Si intitola “Un anno in più” (Carioca Records) il nuovo album del cantautore siciliano Gero, anticipato dal singolo e dal video de L’ultimo piano. L’album contiene una intro strumentale e dieci brani inediti, tra cui Svuoto Il Bicchiere brano con cui ha vinto il premio nazionale “Musica contro le mafie”, dedicato al Giudice Paolo Borsellino. Alla realizzazione del disco hanno collaborato Sebastiano Valenza e Giuseppe Perrone (Batteria e Percussioni) Vincenzo Marranca e Luca Castiglione (Basso Elettrico) Gianluca Genova, Luca Castiglione e Peppe Milia (Chitarre acustiche, Elettriche, Ukulele) e Leo Curiale (Pianoforte, Fender Rhodes, Programmazione e Synth) che ha curato anche la produzione artistica, gli arrangiamenti e il mixaggio. Gero, in occasione del Tour “Change Your Step”, si è esibito al Club Tenco di Sanremo, candidandosi al Premio Tenco nella sezione “Miglior album d’esordio”.
Il tuo secondo album intitolato “Un anno in più” parla di vita. Racconta amori, gioie, dolori e paure ed invita l’ascoltatore a riflettere. Le canzoni sono il frutto di viaggi introspettivi?
«Avete sintetizzato al meglio quello che ho cercato di trasmettere con le mie nuove canzoni. Ho trovato giusto focalizzarmi sulla “vita”. Ho come una sorta di responsabilità verso me stesso e gli altri. In un’epoca incredibile come quella che stiamo vivendo è importante riscoprire i sentimenti e soprattutto l’empatia tra le persone. Non c’è più spazio per “l’io”. E nei miei brani trapela questo messaggio, forte e chiaro. Dobbiamo disabituarci e reinventarci di continuo. Solo guardando le cose da ogni prospettiva riusciremo ad avere un quadro oggettivo delle cose».
Il brano Svuoto il Bicchiere è un tributo al Giudice Paolo Borsellino, una lettera della figlia Fiammetta. In quale momento hai deciso di scriverla?
In realtà non lo definisco “tributo”. Io credo che il “tributo” debba essere il senso di ribellione alla “globalizzazione delle cattive idee” da parte di tutti, specialmente delle nuove generazioni. Io ho semplicemente scritto un brano che parla di un episodio di vita reale e vissuta tra un papà e una figlia che purtroppo subiva inconsciamente tutto il contesto pericoloso e delicato che viveva quotidianamente il padre. La canzone è nata in 5 minuti nella mia stanza. Ho avuto subito la sensazione di avere in mano un qualcosa di importante. Ma non potevo immaginare che mi avrebbe fatto cambiare tante cose».
Hai conosciuto personalmente Fiammetta Borsellino?
«Sì, in occasione delle commemorazioni del 23 maggio. È stata lei a volermi conoscere ed è stato per me un onore. Grazie a suo zio Salvatore Borsellino (fratello di Paolo) è riuscita a mettersi in contatto con me telefonicamente e poi alla prima occasione utile ci siamo incontrati. Ci siamo presi un bel caffè in compagnia di una delle sue splendide bambine. Lei è una donna coraggiosa ed eccezionale. Sono stato molto felice di averle stretto la mano».
Con Svuoto il Bicchiere hai vinto nel 2018 il premio nazionale “Musica contro le mafie”. Come hai vissuto quell’esperienza e cosa ha significato per te?
«“Musica contro le mafie” è stato una piacevole scoperta. In Italia esistono migliaia di Premi Artistici ma questo è stato molto diverso perché oltre il grande valore musicale vive di etica e morale, di parole e azioni atte a contrastare quella mentalità “mafiosa” inculcata molte volte nella nostra cultura. Le parole usate per il cambiamento. Ho vissuto questa avventura con la consapevolezza di avere qualcosa da far conoscere e sono stato premiato. Eravamo in 400 e non era per niente facile. Questo contesto mi ha dato la possibilità di conoscere tutte le persone che gravitano attorno a questa “mission” e ho riscoperto una famiglia. Ci sentiamo costantemente e collaboriamo spesso. È stata una grande botta di… vita!».
Il singolo che ha anticipato l’uscita il disco L’ultimo piano parla di una generazione interessata più all’aspetto fisico e alle mode del momento che all’aspetto interiore. Il panorama visto dall’ultimo piano di un grattacielo di New York ispira un testo, che rappresenta una critica ad un mondo che sembra aver perso i valori che contano…
«Benché preferisco sempre lasciare “la critica” alla porta nelle mie canzoni, in quel momento mi è sembrato doveroso affrontare quella che io definisco “piaga sociale” e cioè l’allontanarsi dall’essenziale e piegarsi all’apparenza. Purtroppo capita e succede ad ognuno di noi. È una nostra “défaillance”. Talmente siamo pompati dalla freneticità della vita, abbiamo talmente tante cose a portata di mano che molto spesso ci dimentichiamo di curare i sentimenti con le persone e peggio ancora ricercare davvero quella cosa che ci fa sentire felici. Riponiamo la felicità nelle cose superflue, passeggere e ci dimentichiamo spesso che la felicità non è “usa e getta” ma a lunga “scadenza” e bisogna coltivarla di continuo, come tenere accesa una fiamma. Parto dal panorama mozzafiato di un piano altissimo di un Grattacielo per dire “wow! Che panorama, da qui si riescono ad ampliare i confini visivi”. Più in alto vai, più vedi il Mondo. È questo il significato del brano che sta andando molto bene su Spotify e mi sta dando la possibilità di farmi conoscere a tanti ascoltatori».
Yemen focalizza l’attenzione sul conflitto in Medio Oriente, i versi descrivono le preoccupazioni di un soldato in attesa di ritornare dai propri figli. Come nasce il brano?
«Un altro brano a cui sono legatissimo per il suo messaggio. Affrontare delle tematiche così forti mi porta sempre a studiare ed approfondire determinati argomenti. Ho sbattuto contro le emergenze umanitarie “dimenticate” di questo piccolo stato saudita dove negli ultimi anni succedono atrocità e crimini di guerra che hanno ucciso migliaia di uomini e bambini. Ma nessuno ne parla solo perché le questioni in ballo non riguardano l’occidente. Capite? Come se ci fossero morti di Serie A e morti di Serie B. Ho voluto quindi descrivere lo stato di angoscia di un soldato yemenita catapultato in trincea e che non vede l’ora di incontrare quel figlio mai conosciuto. Il suo grido “Imparerò ad amare questo Mondo sporco” è una liberazione amara».
Sei candidato al Premio Tenco nella sezione “Miglior album d’esordio”. Questa candidatura rappresenta un altro traguardo importante nel tuo percorso artistico. È gratificante!
«Sì. Penso che il “Premio Tenco” sia una delle vetrine più importanti della musica d’autore. Benché io mi reputi un cantautore “moderno”, perché utilizzo un linguaggio anticonvenzionale per questo genere, credo fermamente nel valore dei messaggi delle mie canzoni, quindi in perfetta linea con il mood che porta avanti l’associazione. Tra l’altro, sempre grazie agli amici di “Musica contro le mafie” ho avuto la possibilità di suonare al Club a Sanremo, il luogo simbolo per eccellenza. Un momento davvero molto bello. Spero che i giornalisti avranno modo di capire il mio Disco e di permettermi di farlo conoscere ad un ampio pubblico».