Giuseppe Giacobazzi è in tour dal 2013 per i teatri italiani con “Un po’ di me”, spettacolo che il 10 febbraio sarà in scena per la prima volta al Teatro Acacia di Napoli. Dal suo esordio nello spettacolo nel 1985 ad oggi, Giacobazzi ha cercato di contaminare il suo curriculum con diverse forme artistiche: dal cinema alla televisione, dal teatro alla musica, fino alla pubblicazione di tre libri quali “Quel tesoro di mio figlio”, “Una vita da paura” e “E-Book Sburoni si nasce”.
“Un po’ di me” è uno spettacolo in cui Giuseppe Giacobozzi racconta parte della sua vita privata. “Non è un racconto retrospettivo, semmai è una lucida analisi su quello che è stato, su quello che è e su quello che forse sarà. Cercherò di raccontarti quello che sono; passando dai miei ricordi fanciulleschi delle vacanze al viagra, da un passato trascorso lavorando nella moda fino alla nuova realtà di genitore. Lo farò a modo mio, senza fronzoli, in maniera schietta e sincera, lasciando però sempre un piccolo spazio aperto alla poesia, spesso ignorata nella vita di tutti i giorni.”
Dopo Apocalypse torni nuovamente a teatro con “Un po’ di me”, spettacolo in cui racconti un po’ della tua vita privata. A cosa si deve la scelta di parlare di te?
«Ho scelto di parlare di me in maniera più intima, per far conoscere un pochino di più l’uomo, quello che c’è dietro il sipario. Raccontare la vita normale di tutti i giorni, i giorni sì e quelli no.»
Oggi in Italia ci sono molti comici, showman e attori, alcuni molto bravi, altri meno. Quanto è difficile per un cabarettista scegliere l’argomento giusto da presentare al pubblico?
«Questa è una bella domanda! È difficilissimo, anche perché, tante volte, ti poni la domanda: “se io poi tratto questo argomento, il pubblico che mi ha sempre seguito, sarà disposto a seguirmi ancora?”. Sono scelte, a volte scommesse, veri e propri salti nel buio. D’altronde si cresce, ho 51 anni e non posso più essere quello di vent’anni fa.»
Hai mai avuto la fobia del foglio bianco?
Non l’ho mai avuta perché non ho mai affrontato il foglio bianco. Scrivo a random. Cose che mi vengono in mente, pensieri, frasi, suggestioni, immagini. E mi appunto tutto. Su un block notes o sul biglietto dell’autobus, poi raccolgo. Non sono mai rimasto pensieroso davanti al foglio bianco con l’esigenza di doverlo riempire.»
Dopo una prima stagione in giro per i teatri italiani, lo spettacolo arriva anche a Napoli, ti spaventa questo palcoscenico?
«Non è che mi senta spaventato, ma lusingato. Ci arrivo, credo, con il giusto stato d’animo. Con l’umiltà di uno che arriva a Napoli, cosciente di essere nella terra prediletta per la prosa, la sceneggiata, la comicità.
Un bagaglio di maestri non soltanto per Napoli, ma per l’Italia. È inutile stare a fare dei nomi per uno che, come me, ha visto almeno 30 volte “Natale in casa Cupiello”… Questo la dice lunga.»
Un one man show dalla durata di due ore e quindici minuti. Raccontare in unico spettacolo 20 anni di carriera non è cosa facile. In quanto tempo lo hai scritto? Quali difficoltà hai riscontrato? Quante volte hai cambiato idea su quello che andava inserito e quello che non andava?
«Ho cambiato idea poche volte, la difficoltà di scrivere è stata incredibilmente minima, piuttosto la difficoltà più grande è stata quella di togliere i pezzi che esondavano, per poter riuscire a stare dentro in un limite sopportabile per lo spettatore.»
Cosa legge Giuseppe Giacobazzi? Il tuo prossimo libro?
«Leggo un po’ di tutto, anche se prediligo i libri di storia. Mi piacciono, mi sembra di rivivere il momento e di essere anch’io lì. Il prossimo libro (ride)… Chissà, può darsi che sia un libro che parli di questo spettacolo, magari con qualche aggiunta ancora più personale.»
Altri progetti per il cinema e la televisione? Un programma tutto tuo?
«Io sono innamorato del teatro. Una mia trasmissione? No, nella maniera più assoluta.»