Debutta, in anteprima nazionale al Teatro San Ferdinando di Napoli, Brevi Interviste Con Uomini Schifosi di David Foster Wallace, con Lino Musella e Paolo Mazzarelli, regia e drammaturgia di Daniel Veronese; una co-produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Marche Teatro, Tpe Teatro Piemonte Europa, FOG Triennale Milano Performing Arts, Carnezzeria srls, con il sostegno del Teatro di Roma-Teatro Nazionale, in collaborazione con Timbre 4 Buenos Aires (repliche fino a dom. 6 febbraio).
Scritto nel 1985, in forma di romanzo formato da brevi racconti, da David Foster Wallace, uno dei più importanti, controversi e significativi narratori statunitensi del Novecento, Brevi Interviste Con Uomini Schifosi, qualche anno fa, ha attratto l’attenzione di uno tra i più importanti drammaturghi e registi argentini, Daniel Veronese, che lo ha già rappresentato in Spagnolo a Buenos Aires e in Cile. In esso si dà vita, con sguardo feroce e molto humor, a “uno zibaldone di perversioni e meschinità – com’egli stesso dichiara – che ritraggono il maschio contemporaneo come un essere debole, che ricorre al cinismo se non alla violenza come principale modalità relazionale con l’altro sesso”. Veronese traccia una propria linea drammaturgica che racconta di uomini incapaci di avere relazioni armoniche con le donne, e ci invita a osservarli da vicino. C’è l’uomo che insulta la moglie che lo sta lasciando, la disprezza e la deride, come una cosetta incapace di vivere senza lui accanto a sostenerla; c’è l’uomo che vanta la propria infallibilità nel riconoscere la donna che ci sta senza fare storie; c’è quello che usa una propria deformazione per portarsi a letto quante più donne gli riesce; quello che rimorchia in aeroporto una giovane in lacrime perché appena abbandonata dall’amato: una galleria impietosa di mostri. Daniel Veronese traspone queste voci, scritte da Wallace in forma di monologo al maschile, in dialoghi tra un uomo e una donna.
Uno spazio vuoto riempito da un tappeto bianco, come un ring, due tavoli e quattro sedie bianchi, un campanello che scandisce il susseguirsi delle otto scene che compongono lo spettacolo e uno schermo su cui vengono proiettati i loro titoli dànno la cifra dello stile essenziale della regia di Daniel Veronese, che investe tutto sul lavoro sugli attori. Attori che fin dall’inizio, togliendosi le scarpe per entrare in scena, rimandano al rituale del tango, danza che in origine simulava la sfida fra due uomini. E, in effetti, Lino Musella e Paolo Mazzarelli sembrano sfidarsi in una gara di bravura, interpretando in modo alternato, sia i ruoli maschili che femminili, caratterizzando – di volta in volta – i personaggi con impercettibili cambi di atteggiamento, postura fisica, timbri vocali. Davvero un grande lavoro attoriale che conferisce alla pièce un carattere unico, coi suoi momenti di comicità e di drammaticità che sfociano, a volte, in vero e proprio sadismo. Finalmente, uno spettacolo contemporaneo che sa parlare al pubblico di oggi, dove ognuno, uomo o donna, può ritrovare frammenti del proprio vissuto e anche di se stesso. E il pubblico, numeroso, apprezza con tanta ilarità e con un’ovazione finale.