I Joe Debono Quintet concepiscono l’album “Acquapazza”, un progetto discografico partorito dalla collaborazione artistica tra il pianista maltese Joe Debono e cinque eccellenti musicisti siciliani. Il disco contiene nove brani composti da Joe Debono, tranne il brano Innu Lil San Guzepp, scritto da Carlo Diacono. “Acquapazza”, prodotto dall’etichetta discografica Anaglyphos Records, supportato da Malta Arts Fund – Arts Council Malta, disponibile su tutte le piattaforme digitali e in copia fisica, è un disco jazz elegante e raffinato, contaminato da sonorità mediterranee, in cui il jazz si intreccia al blues, al gospel e al rock. Il gruppo jazz, Joe Debono Quintet, è formato da: Joe Debono al pianoforte, Dino Rubino alla tromba e flicorno, Rino Cirinnà al sax tenore, Nello Toscano al contrabbasso e Paolo Vicari alla batteria.
È uscito il vostro nuovo album intitolato Acquapazza. Ognuno di voi ha apportato nel progetto discografico la propria esperienza musicale?
«Sì, non c’erano proprio intoppi. Ci siamo incontrati in studio, abbiamo discusso i brani uno dopo l’altro, i membri del gruppo avevano la musica in anticipo, quindi avevano studiato i pezzi e in realtà avevamo suonato tre dei pezzi registrati qualche tempo fa, ma i nuovi pezzi li abbiamo provati, messi a punto e registrati. L’album è stato registrato in tre giorni. Sapevo che i musicisti avrebbero capito il groove dell’album – avendo suonato con loro prima. Sapevo che le loro sensibilità e affinità si sarebbero adattate alla mia musica. Ero alla ricerca di quella scioltezza e freschezza che credo sia una caratteristica molto importante del jazz. Sono molto contento di come mi sento con questi musicisti, anche quando non stiamo suonando. Si sta bene e la musica si contamina di questa sensibilità e lavoro di squadra vera e propria».
L’album intreccia il jazz al blues, al gospel e al rock e si contraddistingue per le sfumature mediterranee. È stato un lavoro di intensa ricerca e sperimentazione?
«Penso che la fase di ricerca e di sperimentazione sia un esercizio continuo e non si fermi mai davvero, nemmeno quando si compone. Un’idea musicale può essere fortemente contaminata dalla sua frase precedente, e forse a volte è così che dovrebbe essere. Quando compongo di solito scrivo quello che sento. Come la maggior parte dei musicisti che improvvisano, questo è un esercizio comune (suonare ciò che si sente), quindi quando si compone è come improvvisare, ma è possibile fermare il tempo, riflettere e modificare. Ovviamente l’improvvisazione e la composizione hanno funzioni diverse, ma le due cose sono strettamente legate tra loro. A volte ho un’idea preconcetta di come dovrebbe essere la melodia e ci lavoro su, altre volte la melodia prende letteralmente una vita propria e si scrive da sola e ciò che era veramente preconcetto potrebbero essere le prime note. Questo è successo a Gigi dove l’idea era di iniziare con le due note, le due note che mio figlio di 1 anno canticchiava continuamente… ma il resto della melodia si è scritto da solo in un certo senso. Ma è sempre diverso per ogni melodia».
Da quali jazzisti del passato vi siete lasciati influenzare per concepire Acquapazza?
«Ci sono molti musicisti che mi hanno influenzato e che hanno reso la mia vita in generale più bella, più eccitante. Come giovane pianista di formazione classica, ricordo di aver ascoltato Shostakovich suonare i suoi preludi e fughe e il livello di interpretazione e il modo sciolto, ma esatto, della sua esibizione, mi hanno davvero colpito. Immagino sia stata quella freschezza nell’esecuzione che mi ha diretto verso Herbie Hancock, Paul Bley o Keith Jarrett e attraverso di loro sono stato portato a Barry Harris, Bud Powell, Monk ecc. Ma lo spirito di Acquapazza è influenzato dalla linea di pensiero collettiva, che non può essere imposta».
Come si è formato il Joe Debono Quintet?
«Questo progetto ha lo scopo di documentare una collaborazione che dura da quattro anni iniziata grazie al Malta Jazz Festival che mi ha commissionato di suonare con musicisti affermati come Rino Cirinnà, Stjepko Gut, Roberto Occhipinti e Marco Pellitteri durante l’edizione 2016. Grazie a ciò si è creata un’amicizia con Rino che ha portato alla formazione finale di questo quintetto. Nel 2018 sono stato invitato al Ragusa Ibla Jazz Festival, e quando nel 2019 mi è stato chiesto di fare un tour a Palermo, Siracusa e Catania, ho discusso con Rino la possibilità di formare un quintetto con musicisti siciliani, con cui avremmo suonato le mie composizioni, e lui ha subito ammesso. Grazie anche al supporto di Arts Council Malta, in una settimana i membri della band furono stabiliti. Rino ha subito pensato di coinvolgere Dino Rubino che non ha bisogno di presentazioni perché è uno dei più grandi musicisti italiani ed europei, Nello Toscano memoria storica del jazz siciliano con un background immenso e conoscenza di questa disciplina musicale, Paolo Vicari un giovanissimo, nuova leva che vanta tanta esperienza e tante collaborazioni importanti. Le esperienze che ho avuto con questi ragazzi hanno convalidato e consolidato la mia identità di musicista e compositore jazz».
Cosa rappresenta per la vostra carriera il Malta Jazz Festival?
«La prima volta che sono stato al Malta Jazz Festival era quando suonavano Elvin Jones Group, Chick Corea Trio e Michel Petrucciani. L’impatto che il festival aveva su di me era tale che ha consolidato la voglia di saperne di più su questa musica. Ero ancora molto giovane ma ricordo ancora l’energia particolarmente speciale che c’era, anche tra i musicisti locali più anziani. Eravamo tutti felicissimi che finalmente c’era un festival di jazz, e da quel tempo, per me è rimasto la festa culturale più importante nel calendario maltese, visto che si possono vedere i jazzisti più famosi al mondo, oltre a scoprire nuovi esponenti che rappresentano il polso del jazz attuale».