Stefano Taccone nato 32 anni fa a Napoli. Ha studiato storia dell’arte al Suor Orsola Benincasa, allievo di Angelo Trimarco e Stefania Zuliani. Si è laureato con una tesi sull’artista tedesco Hans Haacke, che poi si è trasformata nel suo primo libro. Taccone da quasi dieci anni è curatore di mostre. Noi di Mydreams abbiamo rivolto alcune domande sul meraviglioso mondo dell’arte.
Stefano come ti è nata la passione per l’arte e cosa significa essere curatore di una mostra artistica oggi?
«Forse la passione dell’arte per me è realizzazione di un mio impulso più profondo, quello verso la gratuità e l’autonomia, in opposizione al razionalismo strumentale ed alla servitù più o meno volontaria. Sono affascinato dalla potenza del linguaggio, anche da quello non ascrivibile al campo dell’arte e mi interessa appunto far collassare le barriere tra realtà e linguaggio.
Essere curatore di una mostra d’arte per me dovrebbe significare sviluppare un “concept” – ossia un’idea generale che fornisca uno “scheletro”, una struttura, alla mostra – provvisto di un minimo di contenuto e coerenza selezionando gli artisti in relazione ad esso.»
Come si diventa curatori d’arte e che tipo di impegno intellettivo e fisico richiede tale professione? Se la dovessi consigliare ad un giovane che consiglio gli daresti?
«C’è chi intraprende i primi passi facendo esperienza diretta sul campo, magari dopo gli studi universitari – e questa è l’opzione più tradizionale, quella che ho adottato anche io – e chi invece frequenta scuole di “studi curatoriali”, che sono un’invenzione ancora recente. Il curatore deve possedere tanto conoscenze legate all’ambito artistico quanto spiccate attitudini relazionali e strategiche. Un consiglio ad un giovane? Forse lo solleciterei a chiedersi innanzi tutto che cos’è per lui l’arte e qual è il ruolo che vuole avere all’interno o anche al di fuori del suo sistema.»
È stata inaugurata domenica 9 giugno 2013 la mostra del maestro Peppe Pappa dal titolo Venturo a cura di Stefano Taccone, che è stata possibile visitare fino al 7 luglio ove il maestro Pappa pone in essere un’operazione nuova ed affascinante: quella di affiancare al mestiere di artista quello di curatore. I lavori in mostra, infatti, nascono dal recupero di alcune locandine di capolavori del cinema russo tutte ascrivibili al clima delle avanguardie. Come è stato svolgere la tua attività di curatore in questa originale operazione artistica?
«Peppe ha sviluppato questa vocazione curatoriale già da qualche anno, realizzando mostre in cui ha svolto effettivamente il ruolo di curatore, invitando gli artisti a lavorare su stimoli che partivano da sue riflessioni. Ciò riconduce alla ricerca dell’ interazione con il “pubblico” già negli sessanta. L’attività artistica di Pappa e le modalità da lui adoperate nel caso di Venturo vanno ricondotte ad opere che nascono dalla giustapposizione tra le locandine del cinema sovietico ed alcuni pensieri formulati da persone che non si intendono qualificare artisti o politici “di professione”.»
Venturo è una operazione artistica di grande spessore sociale dalla quale è scaturita la creazione di un video cosa ci puoi raccontare in merito?
«In catalogo ho osservato come Pappa abbia sotteso nel suo metodo partecipato una sorta di paradigma socio-teleologico. A tale proposito, parafrasando il titolo della mostra, ho parlato di “(in)venturo di massa”: “ciò che verrà” che non è solo da inventare ma anche forse da (re)inventare sulla base dalle macerie del secolo scorso che ancora fanno da zavorra.
Un inventare insieme attraverso un processo di massa.»