I Blastema, Matteo Casadei (voce), Alberto Nanni (chitarre, cori), Michele Gavelli (Pianoforte, Synth, Hammond), Luca Marchi (basso) e Daniele Gambi (batteria) sono una band nata nella culla del rock indipendente italiano e prodotta da Dori Ghezzi e Luvi De André per Nuvole Production.
Dopo aver calcato importanti palchi e piazze come quelli del Woodstock5Stelle di Beppe Grillo, del Concertone del Primo Maggio, dell’Heineken Jammin’ Festival e dell’ultimo Festival di Sanremo in cui si sono classificati al quarto posto in finale, aggiudicandosi il secondo posto per la giuria di qualità con il brano “Dietro l’intima ragione”, i Blastema si preparano ad aprire il tour italiano degli Skunk Anansie.
Il 15 luglio a Milano (City Sound 2013 c/o Ippodromo del Galoppo di S.Siro), il 16 luglio a Firenze (Obihall), il 21 luglio a Cividale del Friuli (Piazza del Duomo, UD), il 23 luglio a Grugliasco (GruVillage, TO), il 24 luglio a Cattolica (Arena della Regina, RN) e il 13 agosto a Pescara (Stadio Adriano Flacco – Antistadio).
Cosa significa per voi essere stati scelti come gruppo di supporto per le date italiane del tour estivo degli Skunk Anansie?
« Siamo onorati ed entusiasti. Per noi significa soprattutto la possibilità di poter frequentare da vicino uno dei gruppi che ha contribuito a sviluppare il nuovo corso del rock negli ultimi vent’anni e siamo certi che questa esperienza ci segnerà come musicisti e come persone.»
Blastema nascono nel 1997. Oggi della formazione iniziale restano Matteo Casadei e Alberto Nanni. Questi diversi cambiamenti non sono stati mai motivo di scoraggiamento? Qual è stato il “credo” che vi ha spinto ad andare avanti e a non mollare?
«I cambiamenti sono fisiologici in qualsiasi progetto di una certa durata, per cui anche nel nostro; in realtà guardando indietro e cercando di analizzare lucidamente i passaggi, non ho mai riscontrato niente di traumatico, anzi tutto si è svolto in maniera naturale, come se fosse l’organismo Blastema autonomamente a decidere quale direzione prendere e a preservarsi indipendentemente dalle parti che lo componevano. In questo, quindi, non possiamo riconoscerci un merito vero e proprio, né una regola di sopravvivenza riconducibile ad un motto; forse dobbiamo darci atto di un grande spirito di abnegazione e di una incrollabile fiducia.»
“Lo stato in cui sono stato” è il vostro secondo album dopo “Pensieri Illuminati”. In che modo si differenzia dal primo?
«Pensieri illuminati è una sorta di catalogo che compendia quasi dieci anni di creazioni dei Blastema: alcuni sono brani proveniente dai vari EP precedenti; altri sono brani inediti ma registrati in studi diversi a seconda della situazione che li aveva visti nascere; altri ancora sono pezzi appositamente scritti e registrati per quell’album ma realizzati in condizioni economiche e tecniche che definirei approssimative.
Il risultato è un album molto vario, con dei bellissimi pezzi, ma che ha poco l’appeal del disco inteso come concetto.
Per “Lo stato in cui sono” stato abbiamo operato esattamente all’opposto. Il disco è stato scritto in poco più di tre mesi e registrato nell’arco di un anno, in uno studio che oramai era diventato la nostra seconda casa e nel quale abbiamo potuto cercare e sperimentare fino a che non ci siamo sentiti soddisfatti. Lo stato in cui sono stato è un disco rapido, di movimento, breve e circolare, che lascia spazio alla riflessione, ma lo fa con uno sguardo rivolto alla propria capacità di riproporsi senza farsi accorgere, senza urtare.»
In questo ultimo progetto musicale quale testo vi rappresenta in modo particolare?
«Per quel che mi riguarda tutti a modo loro, dipende dai momenti.»
Il video del singolo “Tira fuori le spine”, interpretato da persone portatrici di handicap, interroga sul senso della vita attraverso gli sguardi e i sorrisi dei suoi protagonisti, immagini semplici che toccano nel profondo la coscienza. Ci spiegate un po’ come è avvenuta la realizzazione e la scelta dei protagonisti?
« L’idea è venuta al regista, Cosimo Alemà, mentre stavamo valutando suggestioni e trattamenti che fossero idonei a questo pezzo intenso e difficile da filmare. É nato come un germe, senza una vera e propria identità formale, ma più ragionavamo sull’opportunità di poter realizzare il video con la collaborazione dei ragazzi, più si radicava in noi l’idea che la strada era quella giusta.
Tira fuori le spine non tratta di argomenti sociali e non vuole indagare sul personale, è un inno alla vita intesa come pervicace attaccamento alla continuazione, allo spirito oltranzista che è di tutte le cose vive e che viene a meno in quelle cristallizzate dalla morte o dalla proiezione della morte. Così pur sapendo che taluni avrebbero potuto tacciarci di sfruttamento, di facile retorica e quant’altro, abbiamo volutamente e coscientemente realizzato questo video così come lo volevamo, perché per noi era necessario affinché il senso che muove il pezzo affiorasse senza fraintendimenti.»
In quanto tempo è stato realizzato il nuovo album e in che modo avete scelto i brani da inserire?
«Alla prima parte della domanda ho già risposto precedentemente. Per quel che riguarda la selezione dei brani è stata una selezione fatta insieme, dal gruppo e dalla produzione, affinché il disco uscisse equilibrato e non ci fossero scompensi.»
Quando e in che modo è avvenuto l’interessamento di “Nuvole Production”, casa discografica di Fabrizio De Andrè diretta da Dori Ghezzi e Luvi De Andrè? Cosa, a parte la vostra musica, ha riscosso il loro interesse?
«L’incontro con nuvole è avvenuto negli ultimi mesi del 2011 ed è nato da un interessamento di Luvi nei confronti della nostra musica dopo aver ascoltato alcuni brani su youtube.
Dopo essersi complimentata per il nostro lavoro in capo ad una settimana ci ha convocati nella sede della fondazione De André dove abbiamo conosciuto Dori e lo staff di nuvole e dove abbiamo parlato un po’ dei nostri progetti. Dopo pochissimo ci hanno proposto di entrare nella a far parte dell’etichetta e noi siamo stati ben lieti di accettare, anche perché come persone ci siamo piaciuti e capiti subito e questo deve aver convinto tutti che c’erano i presupposti per una bella e proficua collaborazione»
Diverse sono state le partecipazioni ad eventi di un certo rilievo, quali ha scaturito maggior interesse da parte vostra?
«Ma sceglierne una è difficile. L’ultima in ordine temporale è stata la partecipazione al Festival di Sanremo e prima ancora al Festival ichnusa di fronte a 50.000 persone, sulla spiaggia del Poetto a Cagliari prima dei Litfiba. Una serata indimenticabile.