Giorgio Marchesi è lontano dai frivoli gossip. Quasi in sordina è certamente uno degli attori più amati e seguiti dal pubblico italiano. Da poco lo abbiamo visto nel family drama “Sorelle” e in “Braccialetti Rossi”, serie confermata anche per la quarta stagione, ma del cast ancora nessuna conferma. Di recente l’attore ha terminato le riprese de “L’Aquila-Grandi speranze” la serie in sei puntate diretta da Marco Risi e coprodotta da Idea Cinema e RaiFiction. Abbiamo incontrato Giorgio al Social World Film festival di Vico Equense.
La mia prima curiosità, stranissima, hai girato un film cinese, Europe riders. Mi racconti com’è andata?
«È accaduto in quegli strani pomeriggi di fine agosto. Ero appena rientrato dalle vacanze quando mi chiamano per dirmi che, una produzione cinese arriva in Italia a ottobre, e cercano un attore italiano che parli inglese. Sono andato a incontrare il regista, che mi ha fatto fare due provini da casa con il telefonino, in cui dovevo fare un pazzo, tipo Amadeus, mi disse, con questa risata pazza, un uomo che ragiona come un bambino, che si diverte con la realtà virtuale. Ho fatto questo provino ed è andata bene. Ho girato in inglese con una produzione importante cinese. Non so ancora quando e dove uscirà il film. È stata un’esperienza molto bella, il mio personaggio era molto tarantiniano, facevo il cattivissimo, come non si può fare di solito. Non posso dire troppo, però è stato molto divertente».
Con Braccialetti Rossi cosa succederà?
«È stata rinnovata la quarta stagione, ci sarà un anno di pausa e non sappiamo ancora chi sarà riconfermato, anche perché i ragazzi crescono e sono discorsi di produzione da cui sono fuori. Mi farebbe piacere essere riconfermato, perché è stata un’esperienza molto bella, sia dal punto di vista lavorativo sia dal punto di vista sociale. Lo si percepisce che è importante per tante persone, quando cammini per strada o ti scrivono i ragazzi che hanno dei problemi e con questa fiction si sentono considerati, vivi ed è sicuramente molto bello».
C’è qualche scena in particolare che ti ha emozionato di più?
«C’è una scena che mi ha emozionato molto, perché mi ha preso alla sprovvista. Era la scena in cui il mio personaggio operava al cuore un bambino appena nato, essendo il mio personaggio un cardiologo. Quando ho visto questo bambino, per qualche secondo, ho avuto la mia vera immagine che salvava un bambino, devo dire che mi sono molto emozionato. È una cosa che porta a qualcosa di divino, oserei dire. Salvare una vita umana o essere in grado di decidere per la vita o la morte di un essere umano, ancora di più di un bambino, è, secondo me, veramente forte, che, prima di affrontare questo personaggio, non immaginavo».
Ci sono delle scene dei tuoi personaggi che riscontri nella vita reale cui fai più attenzione e vedi con un altro occhio?
«La cosa più bella di questo lavoro è proprio questo, affrontando vari personaggi, varie realtà o vari momenti storici, conosci qualcosa in più su di un argomento cui prima non sapevi o almeno non conoscevi così nel profondo. Ad esempio, adesso ho fatto uno psichiatra, quindi, ho chiamato uno psichiatra che era stato a L’Aquila e che aveva sentito le storie degli aquilani. Devo dire che ciò ti cambia e, secondo me, è la cosa bella di questo lavoro. L’obiettivo e il tentativo è quello di cambiare spesso personaggio e storia, così hai la possibilità di conoscere tante realtà diverse. Io mi diverto molto anche con i personaggi storici, perché lì, puoi un po’ copiare, immaginare di sentire la musica di quel periodo, di rivestirti come quel periodo, ed è proprio il momento del gioco. Un gioco che lascia il segno».
Per la fiction “Il Medico in Famiglia” è stata lanciato un appello per riprendere la serie interrotta. Stai anche tu partecipando?
«Alcuni fan mi hanno scritto, non sono molto social, ogni tanto faccio un salto. In realtà, sono un po’ in difficoltà, sono scelte che vengono dall’alto e, secondo me, deve essere il pubblico a fare una protesta. Come attore, a parte che il mio personaggio poco compariva nell’ultima stagione, poteva sembrare una captatio benevolentiae per avere un ruolo e lavorare. Fa piacere e anche sorpresa che una decima edizione abbia ancora successo e tutto questo affetto. Quando sono entrato, ormai sette anni fa, ho notato subito che, per tantissime persone, ero come qualcuno di famiglia, facevi parte delle famiglie degli italiani. Non so come andrà a finire, saranno i produttori o la Rai a decidere secondo delle linee consone. Nel caso di Una Grande famiglia, di cui mi chiedono anche molto, lì è finita, e, credo che bisogna stare molto attenti a non andare avanti, delle volte, per inerzia, si rischia di rovinare qualcosa che invece era già perfetta e ha trovato una fine e, quindi, bisogna avere il coraggio, ogni tanto, di mettere il punto e fare altro».
