Il cantautore toscano Ivan Francesco Ballerini trasfigura i suoi dolori, le sue gioie, le sue riflessioni e i suoi ricordi, per comporre liriche intrise di poesia e concepire il nuovo album, dal titolo Ancora libero. Il disco, anticipato dal singolo Da mondi lontani, accompagnato dal video realizzato da Nedo Baglioni, esce dopo il disco d’esordio Cavallo Pazzo ispirato ai Nativi d’America, che gli ha permesso di ricevere il diploma di merito della scuola autori di Mogol, per il brano Preghiera Navajo. Alla realizzazione dell’album Ancora libero, pubblicato dalla Radici Music Records, prodotto e arrangiato dal chitarrista e bassista Alberto Checcacci, hanno preso parte anche Alessandro Golini (violino), Alessandro Melani (percussioni) e Monica Barghini (voce solista e cori). Seguendo le orme dei grandi cantautori, Ivan Francesco Ballerini abbracciando la sua chitarra, propone una canzone d’autore contrassegnata da sonorità pop melodiche e delicate, che sembrano attingere impulso creativo da atmosfere di epoche lontane. Il disco, disponibile in cd, in formato digitale e in vinile (edizione limitata), contiene canzoni introspettive come Volare libero, liriche esistenziali quali Ho imparato, Ancora libero, Cambiare vita, liriche evocative come Guardo dalla finestra e Per me sempre sarai, canzoni d’amore come Da mondi lontani e Non sono una stella. Intanto, il cantautore Ivan Francesco Ballerini si prepara a partorire un nuovo progetto, lasciandosi influenzare ed attrarre dalla musica araba, ascoltata durante i suoi viaggi all’estero.
Il tuo nuovo album di inediti Ancora libero trae ispirazione da un’attenta analisi del mondo circostante. Un disco che parla di vita, di sogni, di libertà, di amore e che svela la tua anima e i tuoi pensieri reconditi. Quanto ti ha coinvolto emotivamente questo disco?
«Bellissima domanda. Mi ha coinvolto tantissimo, nel profondo. Trattandosi spesso di persone che sono state fondamentali nella mia vita: mia mamma, mio babbo, mia figlia. A volte non riesco a cantare queste canzoni… mi commuovo e sono costretto a fermarmi. Ma ritengo sia giusto così, scrivere ti costringe a mettere a nudo angoli nascosti della tua vita… ricordi a volte meravigliosi, a volte molto tristi».
Dal punto di vista artistico cosa rappresenta per te questo secondo album?
«Altra bellissima domanda. Penso “ancora libero” rappresenti un punto di passaggio, di transizione, nel mettere a fuoco e nel perfezionare il mio modo di scrivere. Avrei bisogno di più tempo, che spesso debbo ritagliare da giornate già troppo dense di impegni. Avrei bisogno di più tempo per poter studiare musica, per potermi confrontare con amici musicisti. Mi piace tantissimo la musica Araba, che ho avuto modo di ascoltare nei miei numerosi viaggi all’estero. Adesso sto lavorando ad un progetto dove la musica Araba farà capolino e questa cosa mi darà modo di ampliare certi orizzonti».
Il singolo Da mondi lontani, che ha anticipato l’uscita del disco, è una canzone d’amore, una romantica dichiarazione alla donna amata. “Il tuo sguardo non morirà mai, miliardi di anni tu hai, perché una stella tu sei” recita il testo. Da mondi lontani canta un sentimento che sopravvivrà in eterno, oltre la morte.
«Si è vero, hai toccato il punto nevralgico e fondamentale di ciò che esattamente volevo comunicare. Volevo scrivere una canzone che parlasse di amore, come amore cosmico e universale, come amore infinito. “Da mondi lontani”, come dice il titolo parla di materia, della materia che compone i nostri corpi, compreso quello della donna amata, una materia che viene dalle stelle e sulle stelle tornerà un giorno, in un ciclo infinito ed eterno. In pratica, anche il concetto di morte perde la sua valenza. Non si muore, ci si trasforma in qualcosa di diverso».
Il video è stato girato, in parte, sotto il murales di Nelson Mandela a Firenze. È una scelta per comunicare un messaggio di libertà e di speranza?
«Si certo. Il murales di Nelson Mandela mi sembrava un luogo “sacro” da poter dedicare e collegare alla parola libertà. La libertà. Se ci pensiamo bene, l’abbiamo perduta dal momento stesso in cui, la ragione ha preso il sopravvento sull’istinto, tipico degli animali. Gli uomini per poter vivere “civilmente” hanno bisogno di regole comuni da rispettare… ed ecco già perduta la libertà. Libertà nel senso vero del termine, vuol dire fare esattamente tutto ciò che ci passa per la testa, senza nessun divieto ed impedimento. E ciò sappiamo bene essere impossibile. Ma difenderla è sempre un nostro dovere… almeno quella poca libertà che ci viene ancora oggi concessa e che temo vada presto perduta».
Il brano Per me sempre sarai nasce da una poesia di tuo padre. Cosa hai provato nel musicare i suoi versi?
