I Love, nuovo ep per Paola iezzi, tre cover arricchito da 4 remix, un lavoro di ricerca minuziosa, di gusto e, soprattutto, ricordi di palpiti e desideri giovanili, un ritratto di un amore di tanti anni di Paola per The Sun Always Shines On Tv degli A-Ha, Live To Tell di Madonna e Get Lucky dei Daft Punk, quest’ultimo usato come primo singolo accompagnato da un bellissimo video per la regia di Paolo Santambrogio per le strade di Soho a Manhattan, nel video compare anche Roman “Froz” Gorskiy, ballerino russo campione europeo e finalista mondiale di break dance.
La splendida Paola iezzi finalmente rinata dalle ceneri del famoso duo Paola & Chiara, molte volte coperte di sarcasmo e a malincuore per moltissimi fan, hanno chiuso la loro ultima crociata, ma la loro musica ha elettrizzato moltissimi animi.
In questa intervista Paola iezzi ne esce completamente diversa da quello che sembra, con molti grandi pregi, schietta, semplice, limpida, raccontando particolari simpatici del suo passato.
Quali ricordi sono legati a ogni singolo brano che hai scelto per questo Ep, i.Love?
«Parto da “Get Lucky” ricordi quasi nulla perché è un pezzo più che recente. Ricordo solo che aspettavo il nuovo lavoro dei Daft, dei quali sono una grande fan, da un bel po’, quando ho sentito “getlucky” ho pensato…”accidenti ce l’hanno fatta di nuovo!”. Penso sia uno dei pezzi più belli degli ultimi 15 anni. Hanno mescolato la dance, il funk e il pop con una capacità e una semplicità unici. Il testo è sublime e ti viene proprio voglia di cantarlo appena lo senti. Quindi l’ho fatto e non sono stata la sola a voler fare quasi subito una cover di questo brano. Michele Monestiroli (anche lui grande fan dei “Daft” ) ha ideato un arrangiamento secondo me fantastico di questa canzone.
Gli altri due pezzi sono entrambi legati ai miei ricordi di ragazzina, la malinconia e la bellezza degli anni ’80. Avevo voglia di riportare alla luce alcuni brani, poi ho scelto questi due in una lista di 15 brani, rimasti sostanzialmente più legati agli anni 80. Togliendoli però dalla “dimensione sonora” di quel periodo, arrangiandoli come due brani acustici che si potessero ricantare “chitarra e voce”, ne ho parlato con i due produttori, Cristiano Norbedo e Andrea Rigonat , perché volevo dare ai due pezzi una dimensione “country-western” desertica, ipnotica. Ero reduce dall’aver visto tutto “Breaking Bad” ed ero impazzita letteralmente per il mondo sonoro proposto dalla serie. Ne ero totalmente rapita. Così siamo andati in quella direzione. Sparàti.
Di “Live to tell” ricordo che la ascoltavo nel walkman con le cuffiette in campagna dalla nonna in estate, ero piccola, non potevo andare da nessuna parte, internet non c’era. A quell’epoca si poteva solo sognare ad occhi aperti con la musica a tutto volume nelle cuffie. Erano anni particolari. Questo brano di Madonna mi faceva piangere. Anche se non sapevo l’inglese mi arrivava qualcosa di molto profondo da questa melodia e in qualche modo il significato di quelle parole era dentro di me, anche se allora l’inglese lo inventavo.
Gli A-Ha è una di quelle band alle quali, nel corso del tempo, sono rimasta molto legata. Ho sempre amato i loro brani dalle armonie aperte, questo mondo “nordico” e il modo di cantare quasi “lirico” di Morten Harket mi faceva impazzire. Amo moltissimi loro brani e questo è uno di quelli che ho continuato ad ascoltare pensando che prima o poi ne avrei fatto una cover. Di loro ricordo che avevo un’amichetta a scuola che millantava un’amicizia molto stretta con Morten Harket, che assurdità, oggi con i social sarebbe plausibile, ma allora era IMPOSSIBILE! Mi raccontava che lei gli scriveva delle lettere e lui le rispondeva ed era andato a cena a casa sua più volte quando veniva in Italia. Ovviamente non produceva nessuna prova di questo. La cosa strana è che io le credevo!!! Certo che eravamo un’altra generazione di ragazzini. Decisamente!!! Ahahahahhah se penso a quelli di oggi…»
Questo ep è un apripista ad un tuo cd di inediti? Hai già qualche canzone pronta, puoi anticiparci qualcosa?
