Prende il via dal prossimo 1° novembre l 43esima edizione del Roma Jazz Festival 2019, che fino al al 1° dicembre 2019 animerà la Capitale con 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar. Il Roma Jazz Festival 2019 è realizzato con il contributo del MIBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed è prodotto da IMF Foundation in co-realizzazione con Fondazione Musica per Roma.
Ad aprire la kermesse il 1° novembre saranno i Radiodervish alle 21 nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica e gli attesissimi Kokoroko alle 21.30 al Monk Club. Artisticamente nati nella seconda metà degli anni ‘90 in una terra di confine come la Puglia, allora teatro delle prime ondate di migrazioni verso l’Italia, i Radiodervish sono la band che più di ogni altra ha disegnato l’orizzonte di un’Italia come ponte fra l’Europa e il Mediterraneo. Prodotti al loro esordio da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, nell’arco di una carriera di oltre 20 anni hanno pubblicato 10 album e collaborato con musicisti come Franco Battiato, Jovanotti, Stewart Copeland, Caparezza, Noa e Nicola Piovani – per citarne soltanto alcuni – portando il loro inconfondibile cantautorato mediterraneo nei più prestigiosi palchi internazionali di città come Parigi, Beirut, Bruxelles, Gerusalemme, Valencia, Atene, Tel Aviv, Betlemme, Il Cairo e Amman. Da sempre cantano di uomini e donne appartenenti a spazi, culture e tempi differenti, alla ricerca di varchi fra Oriente e Occidente. Non fa eccezione il loro penultimo album, Il Sangre e il Sal, modo di dire in lingua Sabir (l’antica lingua spontanea dei porti del Mediterraneo) per indicare una condizione che è contemporaneamente l’appartenenza, il sangue che ci lega ad una famiglia, e lo sradicamento, il sale che il viaggio lascia addosso. Canzoni che raccontano un Mediterraneo di persone e non di nazioni, attraverso echi di Omero, Pasolini, Panagoulis, Baudelaire. Al Roma Jazz Festival, insieme al quartetto d’archi OLES, presentano Classica, il loro tredicesimo album uscito l’11 ottobre 2019 e realizzato insieme all’Orchestra Sinfonica di Lecce che ha reinterpretato alcuni dei brani migliori del loro repertorio.
Sabato 2 novembre alle 21 in Sala Sinopoli dell’Auditorium PdM sarà la volta invece della statunitense Dianne Reeves, considerata una delle più importanti interpreti femminili di jazz del nostro tempo al pari di Dee Dee Bridgewater, Cassandra Wilson e Diana Krall. Artista pluripremiata con ben cinque Grammy Awards, la Reeves, classe 1956, è cresciuta ispirandosi al magistero di Sarah Vaughan ma col tempo ha ampliato il tradizionale vocabolario jazz innestandovi, con rara eleganza, le varie sfumature della black music e del pop, come dimostra l’album Beautiful Life in cui ha interpretato brani di Bob Marley, Fletwood Mac e Ani Di Franco. Fra i momenti in cui ha letteralmente incantato il pubblico mondiale, la straordinaria, per controllo e potenza emozionale, performance nel film diretto da George Clooney Good Night and Good Luck.
Lunedì 4 novembre alle ore 21, sempre all’Auditorium PdM ma questa volta in Sala Petrassi con Antonio Sanchez & Migration. Alla Batteria troviamo Antonio Sanchez, la voce del gruppo è Thana Alexa. David «Chase» Baird: sax tenore ed EWI e alle tastiere troviamo John Escreet. Orlando Le Fleming: contrabbasso e basso elettrico Antonio Sanchez, famoso batterista americano, è uno dei punti di riferimento per il suo strumento. Nel 2007 ha registrato il suo primo disco in solo, Migration. L’album include un ampissimo gruppo di rinomati jazzisti del giorno d’oggi: Pat Metheny, Chick Corea, Chris Potter, David Sánchez and Scott Colley. Membro stabile del gruppo di Pat Metheny e celebrato per la sua colonna sonora, realizzata in solitudine, del film “Birdman”, premio Oscar 2015. Vive negli Stati Uniti e ha dedicato il suo ultimo lavoro discografico “Lines in the Sands” al tema dell’immigrazione come risposta alle politiche del Presidente Donald Trump e al suo famigerato muro anti-immigrati. Alla guida del quintetto Migration, Sanchez ha composto un lavoro dal netto contenuto civile e politico: tre brani, tra i quali Home, il cui testo è stato scritto dalla cantante di origini croate Thana Alexa, sono incastonati tra due suite di più di venti minuti ciascuna dove malinconia, forza e speranza sono perfettamente bilanciati. Il jazz ai tempi del sovranismo.