«Un giorno, durante un pranzo, mio babbo mi declama i versi di una poesia da lui scritta e di cui non conoscevo minimamente il contenuto. Una poesia scritta per l’occasione della nascita della bellissima Guendalina, nipote della sua attuale compagna, poesia che tra l’altro non aveva neppure un titolo. A me colpì molto, per cui promisi a mio babbo, che se ne fossi stato capace ci avrei scritto una canzone. Ricordo di aver studiato 8 ore circa, un giro, armonico “classico” di Mario Gangi, per un brano. Poi stanco, decisi di deporre le armi e di rimandare tutto al giorno successivo. Il giorno dopo, provai ad accostare le parole della poesia di babbo a questo giro armonico e… la canzone è nata da sola. Non ho dovuto sforzarmi. Ho cambiato quasi tutta la parte letteraria del testo per farla combaciare con la musica, lasciando tuttavia inalterato il senso primario della poesia. Mi commuovo sempre quando la canto… a volte non riesco a trattenere le lacrime per la commozione. La chitarra di Alberto Checcacci e il meraviglioso violino di Alessandro Golini, chiudono questo cerchio magico».
Quanto è stato gratificante per tuo padre prendere parte al disco?
«Romano è un vulcano. È un uomo di 84 anni col fisico ed il cervello di un ventenne. Grande amante della letteratura, grande conoscitore della Divina Commedia, pittore per tutta la vita, quando ha sentito ormai trasformata in canzone la sua poesia ha pianto senza ritegno. E posso dire che mio babbo non è un uomo dalla lacrima facile. Ma non ce l’ha fatta a trattenere l’emozione. Essere riuscito a coinvolgerlo in questo mio lavoro, è il più grande regalo che gli potessi fare… e che Ivan ha fatto a se stesso. Quando ha visto il video, girato dal mirabile Nedo Baglioni del brano “per me sempre sarai” si è commosso davvero tanto».
Nel brano Volare libero esprimi il bisogno di allontanarti dalla realtà quotidiana per scoprire te stesso, per volare libero come un falco, accompagnato dalla voce di tua madre. In quale momento della tua vita è nato?
«Volare libero è un brano interamente autobiografico, scritto nell’aprile 2020, quando tutta l’Italia era ferma a causa di questo nuovo nemico invisibile. È una canzone che mi rispecchia profondamente. Amo molto la solitudine, ne ho assoluto bisogno. Nel silenzio, spesso immerso nella natura e nei miei pensieri, nascono le idee dei miei progetti, che a volte condivido prontamente con l’insostituibile Alberto Checcacci. Volare libero parla della necessità di staccarsi dal mondo, dal quotidiano, per poter mettere a fuoco tutte le nostre umane fragilità. Cito spesso mia mamma in questo album. Col cuore spero che lei possa vedere le mie vicende umane. E a lei che ho dedicato questo mio disco. Il meraviglioso assolo finale di Alberto Checcacci proietta l’ascoltatore a volare in alto coi pensieri… fantastico».
Guardo dalla finestra è una dedica a tua madre che ti ha lasciato troppo presto. “Di notte scrivo poesie pensando a te” recita il testo. È una canzone delicata e commovente.
«“Guardo dalla finestra” è una canzone d’amore. Un amore ancora non dichiarato, per paura di non essere corrisposto, tra un giovane musicista ed un’insegnante amante dei fiori e dei suoi alunni (ecco il riferimento a mia mamma). È un brano di grande dolcezza, nella lirica e nel testo, molto figurativo “poi leghi i tuoi capelli con una matita” – cosa che soleva fare mia mamma quando si prendeva cura dei suoi fiori. I grandi amori a volte sono sempre complicati, perché ci coinvolgono molto nel profondo e questi sentimenti ci rendono più vulnerabili, fragili, e ci spaventano. Il violino dell’amico Alessandro Golini farcisce il tutto di una struggente dolcezza».
Io non ti vizio parla degli insegnamenti e dell’amore da donare ai propri figli. Cosa ha detto tua figlia Eleonora dopo aver ascoltato la canzone?
«Eleonora ascolta tutte le mie canzoni, sin dai tempi di Cavallo Pazzo. Mi consiglio spesso con lei ed ascolto le sue opinioni. Sono molto importanti per me, perché lei ascolta musica completamente diversa da quelle che ascoltavo io a vent’anni. Quando ha sentito “io non ti vizio” si è commossa molto, mentre mio babbo ci ha pianto… ecco, questo coinvolgimento emotivo da parte loro mi ha fatto capire alcune cose».
Ancora libero il brano che dà il titolo al disco è un monito rivolto ai giovani per spronarli a vivere la vita, a rapportarsi con gli altri. Purtroppo i ragazzi sono dipendenti dai social network. Da quali riflessioni è stato concepito?
«È nato da una analisi piuttosto approfondita della nostra società. Mi è capitato di osservare alcuni ragazzi al ristorante. Dovrebbero parlare, ridere, invece li vedi tutti assorti a leggere e commentare cose che vedono sugli schermi del loro smartphone. Mi sembra inquietante no? Io che adoro parlare, raccontare cose, viaggi dove magari parlo di persone che purtroppo non ci sono più, e che hanno contato tanto nella mia vita. Allora ho voluto lanciare un grido, un grido di protesta anni 60, da figlio dei fiori. Un grido che esorti a stare più per strada, a vivere le situazioni sulla propria pelle, e non situazioni ascoltate tramite un telefono o un computer. Poiché reputo questo un messaggio importante, ho deciso che il brano avrebbe dato il titolo al disco. Trovo inquietante che questa tecnologia, invece di unirci ci divida… ho voluto sottolineare questo, parlando più che altro ai giovani. Nel 2019, a maggio, nel pieno delle registrazioni di Cavallo Pazzo, mi sono dovuto operare ad una corda vocale. Ho dovuto rispettare un mese di assoluto silenzio e ovviamente non sono potuto andare a lavoro. Quando sono potuto rientrare, un mio caro collega mi ha testualmente detto: “Ivan, senza di te, siamo stati un mese senza chiacchierare”. Ecco… questo sono io».