Giancarlo Giannini è uno dei protagonisti della XV edizione del Napoli Film Festival. Conosciuto in Italia e nel mondo per aver interpretato circa 180 film, attore poliedrico, multiforme, versatile, divenuto, meritatamente, una delle icone piu’ importanti della storia del cinema italiano ed internazionale, Giannini ha ripercorso la sua lunga e strabiliante carriera incontrando il pubblico al Cinema Metropolitandi Napoli.
Vincitore della Palma d’oro a Cannes quale migliore attore per ”Film d’amore e d’anarchia…”, candidato al Premio Oscar per ”Pasqualino Settebellezze”, vincitore di vari David di Donatello, Globi d’oro e Nastri d’Argento, Giancarlo Giannini, si racconta in una conversazione sul suo percorso artistico prima della proiezione di Sessomatto, commedia di Dino Risi che compie quest’anno 40 anni. Reduce dall’ultima esperienza come regista, oltre venti anni dopo ”Ternosecco”, dirigendo il suo secondo film ”Ti Ho Cercata in Tutti i Necrologi” che lo ha visto impegnato anche in veste di interprete e produttore, Giancarlo Giannini ha accennato ad altri due progetti da seguire a Capri e a Torino e nelle Langhe, soffermandosi più dettagliatamente sull’esperienze ed i ricordi dei suoi, quasi, 50 anni di carriera.
Il Napoli Film Festival ti ha scelto tra i protagonisti di questa edizione. Un ritorno in questa città dove hai vissuto da adolescente. Come ricordi questa esperienza.
«Tutto è iniziato da qui. Dalla mia formazione personale alla carriera. Sono nato a La Spezia. Sono il re della pasta al pesto (sorride divertito, ndr), ma mio padre per lavoro si è trasferito qui e noi l’abbiamo seguito. Sono cresciuto a Napoli ed ho studiato all’istituto Alessandro Volta come perito elettronico. Subito dopo il diploma, dovevo andare a lavorare in Brasile come tecnico per analizzare i primi satelliti artificiali. Ma dovevo partire per il servizio militare. Alle visite, però, mi accorsi che c’era un motivo di famiglia per essere esonerati. Produssi la documentazione e dopo un mese mi arrivò a casa il congedo illimitato. Addio partenza! Un amico, il grande Mario Ciampi, mi propose di andare all’accademia. Già mi vedevo in divisa tra i cadetti, quando capii che si trattassedell’accademia di arte drammatica. Mi preparai un monologo, approdai a Roma all’accademia Silvio D’Amico e vinsi una borsa di studio di 40 mila lire al mese. E da lì è iniziata la mia avventura artistica. Ma mi è rimasto il desiderio, che spero di realizzare anche in Paradiso, di studiare questi satelliti.»
Una carriera di attore che contrasta con una formazione scolastica di perito elettronico. Una passione, quella per la tecnologia che,però, non hai mai accantonato.
«La passione per i fili e per l’elettricità, l’ho sempre avuta. E ho cercato di abbinarla al cinema. Ho costruito la giacca utilizzata per il Film Toys. Questa giacca “magica”, è l’elaborazione di un progetto nato anni prima vedendo i miei figli, allora piccoli, giocare con il vecchio Commodore. Mi piaceva l’idea di farli divertire con l’elettronica e decisi di costruirgli due giubbotti che nascondevano un drum, una vera e propria batteria che suonava in base ai movimenti del loro corpo. Successivamente, ho costruito una giacca che riproduceva musica sudamericana e l’ho brevettata a Washinton. Così, anni dopo, per la produzione di Toys, ne ho realizzata una per Robin Williams che l’ha usata per il suo film. E si divertiva così tanto ad indossarla che quando aveva delle interviste in Tv, arrivava in studio con la giacca per salutare il pubblico in maniera simpatica a “suon di rumori”.»
Tanti successi, molti dialetti, un numero assoluto di film. Da Mimì Metallurgico a Travolti da un insolito destino, da Sessomatto a Pasqualino Settebellezze. Ti diverti ancora a recitare dopo 50 anni di carriera?
