Nel 2010, mentre imperversano le manifestazioni studentesche a Lahore, un giovane pachistano, il professor Changez Khan (Riz Ahmed) viene intervistato dal giornalista americano Bobby Lincoln (Liev Schreiber). Changez, che ha studiato a Princeton, racconta a Lincoln il suo passato di brillante analista finanziario a Wall Street. Parla del luminoso futuro che aveva davanti, del suo mentore, Jim Cross (Kiefer Sutherland), e della bellissima, sofisticata Erica (Kate Hudson), con la quale si preparava a condividere il futuro. All’indomani dell’11 settembre, il senso di alienazione e il sospetto con il quale viene improvvisamente trattato, lo riporta nella sua terra di origine e dalla sua famiglia, alla quale è molto affezionato. Il suo carisma e la sua intelligenza lo fanno subito diventare un leader sia agli occhi degli student pachistani che lo adorano sia del governo americano che lo guarda con sospetto.
CRITICA
di Natalia Aspesi – La repubblica
C’è un’America che può essere generosa per chi ci vive, anche se straniero, carica di opportunità e di futuro; c’è un’America che può essere pericolosa fuori dai suoi confini, quando decide di occuparsi degli altri paesi e piegarli alla sua potenza e arroganza. Nel film di Mira Nair, che ha inaugurato fuori concorso la 69ª Mostra di Venezia, il giovane pachistano Changez vive queste due Americhe da, come dice il titolo, “fondamentalista riluttante”(…)
di Maurizio Caverzan – Il giornale
è un thriller politico tratto dal romanzo autobiografico di Mohsin Hamid (…) se l’11 settembre è quella ferita, ieri le parole più pronunciate sono state “guarigione” e “superamento degli stereotipi”. Intenzioni lodevoli dunque. Come lodevole eppure, eppure cosparso di ingenuità, è l’impegno narrativo per dare equilibrio a una storia che si svolge in tre continenti, Asia, America e Europa, e viene raccontata attraverso un lungo flashback (…) Ma resta qualcosa di ancora poco chiaro: quale sarebbe il fondamentalismo dell’occidente?
di Alberto Crespi – l’Unità
La storia, molto complessa è tutta incastrata (con lunghi flash back) in una situazione altamente simbolica: un americano e un pakistano parlano per ore in un bar di Lahore, Pakistan (…) la morale del fil è che non bisogna credere alle apparenze: né lui, né l’uomo della Cia sono semplici pedine del Grande Gioco, ma sono prima di tutto uomini: Deboli, divisi, contraddittori (…) una storia alla fin fine molto cerchiobottista (…)