Trainato dal brano Fa Che Sia Per Sempre, il primo disco dei Karbonio 14 Tra Le Luci Bianche sta avendo l’attenzione che si merita i queste settimane. L’alchimia musicale del quartetto emiliano si rifà al sound tipico del Brit pop, declinato con la melodia italiana e una buona dose di elettronica.
Nei testi dei 9 brani che compongono Tra Le Luci Bianche, i Karbonio 14, che sono partiti assieme inizialmente militando nella tribute band dei Coldplay X&Y, parlano delle dinamiche che si generano “quando l’uomo è costretto a confrontarsi con qualcosa che è più forte di lui, da un amore che logora ma di cui non si può fare a meno a una qualsiasi forma di dipendenza”.
Visti dal vivo, i Karbonio 14 trasmettono tutta la loro esperienza di consumati musicisti, raggiungendo punte entusiasmanti sulla post-new wave Tradirefaremale e soprattutto con il vero mash-up inaspettato del loro repertorio, Catene. Un brano che hanno realizzato con i Mistachic, un nome generalmente associato a remix dance. Sul palco i quattro componenti abbandonano i loro strumenti e iniziano una mixing session da vedere. Un’intuizione che li distacca da un filone di rock italiano e che dovrebbero perseguire con più incursioni nelle contaminazioni. Li abbiamo incontrati durante il tour ed ecco un ritratto individuale di ognuno di loro
Valerio Carboni: compositore, musicista, cantante, autore, fonico e produttore italiano. «Il disco lo abbiamo registrato tra Reggio Emilia, Carpi, Acquapendente e Arezzo. abbiamo deciso di utilizzare la metafora delle luci bianche perché non volevamo affrontare tematiche descrittive della realtà ma esplorare l’anima. E le luci bianche sono quelle che ti accecano e ti fanno immaginare non un posto concreto. Volevamo riempire con i nostri brani uno spazio neutro». Carboni è anche in parte responsabile del nome della band: «Lo so che può essere accostato al mio cognome, ma in realtà il carbonio 14 è l’elemento che fa da contrasto alla datazione dei reperti storici». Rimango molto sorpreso da questa spiegazione…«Evidentemente non andavi bene in chimica a suola! – scherza lui – ma in verità l’abbiamo adottato perché vorremmo che ogni nostro pezzo fosse legato a un ricordo temporale specifico per chi lo ascolta». Valerio, che ha scritto anche colonne sonore per spettacoli teatrali, film e musiche per vari gruppi e progetti (Aldo Giovanni e Giacomo, Arturo Brachetti, Angela Finocchiaro, Antonella Lo Coco) è orgoglioso di presentare il lavoro della band come «sforzo collettivo in cui tutti sono presenti dall’inizio alla fine, anche quando si tratta della composizione dei testi».
Cesare Barbi: il batterista dei Karbonio è u veterano della scena italiana, avendo suonato per Ligabue nell’album “Nome e Cognome” (2008) e collaborato con Cesare Cremonini nell’album “Il primo bacio sulla luna”. Ci racconta come è nata la sua esperienza e a cosa di rifà il suo stile: «Ci sono due mondi che convivevano negli anni 80. Io appartengo al secondo, quello tardo del decennio, di quando ho iniziato a lavorare con I Ladri di Biciclette. Facemmo una piccola rivoluzione swing all’epoca». Fiero di essere arrivato ai Karbonio e aver lavorato con produttori di successo come Luca Pernici e Fabrizio Barbacci (già con Ligabue) è stato anche il fondatore de I Rio, il gruppo in cui è cresciuto l’altro Ligabue del rock nostrano, Marco, che ha anche una partecipazione in questo disco. «La musica è stata una grande avventura, ho visto gli alti e i bassi. I protagonisti famosi con cui ho lavorato? Li sento sporadicamente, ma di consigli niente, credo che in questo clima ci si tenga per se stessi i trucchi del mestiere». È il più propenso di tutti a caldeggiare un’eventuale futura autoproduzione della band: «Abbiamo avuto i grandi del rock italiano ma ci vediamo pronti a essere in studio da soli adesso. Poi il cantante è anche produttore, quindi…Non so se continueremo su questa strada per quanto riguarda i testi. Sarebbe sprecato non metterci qualcosa di più di noi stessi. Questo è stato il disco dell’esordio come band, c’è un solco che va alimentato. Qualche idea di come parlare delle difficoltà della vita, e del nostro lavoro ce l’abbiamo già». Dal punto di vista musicale, dicono i compagni della band, è quello che più spinge sul beat anni 80: «Non temo di essere soffocato dall’elettronica», dice.
Luca Zannoni: tastierista, arrangiatore, compositore, autore. Ha un background molto diversificato, con musica classica studiata al conservatorio, e un percorso al C.E.P.A.M di Reggio Emilia in composizione e arrangiamento moderno, e dal 1994 al 1996 al C.P.M. (centro professione musica) di Milano. Dal 1998 al 2006 fa parte dei GODIVA, con i quali realizza l’album “Mappa di te”. Poi nei Karbonio: «Non crediamo di far parte dell’onda rock emiliana, perché lì c’è molta America, molto Springsteen, mentre in noi c’è molto Brit Pop. Dopo l’esperienza di cover dei Coldplay ci siamo resi conto che per scrivere cose nostre devi metterci tutta l’esperienza ma anche molto di quello che hai ereditato come stile dal tuo passato». Gli chiedo come mai la presentazione del disco parla dei loro suoni come volutamente “imprecisi”: «Siamo come il sorriso del giorno dopo la sbronza, dove c’è confusione ma ottimismo. La musica è comunicazione e spesso chi ci viene a sentire ci dice che la freschezza del nostro suono si capisce che deriva dalle influenze che non sembrano studiate».
Matteo Verrini: il bassista e autore. È lui che conosceva da tempo il cantante Valerio con cui nei The BackBeat aveva lavorato all’album di inediti “K‐Mine” . Assieme avevano partecipato al Pistoia Blues 2003 come spalla dei Jehtro Tull. Eppure oggi Matteo, che dal vivo è un vero front-man, ci dice che le sue influenze sono disparate: «Amo i Red Hot Chili Peppers e nel mio bagaglio c’è molto funk. Non so in cosa si tramuta ma sono sempre molto attento alle dinamiche del suonato più che alle note». Dice di aver sviluppato uno stile minimale, ma a ben vedere molti dei pezzi della band sono trainati dalla sua inventiva discreta. Quando capita di rifare i Coldplay anche nei concerti dei Karbonio, è assolutamente in prima linea con uno strumento solitamente considerato di appoggio. «Sono l’unico che ho un lavoro anche al di fuori del gruppo ma cerco di esserci sempre al 100%. Andiamo molto d’accordo tra noi e siamo tutti contenti di affermare che per il prossimo disco ambiamo ad avere Brian Eno». Scherzoso e determinato, Matteo è descritto dai compagni di band come quello più indie con idee a volte difficili da comprendere. Lui risponde: «Il panorama è sempre più affollato di proposte musicali e per avere ascolto bisogna mettere assieme vari ingredienti. È stato importante avere con noi un autore come Saverio Grandi che ha lavorato con Vasco e Laura Pausini, abbiamo visto cose di noi con una persona esterna che non conoscevamo».