Si è conclusa l’edizione 2015 del Napoli Teatro Festival. Iniziato nel giugno 2008, ha portato a sé molti artisti di grande rilievo internazionale e non. Sono state edizioni all’insegna dell’ecosostenibilità attraverso il monitoraggio dell’impatto ambientale delle sue attività, dal funzionamento degli uffici alla realizzazione delle scenografie, dalla conduzione dei cantieri e dei trasporti, ai consumi energetici e altri fattori inquinanti. Il NTF, inoltre, ci ha fatto conoscere anche delle realtà “off” con E45 Napoli Fringe Festival.
Insomma, il Festival ha sempre qualcosa che porteremo nel cuore, nel bene e nel male ed è sempre un’attività che rende la città più viva e più internazionale. Durante il corso degli anni, però, ha perduto quella sua bella caratteristica di essere itinerante, di portare gli spettatori nei luoghi meno conosciuti e convenzionali. In più, purtroppo, pur essendo vicina alla città, nei luoghi della città, sembra sempre un Festival organizzato per gli addetti ai lavori o per chi vuole proseguire il suo abbonamento teatrale oltre la stagione. Non ha quindi, quel richiamo che accomuna altre organizzazioni festivaliere nelle quali si possono riscontrare maggiori relazioni con il mondo e, quindi, un afflusso di turisti e simili.
La mia personale conclusione è avvenuta il 28 – nella location simbolo di quest’anno: il Castel Sant’Elmo – con uno spettacolo non di danza (l’edizione 2015 è stata particolarmente attenta al movimento, penso più degli altri anni) per la regia di Lorenzo Lavia con Giorgio Pasotti, Fiorella Rubino, Gigio Alberti e il bravissimo (da riscoprire assolutamente) Antonello Fassari.
In una bella e scarna scenografia, si è messo in scena il testo Il Metodo Gronholmdel del catalano Jordi Galceran, qui semplicemente Il Metodo.
Quattro personaggi danno il peggio di loro in un ultimo e decisivo colloquio di lavoro tra menzogne e colpi di scena.
La rappresentazione – dice il regista – di una società che cerca sempre di sapere chi siamo per poterci meglio controllare, una società pronta ad elevarci per poi rigettarci verso il fondo. Uomini costretti ad umiliarsi per poter far parte della comunità globale in cui viviamo tutti noi.
Molto stile Carnage, strepitoso film di Roman Polansky.
Ottimo allestimento con qualche lentezza di troppo.
In attesa del prossimo, graditissimo Napoli Teatro Festival.