Eccolo il duo abruzzese che si sta facendo notare sulle scene live italiane, numerosi i concerti anche ad aperture di grandi firme del panorama indie rock. Sono I Malati Immaginari che all’attivo hanno ben due singoli ampiamente accolti dalla critica e che troviamo in rete anche grazie a video ufficiali curati con molta attenzione. Un pop digitale, in bilico tra i ’90 e il nuovo millennio, tra quel fare news wave nostrano e il mood inglese elegante e apolide. Le nostre domande aspettando questo disco d’esordio…
Musica oggi significa anche estetica. Voi ricorrete spesso al trucco, ad un certo abbigliamento… quanto tutto questo è parte narrante delle vostre canzoni?
L’estetica è parte integrante del progetto Malati Immaginari, e lo è stato dal primo momento Nel senso che ci piace ricorrere spesso, talvolta esclusivamente, alla nostra immagine per dare un volto al nostro suono e ai nostri testi. Tutto ciò che abbiamo indossato finora, compreso maschere e make up, riflettono il mood che vogliamo trasmettere in quel momento, sia esso un videoclip, come un servizio fotografico, o un concerto dal vivo. E poi ci piace e ci diverte sperimentare su noi stessi. In fondo, la musica è un’ottima scusa per sentirsi liberi di apparire come si vuole.
E in qualche modo il suono somiglia a quello che siete in scena o a quello che vivete quotidianamente?
Guarda, noi proviamo a essere noi stessi in ogni momento, in scena come appena svegli a casa o in sala prove. E poi la “finzione scenica” e la nostra vita quotidiana si influenzano a vicenda. Nella nostra musica, soprattutto quando la suoniamo dal vivo, c’è sempre traccia di ciò che abbiamo ascoltato e amato nella nostra quotidianità, mentre i testi sono lo specchio del nostro vissuto. Nelle canzoni parliamo di noi stessi, delle nostre esperienze, soprattutto quelle che ci hanno lasciato le cicatrici. E la musica è un po’ un modo per esorcizzare il male per poter vivere meglio.
E su tutto impera il nero. Non so se è solo una mia impressione o meno… cosa ne pensate? Ed eventualmente, che significato c’è dietro?
Non è una tua impressione, ovviamente. Il nero è lì ben visibile nel mondo dei Malati Immaginari, e come ogni elemento estetico/musicale ha un suo significato molto forte. Al nero associamo il nostro essere molto riflessivi e introversi, siamo romantici a modo nostro, crepuscolari. Il nero è la notte, la tranquillità, quel luogo in cui puoi nasconderti ed essere te stesso senza sentirti in obbligo di fare un sorriso in più. Il nero è il colore della nostra musica preferita. Veniamo dai Joy Division, dai Depeche Mode, dalla new wave. Ma attenzione, il sentirci crepuscolari o notturni non significa depressione. Anzi, siamo persone molto solari che amano divertirsi. Ma la nostra musica racconta la notte. Un cielo nero stellato, per noi, sarà sempre più affascinante di un tramonto.
Tanta l’elettronica che c’è dentro le vostre canzoni. Avete mai pensato ad un suono nudo e crudo di pura fonte analogica?
Vero. In disco abbiamo dato spazio alle nostre influenze più “sintetiche”. Dal vivo il discorso cambia. Benché in due, non abbiamo mai preso in considerazione l’utilizzo di basi o sequenze. Laura ha una strumentazione totalmente acustica, composto da un cajon e un set di percussioni. Dario, al netto del digitale dello shimmer e del delay, suona una acustica e un synth con oscillatore analogico. Semplicemente, le basi le costruiamo con una loop station nella quale passano tutte le fonti sonore e sono realizzate esclusivamente dal vivo. Quindi sì, ci abbiamo pensato a un suono più analogico del disco e lo abbiamo portato dal vivo.
E per chiudere questa chiacchierata vi chiedo: la produzione artistica del vostro suono, delle vostre canzoni, produzione totalmente indipendente, deve però un grazie a qualcuno a cui avete demandato la regia di qualcosa? Oppure ogni tassello artistico è farina del vostro sacco?
Silvio Speranza è il produttore del nostro primo disco “Schiena Contro Schiena”, che vedrà la luce questa primavera. È un po’ il nostro papà artistico, perché ha dato una prima identità sonora ai Malati Immaginari, mettendo in ordine le nostre idee e intervenendo in alcuni casi profondamente nell’arrangiamento. E non c’è dubbio, siamo soddisfatti del risultato, anche perché Silvio e L’Arte dei Rumori Studio di Napoli ci hanno seguito sin dai nostri primi passi. Quindi sì, il disco è stato realizzato a sei mani. Ma tutto ciò che riguarda il nostro percorso artistico sul fronte live, il risultato è frutto di ore e ore trascorse nella nostra stanzetta a provare, provare, poi riarrangiare e poi riscrivere tutto il nostro materiale, finché non ne siamo rimasti soddisfatti al 100%.