Un po’ come successo con Sorelle, c’è stato un inizio e una fine…
«Esatto, inventarsi un continuo sarebbe difficoltoso. Sorelle nasce come una serie unica, come lo era Una Grande famiglia, sul Medico in famiglia non c’era un finale. Ripeto, credo vada valutata l’idea di non allungare troppo con storie improbabili. L’ho sempre detto, se ci fosse una bella idea sul mio personaggio, perché no? Però deve esserci una scrittura che non è tirata per i capelli, ma che abbia un buon continuo, soprattutto per essere rispettosi con il pubblico».
Hai menzionato L’Aquila – Grandi Speranze…
«È una serie tv Rai che ho appena finito di girare per la regia di Marco Risi. È molto importante questo lavoro ed è stato molto impegnativo. Sono molto curioso di vederla, sono passati sei mesi dalla prima scena, per cui tu la rivedi, magari dopo un anno, e i nostri ricordi sono flebili, però è stato molto bello lavorare con lui. Abbiamo girato come se fosse cinema, non come televisione, non perché sia inferiore, ma ha usato un bellissimo linguaggio cinematografico con molti piani sequenza, scene complesse dal punto di vista dell’immagine, con dei bravissimi operatori di macchine, ci seguivano con la macchina a mano, insomma, un lavoro molto interessante che uscirà credo inizio anno prossimo».
Nella prossima stagione sarai a teatro con Le notti bianche di Dostoevskij, sarai il sognatore. Hai già letto tutto?
«L’ho letto tutto e ho anche visto il film di Visconti, al quale però non ci ispiriamo. Il film di Visconti era “tratto da”, ma non c’entra molto con il romanzo, però abbiamo le parole di Dostoevskij. È una storia semplice ma incisiva. C’è molta poesia ed è un personaggio che mi piace molto, perché è un sognatore e io, per tanto tempo, lo sono stato e lo sono ancora, magari meno perché, crescendo, uno ha a che fare con la quotidianità. La cosa bella del personaggio è che detesta la quotidianità, non riesce a vivere la realtà e fugge spesso nel sogno e, quindi, gira per San Pietroburgo guardando le persone e immaginando che cosa succede nella loro vita. È capitato anche a me di farlo, da ragazzo, ma credo che capiti a molti, ogni tanto per strada vedi qualcuno e pensi, magari quei due… e t’inventi una storia su loro due. Per cui credo sia una bella sfida».
Ti sei rivisto in qualche parola di Dostoevskij, visto che, come scrittore, scandaglia molto l’animo umano?
«Sì, in qualche parola di Dostoevskij mi sono rivisto. È soprattutto legato a un personaggio giovane e, quindi, mi sono rivisto un po’ da ragazzo. Nel romanzo c’è un’estremizzazione e anche la difficoltà di comunicare con gli altri, questo per fortuna un po’ meno. Però, sì, Dostoevskij è uno che scava nell’anima e, direttamente o indirettamente, ti arriva».
Hobby? Musica, libri, sport…
«Un po’ tutto, rispetto al tempo che ho. Mi piacerebbe fare sempre tutto. Mi piacciono tutti gli sport. Mi piace leggere. Mi piace il cinema e mi piace il teatro. Mi piace ascoltare musica, suonavo la chitarra da ragazzo, facevo parte di una band, adesso non uso la chitarra da ormai quindici anni. L’ho ripresa in mano per un film tv e fu molto divertente, perché ho fatto tre mesi di chitarra e mi sono divertito, adesso sta ancora in salotto a prendere polvere. Vorrei avere sempre giornate di trentotto ore e non le ho. Ho due figli, lavoro e tante altre cose da sbrigare. Adesso ho letto un libro, preso per caso, che si intitola Fuori Gioco di uno scrittore ceco, Michal Viewegh, molto divertente. Ora sto leggendo dei racconti brevi di letteratura inglese. Spazio da un argomento all’altro, nei giorni scorsi sono passato a Kubrick. Ho visto un sacco di film e letto diversi libri, prendendo aerei o treni, ed è un momento che a me piace, il viaggio».