Il Campania Teatro Festival, sapientemente diretto da Roberto Cappuccio, saluta il pubblico con lo spettacolo in forma di concerto per voci ed elettronica Amen di Massimo Recalcati, il primo testo teatrale del noto psicanalista che ha debuttato in anteprima nazionale l’8 luglio scorso al Festival dei Due Mondi di Spoleto per la regia di Valter Malosti.
«Sin da ragazzo, da quando avevo vent’anni , volevo scrivere di teatro. Ero un vero appassionato di teatro, mangiavo pane e teatro. Non avevo molti soldi e i pochi che avevo li spendevo per andare a teatro. Poi, come spesso accade nella vita, ci sono stati incontri che hanno in qualche modo deviato questa mia prima vocazione: C’è stata la filosofia e c’è stata la psicanalisi che mi ha completamente assorbito. Negli ultimi anni ho cominciato però a depositare qualche appunto con l’idea di tornare al teatro. E durante il primo lockdown ho cominciato a radunare questi appunti e a scrivere un testo. Mentre scrivevo attorno a me c’era la morte. Suoni di campane, di autoambulanze, una Milano deserta, i nostri vecchi che morivano. Al centro di questo testo c’è il rapporto tra la vita e la morte e ci sono delle domande. Domande su cosa ci sarà dopo la vita, se ci sarà un dopo e come saremo noi dopo la vita, cioè il problema della resurrezione della vita dopo la morte e c’è il tema di come noi possiamo resistere alla tentazione della morte, di come noi possiamo continuare ad essere vivi pur essendo destinati alla morte e pur avendo intorno a noi la morte. Amen è quindi la parola che consacra la possibilità che la vita possa esistere anche dove c’è la morte e che la morte non possa essere l’ultima parola sulla vita. Amen vuol dire così sia, che sia così , che la vita sia viva”. Nella mia storia c’è il fatto che sono nato destinato alla morte. Da piccolo i medici non mi davano chance di sopravvivenza. Il medico, così mi raccontava mia madre, chiamò il prete per sostituire la scienza. Sono stato un bambino che ha ricevuto il Battesimo e l’Estrema Unzione, apertura e chiusura della nostra esistenza. Di questo parla Amen».
In scena tre soli personaggi: la Madre (Federica Fracassi), il Figlio Enne2 (Marco Foschi), il Soldato (Danilo Nigrelli) accompagnati dalla chitarra elettrica di Paolo Spaccamonti ed i suoni live electronics Gup Alcaro. L’ autore nel testo fa riferimento a due libri che hanno influenzato la sua vita: Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern e Uomini e no di Elio Vittorini. Il primo è stato letto dal Recalcati alla giovane età di 13 anni e le vicende dei soldati durante la tirata in Russia si sono sedimentate nei suoi ricordi tanto da paragonare il battito cardiaco ai loro passi sulla neve, il secondo per la sua vocazione di partigiano Enne2 dal nome del protagonista del primo romanzo pubblicato nel 1945 che racconta la Resistenza italiana.
La condizione di sopravvissuto e di resistente agli attacchi della morte sempre in agguato è palpabile sin dalle prime parole pronunciate dalla Madre che lo descrive come “un mucchietto di ossa perforato da aghi, ferite ,tubicini, rasoi…”. Tuttavia il Figlio resiste ascoltando i battiti del suo cuore, uno dopo l’altro allo stesso ritmo di come trascorrono le ore nella scatola di vetro dell’incubatrice. Il Soldato vorrebbe lasciarsi morire nella neve bianca e soffice ma conta i suoi passi lenti e cadenzati come quelli del suo cuore.
Non ci si può arrendere alla morte senza lottare. La natura e gli animali non si rendono conto della morte. L’uomo sì ed è per questo che si pone delle domande e si sforza di resistere sempre e comunque.
Cosa ci sarà dopo? Il buio o la luce? Non lo sappiamo. L’importante è avanzare passo dopo passo, battito dopo battito. Perché la VITA ci chiama. AMEN