Attore, doppiatore, direttore del doppiaggio e dialoghista italiano, Roberto Chevalier ha iniziato la sua carriera come attore di cinema e teatro, poi, per questioni familiari ha dovuto rinunciare dedicandosi anima e corpo al doppiaggio. Diversi sono gli attori internazionali da lui doppiati come: Tom Cruise, Tom Hanks, Andy García, Dennis Quaid, John Travolta, Kurt Russell e tanti altri. Di recente Chevalier ha nuovamente prestato la sua voce a Tom Cruise in Top Gun 2, film che vedremo nella sale il prossimo novembre. Inoltre ha doppiato Andy Garcia nella nuova serie Rebel prodotta per Disney+ ed ha diretto il doppiaggio di Grand Hotel, la nuova serie iberica attualmente in onda su Canale 5.
È direttore di doppiaggio di tantissimi film e serie televisive, e negli anni ha prestato la sua voce a tantissimi attori di calibro internazionale. Quali sono quelli che ha amato particolarmente?
«Ho doppiato tantissimi attori e ho diretto più di 400 film, per un totale circa di 4 mila ore di televisivo. Oltre i 400 film che ho diretto, più della metà li ho sempre dialogati io. Anche per quanto riguarda le serie televisive, ne ho fatte tantissime. Sono legato a tutto quello che ho fatto, perché ci ho sempre messo l’anima. Sicuramente la cosa più bella è quella che farò. Io sono sempre proiettato al futuro».
Il suo è un lavoro impegnativo?
«Certamente lo è, ma ti riempie di soddisfazione quando vedi che il risultato è apprezzato sia dal cliente che dal pubblico. La cosa migliore è che sia innanzitutto apprezzato da me, perché quando vado a letto la sera ho la coscienza pulita, proprio perché so di aver fatto il meglio che potevo e aver dato professionalmente il massimo».
Come si diventa un bravo doppiatore?
«Un bravo doppiatore deve saper recitare, avere una buona dizione e saper applicare le tecniche del doppiaggio. Una giusta sincronia, un giusto ritmo delle battute, unito ad una recitazione che rispetta quella originale».
Nel 1986 ha doppiato per la prima volta Tom Cruise nel film Top Gun, uno dei pochi attori doppiati che ha conosciuto personalmente. Ci può raccontare il vostro incontro?
«Ci siamo incontrati tante volte. La prima in occasione del film “Intervista col Vampiro” e lui mi ha scritto un bellissimo autografo con scritto: “Robert, thank you for your voice”. Ci siamo rivisti a tante altre prime e lui mi ha sempre chiesto: “Have you been well?”. Poi, nel 2000 a Taormina, quando fui premiato con il Nastro d’Argento per averlo doppiato in “Magnolia”, e lui ritirò il Nastro d’Argento alla carriera, in quell’occasione presentammo insieme il secondo “Mission Impossible”. Ci siamo rivisti tante altre volte. Adesso spero di rivederlo per la prima di “Top Gun 2” che abbiamo appena finito di doppiare e che probabilmente uscirà a novembre».
Qual è il suo film preferito?
«Dei film preferiti che ho doppiato ce ne sono diversi, ma su tutti svettano appunto “Magnolia”, “Truman Capote – A sangue freddo”, dove doppiavo la voce di Truman Capote interpretato da Philip Seymour Hoffman. Un personaggio completamente diverso da quelli che avevo interpretato, complesso, con la voce molto chioccia, con difetti di pronuncia, ed è stata una delle cose più belle che ho fatto».
Ha intrapreso la sua carriera da attore e doppiatore all’età di 9 anni, dando la voce a Lucky nel lungometraggio della Walt Disney La carica dei 101. Quello di doppiatore era un sogno che si è avverato oppure da bambino sognava altro?
«In realtà ho cominciato a 5 anni con il cinema, poi ho fatto televisione, teatro e doppiaggio subito dopo, perché si spargeva la voce che ero un bambino bravo. Lucky l’ho doppiato che avevo 9 anni ed è stato molto divertente, ma nella mia carriera ne ho fatte tante di cose, divertenti e non. Diventare doppiatore non era un mio sogno. Volevo diventare attore fisso del Piccolo Teatro con Strehler, con cui ho lavorato 5 anni, poi purtroppo per questioni familiari ho dovuto rinunciare. Avevo mio padre che era appena morto, mia madre che si era ammalata di cancro, avevo mio figlio piccolo, quindi ho scelto di seguire gli affetti, seguire l’operazione di mia madre e stare accanto a mio figlio. Ho continuato con il teatro a Roma, con l’attrice Ileana Ghione che era mia madre in “David Copperfield” e a quel punto, siccome doppiavo già tanti attori famosi, ero diventato direttore di doppiaggio e dialoghista, diciamo che il doppiaggio non è stato un ripiego, ma una seconda scelta che mi ha dato tante soddisfazioni. Nella mia carriera ho sempre puntato a diventare il numero uno, speravo di diventarlo nel teatro, ma non ho potuto per questioni di vita privata, ma lo sono diventato nel doppiaggio».
Le piace stare più davanti ad un leggio o dietro ad una macchina da presa?
«Sono due esperienza diverse e complementari. Stare davanti alla macchina da presa ti permette di creare un personaggio, sia fisicamente che spiritualmente. Gli dai un’anima, gli dai una fisicità, lo inventi, sempre in accordo col regista. Facendo il doppiatore, trasferisci una parte della tua anima in un altro corpo che ha già una sua personalità espressa dall’attore sullo schermo, quindi devi adeguare la tua interpretazione a quella sullo schermo. Devi ridare un’opera per intero, così com’è stata concepita e interpretata dall’attore. Sono due esperienza diverse, come dicevo, ma complementari perché fanno sempre parte del mestiere dell’attore. L’attore è un mestiere nobile».
A quali progetti sta lavorando in questo periodo?
«Sto dirigendo la serie spagnola di Grand Hotel, in onda su Canale 5. Una serie molto bella che si svolge nella Spagna nei primi del ‘900, intrigante, piena di colpi di scena. Inoltre, oltre a Top Gun 2, sto doppiando Andy Garcia nella nuova serie Rebel prodotto per Disney+. Ci sono tantissimi altri progetti, ma per scaramanzia preferisco non parlare. La nostra professione è sempre in divenire, quindi siamo sempre protesi a fare del nostro meglio per il nostro pubblico. Noi attori e doppiatori amiamo tanto il pubblico che ci dà gioia nel seguirci e nel riconoscere la nostra professionalità»