Ho Piantato un Albero è l’ultimo album discografico di Marco Gesualdi, prodotto da Clapo Music/Marechiaro – Edizioni Musicali. Distribuito in formato fisico da Egea Music e in digitale da Believe, è un album concettuale nato da un profondo momento di riflessione dell’artista, una continua ricerca verso l’essenza della vita. Le tracce che compongono questo terzo album, rappresentano anche un “gesto-azione”, una visione e una speranza per la pace. Nei brani dell’Album si possono percepire parole profonde e riflessive che abbiamo voluto approfondire con Marco.
Marco Gesualdi, Musicista, compositore, e autore, vuoi dirci qualcosa in più su di te?
Ciao e grazie per avermi invitato. Il mio racconto Musicale comincia negli anni 80, con il mio gruppo i 666 eravamo immersi in quel fenomeno culturale chiamato Vesuwave, partendo da Napoli con i Bisca, Walalla, e Panoramics. Poi c’è stato il teatro sperimentale di Mario Martone. Quell’esperienza ci ha dato la possibilità di girare l’Italia e fatto un sacco di belle esperienze, incrociando spesso, I De Novo e gli Avion Travel. Ho lavorato molto in teatro e, come turnista, in studio. Sono diplomato in Composizione Multimediale, e insegno Musica ai giovani. La cosa che amo di più fare, è scrivere e comporre.
“Ho piantato un albero” è la tua ultima fatica discografica, cosa contiene, e quale messaggio intendi trasmettere?
Quest’Album contiene undici brani: otto canzoni, e tre strumentali, in ognuno, ho coinvolto una serie di persone secondo me giuste per l’atmosfera voluta, i cantanti sono: Simona Boo, Rossella Rizzaro’, Silvia Romano, Eleonora Gesualdi (mia figlia), Mariapia De Vito, Marcello Coleman e Maurizio Capone. L’impalcatura sonora si regge sul quartetto di base formato da Giosi Cincotti al piano, Guido Russo al basso , Enrico Del Gaudio alla batteria e me alle chitarre e voce.
Il lavoro discografico è stato concepito durante il periodo del Covid. L’essere costretto a restare chiuso in casa non ti ha alienato? Da dove hai trovato la forza per dedicarti alla composizione dei brani contenuti nell’album?
Quando il mondo si è fermato, nonostante il momento drammatico, ho avvertito una grande opportunità: poter osservare la propria vita e il proprio tempo con la giusta velocità. Normalmente siamo presi dalla corsa collettiva, invece quella calma, quel silenzio, e tutto quel tempo magari sottratto al traffico, mi hanno dato uno spazio in più dove poter scrivere e studiare.
Napoli è una città dove non è difficile ricercare contaminazioni musicali. Quale è stato il punto, o il momento d’ispirazione per la composizione dell’opera?
Napoli è una città pazzesca, piena di stimoli, forse troppi. Nel suo caos c’è tutto, non è difficile trovare ispirazione in una sovrapposizione naturale di colori, culture, suoni, e tanto altro, a volte però, mi piace anche allontanarmi e osservarla da lontano: amo il silenzio della Natura.
Nei tuoi brani ci sono ritmi che si coniugano bene con quelli mediterranei, un accoppiamento di tradizioni e stili di terre ed ambienti anche distanti da noi, frutto di una ricerca musicale puntigliosa. Possiamo definire i tuoi brani “musica colta?
I suoni e ritmi della mia musica sono il mio dna, i miei ascolti. Come ben hai notato nell’ album ci sono atmosfere diverse funky, bossanova, ma anche flamenco e jazz…. Ecco il jazz è la Musica che mi piace più ascoltare, e anche se il disco ha una venatura “pop”, il jazz affiora e traspare spesso, soprattutto dal vivo.
La copertina dell’album raffigura l’albero della vita. Nei tempi in cui stiamo vivendo, dove il clima sta subendo uno stravolgimento epocale, se aggiungiamo poi il titolo: “Ho piantato un albero”, credo tu voglia dire qualcosa: Amore per l’ambiente, o un grido di dolore?
Piantare un Albero è un gesto d’amore a lunga gittata, è un progetto di vita, come fare o adottare un figlio, significa creare un ponte nel futuro dove ci si può nutrire e riparare, amore per l’ambiente, ma soprattutto verso noi stessi, nel voler accudire il proprio “ecosistema interiore”.
L’album contiene 11 brani, ognuno racconta una storia diversa. Il tema è la pace e la speranza, ma anche il germogliare, la resistenza, e l’amore per la vita, da cosa scaturisce l’esigenza di raccontare queste tematiche? C’entra la pandemia vissuta e la società odierna? O cos’altro? Mi piacerebbe conoscere, sinteticamente, il modo con cui hai sviluppato i brani, qual è stata la scintilla che è scattata.
Purtroppo viviamo in un mondo organizzato secondo il concetto delle scatole cinesi, nella logica del consumo. Quando ci va bene siamo nel loop casa-mutuo-lavoro-auto-traffico-Pil, se va male, siamo ai margini non tutelati e considerati, se nati in un’altra parte del mondo più sfortunata, dimenticati a noi stessi, o abbandonati in mare. Viviamo su un pianeta che potrebbe farci stare bene tutti e invece per alimentare le logiche del”Capitale”, si alimentano guerre, e si generano emergenze. Mi sono sempre sentito lontano da queste logiche, ora un po’ di più, e naturalmente, questa mia voglia a stare fuori da certi meccanismi, si trasmette nella Musica che scrivo.
Con questo lavoro hai inteso piantare “nuovi semi”, quindi tutto gira intorno alle tematiche ambientali. Quale tipo di semi hai piantato? E in che modo credi di farli germogliare?
Le tematiche ambientali sono sacrosante, ma sono solo la superficie del “concept”di quest’album. Alla base dell’ ambiente c’è l’uomo con i suoi comportamenti, questo è il luogo dove spero germoglino questi nuovi semi: il campo dell’Autocoscienza.
Ti sei avvalso di varie collaborazioni musicali, un lavoro d’insieme che ha prodotto: “Ho piantato un albero”. All’interno dei brani hai inserito il flicorno, la chitarra flamenca, percussioni brasiliane, sitar, e altri strumenti. Credo che la scelta sia voluta per le specifiche sonorità che hai voluto creare, da dove nasce la scelta compositiva?
Quando lavoro all’arrangiamento di un brano, sento subito i suoni che lo caratterizzeranno. Il Flicorno di Gianfranco Campagnoli ha dato un tocco di classe e colore in diversi brani, con Gianni Guarracino abbiamo suonato “Flamingo Amigo”, avevo questa idea e l’abbiamo completata insieme. Anche con Enzo Caponetto c’è stata una bella collaborazione. L’idea di Basta Poco, è venuta da lui, ci sono inoltre Roberthino Bastos, Roberto Giangrande, Francesco Paolo Manna, Lello Petrarca, Francesca Diletta Iavarone, e Carmine Brachi, per i testi. Inoltre ho collaborato con Carlo Procope, Alessandro Pacella, e Maria Totaro. Io mi sono divertito a suonare il Sitar in un brano, citando una frase George Harrinon: “…Qualcuno se n’è accorto?”
Quali progetti per il futuro?
Ho molti progetti, soprattutto sonori… ma sono molto concentrato sul presente, stiamo promuovendo l’album. Tra un po’ esce un nuovo video realizzato da Alessandro Frè, con l’Art Direction di Sabina Albano. Ringrazio Giulio Di Donna che sta curando l’ufficio stampa, e Claudio Poggi editore e coproduttore per i suoi consigli. Ci si vede in giro..!