«Spesso dico che io non sono un attore! Proprio perché ho avuto una carriera così “casuale”. Ma, essendo un ricercatore, ho sviluppato fantasia edho cercato di capire come potrebbe vivere un personaggio che ti devi inventare. E mi piace farlo divertendomi. Per esempio, a teatro, non riuscirei a recitare un dramma. Mi metterebbe tristezza “soffrire” ogni sera. Mi piace che il pubblico si diverta con me. Devi essere un po’ folle per fare questo mestiere. Spesso mi credono pazzo, ma non lo sono! Mi piacerebbe esserlo! Ho conosciuto uno psichiatra con il quale ho discusso della fantasia che deve avere l’attore e, a tal proposito, ho capito che mi piacerebbe scrivere un manuale sulla follia dell’attore. In un eventuale libro, parlerei, per quanto mi riguarda, di come si rapporta un individuo quando decide di raccontare la favola meravigliosa di un personaggio. Perché non credo che si finga facendo gli attori. Sei comunque reale, perché i personaggi hanno sempre un “pezzo di te”. Sei tu che gli dai vita. E devi farlo in modo che lo spettatore scopra sempre cose nuove. Che non si annoi. Che si emozioni, rida e pianga attraverso te. Devi saper raccontare loro una verità che parte da una grande finzione.»
Il Napoli Film Festival omaggia la tua carriera scegliendo di proiettare Sessomatto, commedia di Dino Risi, che compie quest’anno 40 anni.
«Sessomatto è una girandola di personaggi diversi tra loro. Ma sei sempre tu che, attraverso queste diverse interpretazioni, comunichi la voglia di fare l’attore. Quella voglia di raccontare le favole ai grandi. Perché da piccoli i genitori ci raccontano tante fiabe e noi bambini, diventiamo attori, registi, scenografi e costumisti attraverso la nostra capacità di elaborare, a nostro gusto, storie e personaggi. Da grandi, invece, le fiabe non ce le racconta più nessuno. Ed allora, si rischia di spegnere questa grande capacità che Dio ci ha dato di fantasticare, di poter sognare, che è un elemento straordinario della nostra vita e che non dovremmo perdere mai. Lo dico anche ai miei allievi. L’attore è un segno tra il testo da interpretare ed il pubblico che hai davanti. Non importa se fingi o fai sul serio, l’importante è che il pubblico si diverta con te.»
Hai recitato a teatro con Zeffirelli ed Anna Magnani, (di cui ricorre il 40ennale della scomparsa). Cosa ti ha dato questa esperienza e che rapporto hai instaurato con lei?
«Di recente c’è stato a Roma un omaggio a questa straordinaria attrice ed io ho preso parte alla kermesse, essendo uno dei pochi, ancora in vita, ad aver lavorato con lei. Anna, aveva una straordinaria capacità di riuscire a cogliere il “senso della macchina da presa”. Una volta mi diede una lezione che mi sono portato dietro tutta la vita. Come ogni giovane attore, anch’io, ero pieno di entusiasmo e, spesso, mi lasciavo prendere dall’impulsività. Un giorno lei mi disse che ero un bravo attore e che non dovevo “caricare troppo”.Che dovevo dosare le mie energie e mi svelò che anche lei era una persona impulsiva ma che, contrariamente a ciò che si pensasse, recitava con la ragione e non con l’istinto. Con la capacità di gestire l’entusiasmo talvolta eccessivo. Ed io, me lo sono ricordato in tutti questi anni di carriera.»
Rapporti sul set. Così come Sofia Loren formava un sodalizio perfetto sul set con De Sica e Mastroianni, tu hai creato una “magia” con Lina Wertmüller e Mariangela Melato, recentemente scomparsa.
«Sul set ho sempre cercato di lavorare bene e creare bei “rapporti umani”. Anche nel film con Alain Delon La prima notte di quiete, ho creato un’ottima amicizia con Delon e con il regista Valerio Zurlini. Con Mariangela avevo già recitato più volte e siamo entrati assolutamente in sintonia. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, è un film che ha consacrato la nostra intesa. Ancora oggi, mi fermano per strada anche i giovani, per complimentarsi con me. Nonostante si tratti di un film ormai datato.»
Travolti da un insolito destino è stato riprodotto qualche anno fa con un remake interpretato da tuo figlio Adriano e la popstar Madonna, che però, assolutamente, non ha avuto lo stesso successo.
«Per onestà, ti dico che la proposta di Madonna per realizzare il remake, in un primo momento, l’ho avuta io. Ma non ce l’avrei assolutamente fatta a realizzare oggi un film di quel tipo. Faticoso sul punto di vista tecnico. Non è facile girare sotto al sole, con la sabbia ed il caldo. Poi Madonna ha chiamato mio figlio che in un primo momento non ne era convinto. Così una sera gli ho detto che, in 40 anni, io non ero mai riuscito a schiaffeggiare Madonna e che lui ne aveva l’opportunità. Quando ti ricapita, gli ho detto!(simpaticamente sorride, con l’orgoglio di un padre!) e così lui ha accettato.»