Premesso che qualsiasi disco di giovani indie che inizi col suono della puntina sul vinile è degno di nostra attenzione, siamo piacevolmente colpiti da questi Glass Cosmos. Il loro singolo Chrono è la perfetta sintesi tra il vintage della new wave, le avanzate recenti del genere a opera dei Muse e gli echi di certo metal rock scandinavo (Him?) di cui ogni tanto si sente la mancanza.
Con un missaggio degno di una produzione internazionale, il loro Disguise of the Species si apre con la dura Milestone, prosegue con la sognante Libreville e si dichiara con gli intenti chiari di Last Night I Killed Godot. Avranno studiato il Bowie tardo anni 70 e soprattutto analizzato il nichilismo di Cure e Joy Division, e l’eredità risuona in tutta la sua splendente oscurità.
In Shines in Its Own Light siamo riconoscenti al cantante Frankie Bianchi che ci riporta in vita i brividi degli Alphaville mentre il chitarrista Florian Hoxha si allarga in casa di The Edge con disinvoltura. È soprattutto il basso di Francesco Shamble Arciprete che apre i pezzi e complice la buona intesa con il pattern ritmico di Matteo Belloli, ai Glass Cosmos non manca nemmeno l’elemento in movimento. Sono fedeli ai padri ma non ossequiosi e riescono a entusiasmare con l’inventiva della rimescolanza, che è il sale della rinata new wave di questi anni.
Di italiano cerchiamo di capire e sforzarci, ma è difficile trovare qualcosa. Meglio, perché il gruppo bergamasco può aspirare a finire in qualche oscuro festival europeo senza sfigurare.
Per ascoltare il disco su Soundcloud.
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