«Sì, qualcosa, ma non anticipo nulla. Ci sto lavorando. Senza fretta né pressioni. Voglio che da me emerga il meglio, con tutta la calma e l’ispirazione che un buon disco meriterebbe sempre. Non voglio farmi condizionare dalla velocità che viviamo e dalle pressioni che subiscono oggi gli artisti. Io ho deciso di intraprendere un mio modo di vivere questo lavoro. Di fare scelte differenti e di seguire un ritmo tutto mio nel produrre la musica. Questo farò con la massima onestà della quale dispongo. Finchè avrò l’energia per farlo.»
Sei anche una valente dj, come avviene la scelta della musica che proponi, se vai per periodi, tipo serata anni 80 e così via, e com’è nata questa tua passione?
«La passione che mi ha spinto ad andare verso il djing è la stessa che mi tiene attiva nella musica e nella creatività. Oggi vogliono cantare tutti e c’è un sovraffollamento e un’inflazione di cantanti. Io ho la necessità di variare sempre un po’ sennò mi annoio, in questo mondo di cantanti (ndr. Sorride). Fare dj set mi permette di stare meno concentrata solo su me stessa e le mie produzioni musicali. Mi porta a fare una maggiore ricerca musicale e mi rende felice nel poter condividere anche la musica prodotta da altri che io stessa amo. È un mestiere super creativo. Le scalette le scelgo in base alla serata che devo fare e al “mood” in cui sono, in più posso sbizzarrirmi con i look più particolari. Oramai non è un mistero che adori giocare con la mia immagine e la dimensione del DJ Set mi permette di fare questo con maggiore libertà di quando rappresenti un “personaggio pop”. Quando sei un cantante affermato per un genere, il pubblico si aspetta che tu sia sempre uguale, e io un po’ la soffro questa cosa, quindi, fare djing mi aiuta anche a fuori uscire da me stessa e sperimentare altri percorsi estetici. Per me tutto questo è vitale e creativo.»
Sei un’artista eclettica esprimi il tuo talento non solo nella musica ma anche in altre espressioni, come ad esempio la fotografia, vedremo un giorno una tua mostra?
«Questo non lo so. Oggi tutti fanno tutto. Ma bisogna, in questo tutto, avere davvero una passione, una certa competenza e qualcosa da esprimere. Se mi riterrò all’altezza di fare una mostra un giorno magari lo farò, per ora non è per nulla nei miei programmi. Pur amando molto la fotografia e dedicandomi ad essa a tempo perso, non ho mai avuto l’istinto di voler mettere i miei lavori “in mostra”.»
Ti abbiamo visto anche in alcuni programmi televisivi, ma hai mai ricevuto proposte per un film o fiction?
«È capitato. Ho fatto la comparsa in una bella commedia di Marco Ponti, uno dei registi italiani più talentuosi del nostro panorama, e mi sono divertita. Io non sono un’attrice. E sento che potrei accettare una proposta cinematografica solo recitando in un ruolo “iper costruito”, “sovrastrutturato” che ha un carattere ben preciso che è “sopra le righe” perché mi permetterebbe di interpretare. Cosa che mi ritengo in qualche modo, di poter fare, chiaramente diretta bene, dopo avere studiato a lungo il personaggio. Quello che non credo riuscirei mai a fare è fare proprio l’attrice tout court. La “persona normale”. Credo che interpretare la normalità sia la cosa più complessa per un attore. Quando al cinema mi capita di vedere un grande attore recitare la “persona normale” mi chiedo sempre come faccia a usare, per esempio, le mani, non tutti gli attori sanno muovere bene il corpo, recitare bene è difficilissimo. Devi calarti esattamente in quella situazione senza far vedere che “stai recitando”, insomma, complesso direi. Molto.»
Inevitabile non chiederti qualcosa del tuo passato, il duo Paola & Chiara, provi qualche volta nostalgia? E se ci sarà in un futuro qualche altro progetto insieme…
«Sono nemica acerrima della nostalgia. È un sentimento che rifuggo. È naturale per gli uomini provarla, ma quando si affaccia in me qualche cosa che mi sembra “nostalgica” la caccio via immediatamente. Penso che in verità non mi appartenga questo desiderio di riportare indietro il tempo. Io soffro spesso di malinconie, ma non di nostalgie. Con Chiara credo che abbiamo fatto e dato moltissimo. Facendo un percorso assolutamente non battuto e inusitato, direi pionieristico, per il pop italiano. Abbiamo anticipato in qualche modo un modo di fare il pop qui. Anche se pochi ce lo riconoscono. Ma io so che è così. E oggi so anche che, pure se ci sono persone che cercano di screditarti o farti apparire meno di quello che sei o che vali o che hai fatto, in verità, se tu sai darti un valore e sei consapevole di quello che hai fatto, nessuno può davvero deprezzarti. Noi abbiamo fatto un bel percorso. Come in tutti i percorsi abbiamo anche fatto i nostri errori e li abbiamo anche pagati. Sempre. Forse anche di più di quel che abbiamo mai davvero meritato, in alcuni casi.
