È uscito “Stray Bop”, il nuovo album dei Bardamù, il duo jazz-hip hop formato dai fratelli Ginaski Wop e Alfonso Tramontana. “Stray Bop” disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download (distribuzione digitale EGEA MUSIC), ed in vinile. I due fratelli, Ginaski Wop (batteria, percussioni, sampler, voce) e Alfonso Tramontana (pianoforte, tastiere, sintetizzatore e voce) viaggiano da circa vent’anni e compongono la loro musica lasciandosi influenzare da ogni luogo. Dal 2000 hanno vissuto prima a Cuba, poi a Barcellona e a Madrid. Oggi vivono tra l’Italia, Roma in particolare, e gli Stati Uniti. Apprezzati nei jazz club più importanti di Manhattan, insieme scrivono musica e testi dei loro brani e li producono e registrano nel loro studio mobile per le vie della città.
Il vostro disco “Stray Bop” è stato registrato per le strade di Brooklyn. New York ha sempre ispirato tanti artisti?
«Sì, è una città che ispira a 360°. Basti pensare a tutto quello che è stato prodotto negli anni dal punto di vista musicale, cinematografico ma anche pittorico, infatti i movimenti culturali newyorkesi hanno ispirato tanti artisti, nel resto del mondo».
L’album attinge dal genere be-bop?
«Stray Bop vede la cultura hip hop come naturale evoluzione della cultura jazz. I brani sono suonati interamente dal vivo e con strumenti tradizionali. Tutto quel che si ascolta è suonato dal vivo seguendo i parametri delle classiche jazz band. Il progetto è Bop non solo per i richiami al be-bop, ma soprattutto per quel che concerne il piano concettuale: ci rifacciamo alla cultura Bop propria della letteratura americana (Kerouac, Ginsberg, Corso), dove il linguaggio e le parole vengono utilizzate in modo tale da offrire l’idea del ritmo e della velocità. Ecco perché il rap entra come parte integrante della musica. Il rap è la parte letteraria che concettualizza l’idea di “essere Stray”: perennemente in viaggio fra città e suoni».
Il singolo che dà il titolo all’album Stray Bop in quale occasione è stato scritto?
«In maniera molto spontanea, alla fine di un concerto abbiamo iniziato a suonare, e su quella scansione ritmica e su quegli accordi, il rapper K. Sparks ha improvvisato il rap ed è nato Stray Bop».
Il disco vanta la collaborazione di diversi musicisti…
«Sono artisti del panorama jazz e hip hop, che conosciamo da tempo, con i quali abbiamo improvvisato, più volte al termine di un live o durante le prove. Così, quando è scaturita l’idea di realizzare il disco, gli abbiamo chiesto di collaborare con noi».
Oltre al singolo quali altri brani rappresentano i Bardamù?
«Ogni pezzo ha una parte di noi, perché, ognuno nasce dall’esigenza di esprimere le nostre sensazioni, la nostra maniera di voler fare musica e ogni brano è composto in stile Stray Bop. Quindi sinceramente sarebbe difficile poterne indicare solamente uno».
Quali artisti della scena hip hop stimate musicalmente?
«Diversi. Tormento, il componente dei Sottotono, unico ospite italiano nel disco, rappresenta la vecchia scuola per la cultura hip hop italiana. Abbiamo vissuto l’hip hop anni ‘90 in maniera abbastanza intensa ed è normale che la nostra espressione è rivolta a quel linguaggio musicale. Anche il rapper J Cole, ad esempio, è tornato ad utilizzare determinate ritmiche e metriche, stile anni ‘90».
La musica vi ha spinto a viaggiare. Cosa vi hanno trasmesso quei soggiorni dal punto di vista artistico?
«Ogni viaggio ti segna in positivo ed anche in negativo. Ti dà sensazioni forti che rientrano a fare parte della tua esperienza e del tuo bagaglio interiore. Da un punto di vista musicale, ci siamo fermati in posti che già ci interessavano a priori. Ad esempio, il viaggio a Cuba era legato all’interesse verso quel determinato tipo di musica, e quel soggiorno oltre a lasciarci dentro i suoni e i colori de L’Avana, ci ha insegnato anche un certo modo di arrangiare i fiati o interpretare alcune scansioni ritmiche».
Ogni viaggio vi ha permesso anche di conoscere vari musicisti.
«Sì, abbiamo voluto interagire con gli artisti del posto e sicuramente questo ha dato origine alla possibilità di instaurare dei rapporti di amicizia e di stima e in seguito dei featuring».
Perché avete scelto il nome Bardamù?
«Si ispira al nome del protagonista del romanzo “Viaggio al termine della notte” scritto da Louis-Ferdinand Céline, Ferdinand Bardamù. È un romanzo che è piaciuto ad entrambi, in particolare le varie sfaccettature del protagonista».