profondo dolore per la perdita di tuo fratello. È una delle composizioni che maggiormente ti rappresenta come musicista?
«Volevo trasmettere diverse emozioni. Da una parte la tristezza per aver perso una persona, dall’altra volevo festeggiare la sua vita, ciò che di lui rimarrà per sempre dentro di me. Questo brano l’ho composto pensando a mio fratello, ma è dedicato a tutti i nostri cari che fisicamente non sono più con noi, ma che spiritualmente e con l’anima saranno presenti per sempre accanto a noi! Mike Stern, Alfredo Paixao e Kevin Field mi hanno accompagnato interpretando straordinariamente questo brano. È sicuramente uno dei brani più importanti per me».