Ma abbiamo anche avuto moltissime soddisfazioni, grazie a chi invece ha capito il nostro intento. E abbiamo imparato tante cose. Non rimpiango neppure un giorno del nostro percorso. Dalle giornate passate in sala a provare quando suonavamo nei locali a 16 anni, alle ore trascorse a scrivere canzoni o a lavorare in studio alla produzione dei nostri album. Sono stati anni stupendi. Ma oggi abbiamo bisogno di “sentirci diverse”, “nuove”, la sintonia si era spezzata in qualche modo e non riuscivamo più a ritrovarci. È durissima stare sempre in trincea e dover sempre e solo “resistere, resistere, resistere”. E noi forse avevamo concluso un “ciclo di vita e cose da dire”. È stato dolorosissimo ammetterlo, ma per onestà nei confronti prima di noi stesse, del pubblico, della musica e di questo pazzo mestiere, abbiamo preferito allontanarci. Troppe cose non funzionavano più. Noi abbiamo sempre avuto una sintonia speciale, ma i nostri percorsi e scelte, nel tempo si erano troppo allontanati, non la vedevamo più allo stesso modo su tante cose e questo generava continuamente dei conflitti interni che poi si riversavano sul nostro rapporto e sul lavoro. In più ci sentivamo sempre un po’ incomprese nel nostro modo di esprimerci musicalmente e questo non faceva che inasprire ancora di più il nostro rapporto. Ripeto, è dura star sempre con la testa sott’acqua, senza mai riuscire a prendere una boccata d’aria fresca.
Ma credo che l’amore che ci lega resterà per sempre. Non so nulla del futuro né posso saperlo. So che adesso la vita ci ha quasi “imposto” di andare ognuna per la propria strada. E così stiamo facendo. Assecondando unicamente il nostro istinto. Mi auguro che saremo sempre entrambe soddisfatte delle scelte fatte. L’affetto e il nostro legame sono imperituri.»
Ci sarà un tour musicale di Paola iezzi?
«Non so nulla. In un mondo iper globalizzato e industrializzato, io sono un artigiano. Molto, molto piccolo. Che ha la sua bottega “made in italy”, della quale è orgogliosissimo. Che produce pochissimi pezzi con totale dedizione e curando ogni minimo dettaglio. Ogni cosa che faccio è farina del mio sacco. E mi costa moltissimo in termini di energia, soldi, fatica. Ho la fortuna di trovare sempre molte persone che amano quello che faccio e mi danno una mano a realizzarlo. Diventa sempre più difficile riuscire a realizzare progetti di questi tempi, ma io ho sempre voglia di dare il meglio di me e non mi tiro mai indietro. Sono consapevole delle difficoltà ma la passione e l’amore per la qualità, guida ogni mia scelta, anche la più piccola e apparentemente insignificante. Lo dico sempre che non è il numero, ma la qualità del numero che oggi mi interessa. Oggi mi interessa avere la stima di persone che stimo a mia volta. Non mi interessa avere tutti. Mi interessa essere seguita e stimata chi mi interessa e che stimo . L’amore per me non è a senso unico. Ma è sempre uno scambio. Sennò diventa solo un esercizio “egotico” dal quale oggi mi tengo volontariamente molto lontana. Perché non mi arricchisce. Alimentare solo il proprio ego non porta le persone a crescere. Magari diventi un artista famosissimo, ma nel frattempo la persona “soffre”. Io do importanza all’artista e alla persona. Devo poter nutrire la mia persona ogni giorno con confronti sani. Non sopporto essere circondata di cortigiani che assecondano ogni mio pensiero e mi danno ragione. Se quattro persone su quattro mi danno ragione, mi ripeto sempre, “qualcuno mente”. Gli artisti cadono spesso in questo tranello ed è un limite enorme. Questa è la mia personale visione. Io cerco sempre il confronto. E deve essere un confronto educato che mai però trascenda e prescinda dall’educazione e dal rispetto.»
A proposito quale significato dai alla “i” minuscola del cognome, o semplice marchio?
«Lo faccio perché molti confondono la I maiuscola con la L. Nel disco “spagnolo”“Television” che stampò la Sony per il mercato spagnolo, il nostro cognome per questa ragione venne stampato sbagliato. Io ci rimasi malissimo all’epoca. Tutte le canzoni nei crediti del disco erano firmate Paola & Chiara Lezzi.
Da allora, ovunque, utilizzo la i minuscola. Che ha il puntino e quindi non puoi confonderla con niente. In più la trovo più “democratica”. In più Il mio nome in latino significa “piccolo” quindi tutto torna! »